Malvinas, una questione sempre aperta

Malvinas, una questione sempre apertaMalvinas, una questione sempre aperta – Si riaccende la disputa sulla sovranità delle isole Malvinas dopo la comunicazione, inviata dal ministro degli esteri argentino Santiago Cafiero al suo omologo britannico James Cleverly, della rottura del ‘Pacto Foradori-Duncan’, sottoscritto durante la presidenza Macri, riguardante la reciproca collaborazione in tema di pesca e risorse naturali.

L’adempimento di quell’accordo, secondo Palacio San Martín, favoriva gli interessi britannici, apriva la strada a sfruttamenti illegali e, soprattutto, determinava l’arretramento delle posizioni argentine nella mai sopita questione della sovranità su quelle isole.

Scoperta e colonizzazione

Denominate Falklands dai Britannici, dal nome del comandante dell’ammiragliato negli anni in cui l’inglese Strong percorse per la prima volta lo stretto che separa le due isole principali, incrociate dall’olandese De Weert e dal portoghese Magellano nel XVI° secolo, furono colonizzate per la prima volta dai Francesi.

Lì, dal 1763, si stabilirono Bretoni salpati dal porto di Saint Malo (da cui il nome di “Malouines”); dopo un aspro contenzioso che riguardava soprattutto le mire britanniche, fu finalmente riconosciuto il diritto della corona spagnola, sancito nel trattato di Nootka Sound nel 1790.

La fine del suo impero in terra americana fornì però ai Britannici il pretesto per invaderle nel 1833, cacciare i residenti e insediarvisi.

Le rivendicazioni argentine

La sovranità spagnola sui territori del Virreinado del Rio de la Plata, il viceregno che comprendeva le attuali Argentina, Uruguay, Paraguay, una parte della Bolivia (e le isole Malvinas), era stata assunta dalle Provincias Unidas del Rio de la Plata, poi denominate Provincias Unidas del Sur e poi Confederación argentina che, dopo diversi distacchi territoriali, si estese verso la Patagonia finendo per assumere l’odierna conformazione.

L’Argentina rivendicò quindi la sovranità sulle isole in base al principio di diritto internazionale uti possidetis iuris, volto a preservare a favore d’una nuova entità statale le frontiere e i territori appartenenti all’entità venuta a dissoluzione. A confermare la validità di quel canone era intervenuto anche il segretario di Stato americano, e poi capo della nazione, Quincy Adams – il redattore del messaggio alle camere pronunciato dal presidente Monroe nel 1823, dove erano contenuti alcuni passaggi poi divenuti la base per la c.d. dottrina che porta il suo nome – il quale aveva espressamente affermato che le nuove repubbliche emancipatesi dalla Spagna, venuta meno la sua sovranità, ne ereditavano i diritti territoriali.

Una questione coloniale…

Dopo oltre un secolo di dispute, l’Argentina segnò un punto importante a suo favore: la risoluzione 2065 adottata dall’ONU, il 16 novembre 1965, dove si considerava il dominio britannico sulle isole come coloniale e si invitavano le parti a intavolare, senza ritardo, trattative per trovare una soluzione che tenesse conto, non della volontà degli attuali abitanti – criterio su cui tuttora s’impuntano gli Inglesi – bensì dei loro interessi, riconoscendo così, per la prima volta, l’esistenza di una questione di sovranità.

… ma soprattutto geostrategica

La sconfitta nella guerra del 1982 fece certamente segnare il passo alle pretese argentine ma la questione non è mai uscita dall’agenda e dall’orizzonte del governo di Buenos Aires e, con essa, quella strettamente legata alla geopolitica dell’Atlantico del sud e dell’Antartide. Malvinas, Georgias meridionali e Sandwich meridionali costituiscono una catena di basi terrestri che permettono il controllo del mare argentino sino a 2500 km dalla costa patagonica e soprattutto delle rotte australi proiettandosi sul continente antartico, punto di congiungimento e d’osservazione dei tre oceani.

Questa è la vera posta in gioco. L’Antartide è protetto da un trattato che non consente pretese territoriali né l’installazione di basi militari; tuttavia à consentito l’utilizzo di personale militare a scopi scientifici e di ricerca e ogni stato la cui sagoma si affaccia sui mari meridionali nutre aspettative di sfruttamento.

È dunque chiaro il perché la Gran Bretagna, col pretesto di voler fare rispettare la volontà dei polders, continua a occupare, contro le regole del diritto internazionale, terre che non le spettano.

Ma l’Argentina non molla. E la sua entrata nel BRICS è un passo da non sottovalutare.