Migranti e ONG: se l’Europa resta a guardare

Migranti e ONG: se l’Europa resta a guardareMigranti e ONG: se l’Europa resta a guardare – Continuano gli sbarchi di migranti in Sicilia nonostante le maldestre e timide mosse dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni per arginare il fenomeno.

Al di là del singolo caso, della singola nave e del numero di migranti sbarcati o respinti, va tuttavia analizzata la posizione che l’Italia, grande paese le cui frontiere mediterranee corrispondono con le frontiere esterne dell’Unione Europea e con quelle dello spazio Schengen, ha o vorrebbe avere con Bruxelles.

Italia lasciata da sola

Si moltiplicano i messaggi del tipo “l’Europa non deve lasciare da sola l’Italia” o “l’Europa deve fare la sua parte” o ancora “l’Europa deve assumersi la propria quota di responsabilità” e così via discorrendo.

Messaggi fumosi, imprecisati, che pure in generale piacciono agli italiani e in particolare agli elettori di centrodestra che percepiscono così un minimo di ritorno dei concetti di interesse nazionale. Però, dietro questa cortina fumogena bisogna ben vedere quali siano le politiche effettivamente proposte. Se infatti l’Italia andasse in Europa “a sbattere i pugni sul tavolo” per ottenere, ad esempio, la ripartizione pro quota tra Stati Membri dei migranti, non farebbe certo una politica degna di una vera destra patriottica. Avrebbe senso plaudire alle politiche di respingimento che Polonia e Ungheria applicano alle proprie frontiere, per bussargli alla porta, alle spalle scoperte di Schengen, chiedendogli di prendersi i migranti che sono arrivati da noi dal Mediterraneo? Ovviamente no.

Attenzione al cortocircuito

Come non avrebbe senso criticare Macron e il macronismo, le cessioni di sovranità a favore di Bruxelles, parlare di difesa delle identità nazionali in Europa e poi andare dalla Commissione a chiedere che la Francia o la Germania siano obbligate di nuovo a prendersi quote dei migranti arrivati in Sicilia.

Gli elettori di Alternative fur Deutschland e del Rassemblement National non potrebbero che dire “no grazie”. Avrebbero forse torto?

Alla stessa maniera se chiedere che “l’Europa faccia la propria parte” non può significare cadere nella trappola del meccanismo delle quote, non può voler dire che si debba cedere a qualche authority (tipo Frontex) comunitaria la gestione delle nostre frontiere, aumentandone magari le competenze e i ruoli.

Vogliamo forse che i nostri mari siano controllati da imbarcazioni francesi o spagnole, eterodirette da Bruxelles? Quando si è trattato di gestire la crisi dei migranti al confine con la Bielorussia, il governo polacco ha giustamente rifiutato l’aiuto di Frontex (se i migranti arrivano da Russia e Bielorussia per la UE è legittimo respingerli, negli altri casi no) ritenendo strategico mantenere il controllo esclusivo del proprio confine; caso simile l’Ungheria che ha direttamente fatto da sola senza aver ricevuto ne preteso alcun aiuto comunitario.

Da FDI a +Europa il passo è breve

Perciò attenzione agli inganni tramite i quali, usando una certa retorica simil-sovranista per turlopinare l’elettorato, si vogliono far passare le stesse politiche che andrebbero bene a +Europa, al PD o al buon Macron.

L’Europa, quella nazioni, certo che potrebbe e dovrebbe avere comunque il suo ruolo da giocare, accanto all’Italia in una vicenda come questa, in una vera quadra di solidarietà continentale.

Fare per esempio missioni di pattugliamento delle coste, operare il famoso “blocco navale”, che sarebbe molto oneroso per la Marina di un singolo paese, diverrebbe fattibile in una quadra di missione interforze coordinata a livello governativo e decentrata da Bruxelles.

Gli hot spot non sono un tabù

Similmente un’azione in profondità laddove nascono e si sviluppano i flussi migratori, con azioni come l’apertura di hot spot in Africa, centri anche di assistenza umanitaria, intervento, se necessario anche militare, per disarticolare le tratte di schiavi, sviluppare progetti di cooperazione con i paesi della sponda del Mediterraneo per la gestione dei flussi – oltre che per una mutualmente benefica cooperazione economica – sarebbe di gran lunga preferibile se attuato a livello europeo, con azioni comuni tra i paesi membri interessati, portati avanti in uno schema di “alleanza intergovernativa” fondato su interessi oggettivamente comuni. Invece dall’attuale Europa di Bruxelles, costruita con profondissime tare ideologiche e globaliste, fondata sull’assunto della cancellazione degli interessi nazionali dei paesi membri, cosa ci si può aspettare?