Parigi condanna Diab e sbugiarda i magistrati italiani per il 2 agosto 1980

e sbugiarda i magistrati italiani per il 2 agosto 1980Parigi condanna Diab e sbugiarda i magistrati italiani per il 2 agosto 1980 – Nel silenzio quasi totale della stampa italiana – su internet si trova solo un articolo su “Repubblica” e qualche rilancio su giornali on line -, lo scorso fine aprile, a Parigi, è stata emessa una sentenza che sbugiarda la tesi primaria e principale, in base alla quale il Fronte popolare per la liberazione della Palestina non potrebbe aver avuto alcun ruolo nella strage di Bologna.

È impossibile – dicono i magistrati petroniani e i cultori della “vulgata” che si fonda sulle discutibilissime sentenze passate in giudicato o in via di nuova discussione – che l’Fplp abbia fatto saltare la stazione centrale del capoluogo emiliano, senza rivendicare l’attentato.

I palestinesi si sono sempre assunti la responsabilità dei loro gesti, anche i più eclatanti e sanguinari.

Strage di Rue Copernic

Al contrario, la giustizia in Francia, certamente problematica come tutte le giustizie di questo mondo, ma anche molto meno politicizzata di quella italiana – almeno nel senso a cui si sono tristemente abituati gli italiani -, ha appurato che la strage di Rue Copernic, l’attentato alla sinagoga di Parigi, costato 5 morti e 46 feriti, è stato compiuto dall’Fplp, con la partecipazione di un attuale accademico libano-canadese, Hassan Diab, il quale è stato condannato all’ergastolo. Dunque, dopo 43 anni non solo c’è un responsabile per quel crimine, ma cade anche una delle “convinzioni”, in base alla quale in Italia non si può neanche immaginare uno scenario alternativo per la strage di Bologna: uno scenario che emerge da dati di fatto che i magistrati nostrani non vogliono nemmeno prendere in considerazione.

La condanna di Hassan Diab ha due elementi di importanza capitale che, ovviamente, qui nessuno ragiona.

Tre attentati Fplp

In primo luogo, l’attentato di Rue Copernic era uno dei tre che si era appuntato, in un foglio sequestratogli al momento dell’arresto, a Giovanni Senzani dopo un incontro clandestino, per altro proprio in Francia, con alcuni responsabili del terrorismo palestinese.

Gli altri due, quello di Bologna e quella di Monaco di Baviera.

Di quest’ultimo, per altro, è da notare come il terrorista individuato come l’attentatore, Gundolf Koehler, fosse sì un neonazista, ma del così detto Gruppo Hofmann, ferocemente antisemita e i cui militanti si addestravano in Libano nei campi controllati dallo Fplp.

Gli appunti del BR Senzani

Dunque, l’appunto dell’ex-Br acquista, con la condanna di Diab, una consistenza ancor più inquietante e appare incredibile, da questo punto di vista, come la Corte d’assise d’Appello di Bologna, chiamata a giudicare nuovamente Gilberto Cavallini, abbia respinto, tra le altre, anche la richiesta della difesa di convocare Senzani al banco dei testimoni.

In secondo luogo, la condanna emessa a Parigi getta un fascio di luce sul perché sulla strage di Bologna esista una sorta di intaccabile “muro della menzogna” che impedisce anche solo di discutere in sede storica le risultanze processuali acquisite.

L’influenza del KGB sulle fazioni di Arafat

Per mano niente meno che di Yuri Andropov, all’epoca capo del Kgb, in una lettera indirizzata a Leonid Breznev, all’epoca capo del Partito comunista sovietico, è verità incontrovertibile che lo Fplp non fosse semplicemente una delle tante sigle della galassia palestinese, bensì l’organizzazione direttamente controllata da Mosca e dal suo servizio segreto annidata all’interno delle fazioni del popolo guidato da Yasser Arafat.

Un fattore, questo, che dovrebbe far riflettere sull’impegno profuso dal Pci, prima, e dal Pd, poi, nel contrasto implacabile a ogni ipotesi alternativa sulla matrice dell’attentato bolognese. Comunque sia, la favola di un Fplp che rivendicherebbe sempre i suoi attentati è definitivamente caduta e questo è un fatto non più in discussione.

Senza contare, infine, come, in realtà, l’Fplp si sia fatto sentire, dopo la strage di Bologna, con un comunicato – all’epoca pubblicato solo dal “Giornale d’Italia”, tre giorni dopo la strage -, in cui si chiedeva scusa per l’esplosione accidentale alla stazione di un ordigno destinato ad altro obbiettivo.

Massimiliano Mazzanti