L’invenzione-trappola del voto utile europeo

L’invenzione-trappola del voto utile europeoL’invenzione-trappola del voto utile europeo – La morte di Silvio Berlusconi – giustamente – ha interrotto il normale e quotidiano dibattito politico, in una sospensione emozionale che è certamente giustificata dalla statura del leader appena scomparso.

Nei giorni immediatamente precedenti a questa coincidenza luttuosa, però, era emersa una novità che, a partire dal prossimo autunno – cioè, politicamente parlando, da domani -, è destinata a condizionare il dibattito pubblico, per trasformarsi, di lì a poco, in polemica elettoralistica.

Europa al PPE?

Con un’abilità non comune, infatti, Giorgia Meloni è riuscita a far passare un messaggio – molto utile anche a Elly Schlein – che sarà inevitabilmente il leitmotiv delle prossime elezioni europee: l’esigenza di rimettere l’Europa nelle mani del Ppe e di estromettere i socialisti dalla guida della comunità continentale.

Mossa abile, si è detto, per due ragioni: in primo luogo, perché tesa a far declinare quell’appuntamento elettorale con un paradigma tutto italiano, facendo intendere ai cittadini che, in tutti i paesi della Ue, moderati e socialisti siano per lo più repliche o similitudini del Centrodestra e del Centrosinistra italiani.

Si tratta di una lettura alquanto semplicistica e che, infatti, non spiega affatto come sia stato possibile, negli ultimi anni, avere una sostanziale coabitazione delle due famiglie politiche maggiori dell’Europarlamento all’interno delle istituzioni dell’Unione.

In realtà, sui grandi temi sociali, economici e politici le differenze tra socialisti e popolari a Strasburgo sono veramente faticose ad apprezzarsi, visto che le contrapposizioni maggiori sono tra il blocco franco-tedesco e i paesi mediterranei, sul piano strategico e industriale; tra paesi ricchi e meno ricchi, negli indirizzi di politica monetaria; tra blocco del Nord e paesi del Sud-Est, per quanto riguarda le sensibilità sociali e via discorrendo.

Identità europea mai nata

Così come non si è mai riusciti a creare un’identità europea – che rivestono e sentono come tale, dati i privilegi, solo gli eurocrati di Bruxelles -, men che meno si sono create identità politiche a livello transnazionale.

L’ultima a cedere, negli anni ‘80, è stata l’identità comunista che, fin tanto che è esistita l’Urss, presentava caratteristiche – nonché tattiche e strategie – identiche nelle singole nazioni.

Di contro, al declino politico – e teologico – della Chiesa di Roma, fatto seguito anche l’indebolimento ideologico e ideali dei Partiti popolari che, or ora, affondano le rispettive radici non si sa più in quale terreno.

Per farla breve, a fronte dei veri o supposti grandi temi dell’agenda politica europea – dalla sudditanza atlantica alla Transizione Green -, quali siano le differenze tra popolari e socialisti è ben risibile questione.

Mossa geniale

Ma l’aspetto geniale della mossa della Meloni è nella seconda ragione che l’ha mossa a porre il tema del superamento del Socialismo europeo come centrale nella prossima campagna elettorale: la reiterazione del “voto utile” anche in quella competizione che, dal punto di vista tecnico, è sempre stata la più democratica, la più ideale e la più libera da condizionamenti contingenti, imperniata su un proporzionale quasi puro, minato solo da un’alta soglia di sbarramento del 4 per cento.

Fd’I, Forza Italia e Lega, da una parte, e Pd, dall’altra, sperano, alimentando il solito conflitto di plastica, di contenere al massimo le eventuali perdite a favore delle formazioni attualmente minoritarie e del mondo del dissenso.

Il Dissenso

Mondo del dissenso – a partire da quello nato dalla protesta contro la pan-demenza – fortemente contrario alla gestione assolutamente sciolta da vincoli nazionali e sociali delle istituzioni europee, attualmente nelle salde mani della burocrazia legata alle lobbies economiche e finanziarie.

Ecco, allora, la reale e duplice sfida che, fin da oggi, si pone alle forze alternative a quelle che sono benedette quotidianamente dal mainstream: denunciare l’assoluta strumentalità – e la funzione di argomenti di distrazione di massa – di temi quali sono, per esempio, la “lotta mondiale alla procreazione surrogata” e, di contro, la tutela dei diritti “Lgtb”, da una parte; dall’altra e in primo luogo, individuare subito un tema forte e unificante – l’opposizione al così detto Green Pass europeo?

Green Pass europeo

Perché no… – che possa servire da punto geometrico di concentrazione di tutto il consenso alternativo, evitando inutili dispersioni dei voti, affidando al meccanismo premiale delle preferenze il compito di dare il giusto peso ai singoli contributi a una comune battaglia di libertà. La suddivisione del Paese in 5 macro-collegi; l’ampio numero di candidature possibili in ogni singolo collegio; la possibilità per formazioni diverse, ma alleate sotto un unico simbolo di far emergere la propria forza nel sostegno di candidati-bandiera; tutti questi e altri elementi concorrono a rendere una grande alleanza del dissenso non solo tatticamente utile, ma addirittura preferibile, se non obbligatoria.

Un obbiettivo a cui dovrebbero tendere non solo i gruppi dirigenti dei tanti movimenti che hanno animato le piazze in questi ultimi tre anni, ma che dovrebbe galvanizzare le rispettive masse militanti, affinché queste seconde inducano, per non dire costringano le prime ad adottare una soluzione che assicuri a tutti adeguata rappresentanza e ai temi comuni fondamentali la giusta dignità istituzionale.

L’alternativa a questa soluzione, purtroppo, è ben nota: rassegnarsi ad assistere al finto duello tra Giorgia e Elly, affinché, poi, possano sedere insieme, una al fianco dell’altra, nel College dove gli insegnanti di Washington e New York, della Nato o del Fmi, dell’Onu o dell’Oms, insegnano ai politici quello che pensano e devono imparare a pensare, dispensando anche i compiti da fare a casa. Anzi, da far fare a coloro che abitano a casa loro, cioè, i cittadini.

Massimiliano Mazzanti