Mafia, massoneria e mondialismo: affinità e convergenze

Mafia, massoneria e mondialismo: affinità e convergenzeMafia, massoneria e mondialismo: affinità e convergenze – Con la morte di Matteo Messina Denaro si chiude un importante capitolo della storia mafiosa siciliana.

La sua attività di boss è stata sovente correlata alle logge massoniche siciliane: e segnatamente a quelle del trapanese (Iside 2 in primis).

Le radici preunitarie

Ma per comprendere i rapporti tra mafia e massoneria occorre ben delineare gli sviluppi di entrambe.

La mafia germina in Sicilia agli inizi del XIX secolo. Si afferma presso la borghesia emergente, la quale usa la propria forza d’urto per interporsi tra i nobili e i contadini.

Già le autorità di governo borbonico lamentavano l’atteggiamento settario e violento di queste categorie commisurandole ad una sorta di parastato.

Non a torto, perché proprio da tali frange giungerà un sostegno alle successive trame carbonare e risorgimentali.

Sta di fatto che quella forma in luce di settarismo evolve poi nella cosiddetta onorata società, coi suoi riti e la sua struttura organizzativa.

La massoneria, analogamente, si afferma con l’ascesa della borghesia.  Adopera metodologie molto più raffinate dei mafiosi, ma i punti di similitudine tra i due fenomeni non sono pochi.

Nei massoni è nota la segretezza: come avrà modo di confessare l’ex Gran Maestro Di Bernardo, essa è preambolo per ogni cospirazione. La segretezza fa il paio al concetto di omertà, che i mafiosi riservano ai propri affiliati ed impongono alla popolazione.

Le analogie dei riti di iniziazione

Abbiamo analogie anche a riguardo dei rituali di iniziazione. Per il picciotto che ne entra a far parte, la punciuta segna l’ingresso a nuova vita.

Nei massoni, però, l’iniziazione assume una valenza esoterica sempre crescente relativamente al piano gerarchico. Nei mafiosi resta nei ranghi di un giuramento: seppur corredato da precisi ammonimenti per chi tradisce o desidera cambiare vita.

La convergenza tra cosche e mafie

La comunione di intenti tra le cosche e le logge si sviluppa nel XX secolo.

Quando la mafia inizia ad urbanizzarsi entrando nei centri nevralgici del potere politico e amministrativo.

Per il Fascismo mafia e massoneria rappresentavano bubboni che incancrenivano la società e il bene comune. E per questo il lungimirante governo mussoliniano decise di condurre una lotta senza quartiere affinché entrambe le piaghe fossero eliminate. La massoneria fu sciolta per decreto nel 1925. A ripulire la Sicilia dagli uomini d’onore, invece, provvide il Prefetto Mori che si spinse fino ai livelli più alti di coinvolgimento.

Tornati con gli Alleati

L’arrivo degli americani equivalse ad una nuova rifioritura di tali attività.  La mafia legò i propri destini a quella più potente d’oltreoceano.

Cosa Nostra, con la sua piramidale articolazione interna, è un prodotto statunitense in emulazione allo spirito delle logge massoniche liberali.

Gelli e Sindona

Parte diffusa della massoneria italiana perde la propria indole “laico-progressista” europea per americanizzarsi nei metodi e nelle finalità.

In questa cornice di destra massonica trova affermazione la figura di Licio Gelli, Gran Maestro e allo stesso tempo referente centrale della CIA in Italia.

Fu in tale periodo che la mafia ampliò il suo volume economico e trovò nella massoneria piduista un ideale cerniera con le banche e la finanza al fine di riciclare i proventi del narcotraffico e delle altre attività criminali.

Altro personaggio chiave del periodo, cruciale per talune connessioni, fu Sindona, anche lui piduista, che riuscì con certa maestria a barcamenarsi in un torbido triangolo di interessi tra banche, Cosa Nostra (Gambino negli USA e Bontade in Italia) e politica (DC).

Lo IOR

Papà Paolo VI, in piena euforia postconciliare e liberale, aprì le porte dello IOR al mondo della finanza straniera affidando proprio a Sindona la vendita di alcune società satelliti.

Dalla sconsiderata manovra montiniana- che una Chiesa ontologicamente antimassonica mai avrebbe permesso – si vide affiorare il caso del cardinale Marcinkus, la cui spregiudicatezza getterà gran discredito sull’Istituto e sullo stesso Vaticano.

Abbiamo detto della funzione mediatrice della massoneria tra mafia e universo bancario e finanziario a scopo di pulitura dei proventi illeciti.

Come contropartita la massoneria si è servita della mafia a rango di braccio operativo per una serie di omicidi pianificati.

Gli USA, sempre loro

Il giudice Carlo Palermo, scampato alla strage mafiosa di Pizzolungo, dopo una lunga ed elaborata analisi dedusse che dietro gli esecutori affiorerebbe l’ombra della CIA, della NATO e della massoneria.

Da un’inchiesta giudiziaria condotta a Trento su un traffico d’armi e di droga emerse il coinvolgimento di ambienti militari americani molto rilevanti.

Sappiamo a tale riguardo che i vertici NATO più volte hanno annoverato elementi delle logge tra le loro fila.

Il Nuovo Ordine Mondiale

Ciò offre la stura per capire l’uso differenziato della forza da parte dei massoni per realizzare i propri disegni. Si va dai conflitti su larga scala alle piccole operazioni mirate.

Tutto dipende dalla finalità.

Che nei gradi alti è misterica, luciferina, cabalista, mirata alla realizzazione di un diverso tipo di umanità guidata da una élite di menti sovrumane e illuminate i cui desideri sfuggono alle apparenze delle masse (mondialismo)

In quel caso non si necessita di mafie e cosche, avendo costoro già l’autosufficienza necessaria per governare i destini del mondo.

Lo testimonia il dispiegamento di forze militari – a prova di terrorismo – adoperato per presidiare Davos o le riunioni del Bildeberg Group.

È lecito pensare, infine, che a determinati livelli il concetto di mafia, con annesse consorterie omertose e rosacrociane, sia ormai un dato implicito del loro operato.

Le mafie tradizionali s’inabissano ed evolvono nei metodi e ciò accresce la loro pericolosità.

Nulla però, in confronto alla spirale di ricatti, inganni, cospirazioni che i signori del Nuovo Ordine Mondiale serbano ai governi e ai loro pavidi inservienti.

Mario Pucciarelli