Pasqua insanguinata – La morte di Alessandro Parini insanguina maledettamente la Pasqua, a poca distanza dal luogo della Resurrezione, in modo da rendere ancor più inspiegabili e inafferrabili, per la mente umana, i disegni di Dio.
Ed è doveroso e deve essere sincero il cordoglio per la famiglia di questo brillante ragazzo, di questo giovane italiano la cui vita è stata spezzata ingiustamente e assurdamente da un gesto terroristico.
Non si onorerebbe la sua memoria, però, se, come in queste ore qualcuno sta tentando di fare, la sciagura che ha colpito l’Italia e una famiglia italiana, fosse strumentalizzata per minimizzare o, peggio ancora, nascondere la violenza che da mesi insanguina Israele nella distrazione faziosa e vigliacca di quasi tutto il mondo “che conta” nel concerto internazionale delle Nazioni.
Violenza e sopraffazione
Una violenza e una determinazione nella sopraffazione della popolazione araba che inizia a disgustare anche parte dell’opinione pubblica israeliana e che è stata, proprio nelle ore precedenti a quello sciagurato attentato, oggetto di riprovazione da parte anche di paesi tradizionalmente e pregiudizialmente amici del governo di Tel Aviv.
E non si parla solo delle recenti, inaudite violenze perpetrate alla moschea di Al Aqsa, ma delle 220 vittime palestinesi del 2022, tra cui 34 bambini, ignorate dal main-stream, di cui nessuno o quasi ha parlato o parla ancora.
Gerusalemme non è più terra di resurrezione da tempo, ma di supplizio e i diritti alla pace e alla sicurezza del popolo israeliano non possono essere la giustificazione eterna per la riduzione ai minimi termini degli eguali diritti che, in quella landa, devono o dovrebbero essere garantiti agli abitanti di etnia e religione diversa.
Diritto internazionale assente
Ciò che da mesi si dice per la questione russo-ucraina vale a maggior ragione per la Palestina, dove non è accettabile che non si sia ancora trovata una soluzione all’insegna dei principi del tanto sbandierato diritto internazionale che, sulle rive del Giordano e su quelle di quel tratto del Mediterraneo, sembra arrestarsi inerme e incapace di esprimersi.
Non c’è e non ci può essere pace senza sicurezza, dicono e ripetono ossessivamente a Tel Aviv e hanno ragione; ma non minori, anzi, sono le ragioni di chi grida che non vi può essere pace senza giustizia e senza eguaglianza nei diritti per i palestinesi.
Se il confronto insiste a radicarsi nella contrapposizione sorda tra posizioni che quasi pretendono di restare distanti l’una dall’altra, il passo dal linguaggio duro e violento al rumore secco e cadenzato delle armi è brevissimo.
Terrorismo odioso ovunque e sempre
E non si facciano moralismi, soprattutto oggi, in Occidente, se qualche espressione della violenza in quelle terre assume i caratteri e le forme odiose del terrorismo, quando in altri, infiammati quadranti del Pianeta si sostengono azioni terroristiche che colpiscono non solo infrastrutture, ma anche persone e figli di quelli che sono considerati nemici, come è accaduto con Darya Dugina. L’unica morale possibile contro la guerra e contro la violenza – in Israele come in Ucraina come in qualsiasi altra parte del mondo dove si combatte in queste ore – è la morale della pace, che non ammette doppiezza e non si coltiva con le ipocrisie.
Racconta Giovanni come Gesù, prima di chiedere a Tommaso di mettere il dito nelle sue ferite e guardare le sue mani ancora sanguinanti per la crocifissione ormai vinta, esclami: “Pace a voi!” Questo, in fondo, è il più autentico e profondo significato della Pasqua: non un banale e formale augurio di felicità, ma l’invito a prendere diretta coscienza dei dolori del mondo per farsi costruttori di un mondo migliore.
A Mosca, a Kiev, ma anche a Gerusalemme.