Quattro mesi di offensiva ucraina (e oltre)

Quattro mesi di offensiva ucraina (e oltre)Quattro mesi di offensiva ucraina (e oltre) – La tanto sbandierata offensiva ucraina, ormai ad autunno inoltrato, in cantiere almeno dal vertice NATO di Ramstein del 20 gennaio che aveva portato alla decisione di fornire un cospicuo numero di mezzi militari a Kiev (tra cui una significativa forza corazzata, principalmente costituita dai carri tedeschi Leopard2) avviatasi il 4 Giugno, può dirsi fallita.

Gli obiettivi non raggiunti

Obiettivi dichiarati dell’offensiva dovevano essere le sponde del Mare d’Azov e le città portuali di Berdyansk e Mariupol, in modo da tagliare il corridoio terrestre che la Russia ha costituito fino alla Crimea.

In subordine, la presa della città di Melitopol, importante centro della regione di Zaphoryza, poteva costituire un obiettivo a sé stante, sufficientemente pagante per poter dichiarare l’offensiva di successo.

Inutile dire che tali obiettivi non sono stati raggiunti, dopo ormai quasi 5 mesi di combattimenti, arenatesi sulle linee difensive russe, preparate ad assorbire l’urto ucraino fin dalla fine del 2022 con la cosiddetta “linea Surovikin”, strutturata in diverse linee difensive, intermezzate da campi minati, trincee, bunker, fossati anticarro e file di denti di drago, per una profondità complessiva di circa 20khm.

Le forze di Kiev non sono riuscite neppure ad avvicinarsi a Tokmak, piccola cittadina che poteva rappresentare un polo logistico di interesse per disarticolare le comunicazioni russe nell’area.

L’addestramento NATO non è bastato

Lo sforzo NATO aveva portato alla costituzione di ben 20 brigate, armate completamente con materiali occidentali – a differenza degli aiuti ricevuti da Kiev nel corso del 2022 dove a far la parte del leone c’erano soprattutto armamenti di produzione ex sovietica, la cui disponibilità è ormai esaurita, forniti dai paesi dell’Est Europa, o armamenti occidentali forniti alle varie unità già esistenti per puntellarne la capacità operativa – raggruppate nei neocostituiti 9° e 10° corpi d’armata, formati quasi integralmente da uomini addestrati per la bisogna direttamente da istruttori occidentali, per lo più in Polonia, Germania e Regno Unito.

I due corpi d’armata erano a loro volta suddivisi in tre scaglioni d’attacco: il primo, che teoricamente avrebbe dovuto sfondare le linee russe, assumendosi l’onere del primo urto, il secondo avrebbe dovuto poi penetrare in profondità, il terzo, costituito attorno alla 82° brigata di assalto aereo, unità considerata d’élite e armata con i carri armati britannici Challenger2, avrebbe poi dovuto sviluppare il successo e/o superare le ultime resistenze russe.

In aggiunta, probabilmente per cercare di tenere i russi impegnati su più fronti, altre unità, quest’ultime invece costituite da veterani e armate sempre con materiali ucraini o comunque ex sovietici, hanno proseguito (e in realtà, proseguono ancora), un ulteriore sforzo offensivo attorno a Bakhmut avviatosi fin dal 10 Maggio con un attacco congiunto sui fianchi nord e sud della città, iniziato, quindi, ancor prima che la Wagner completasse il 20 Maggio la presa della stessa.

Bakhmut la battaglia eterna

Entrambe le direttrici sembrano aver fallito nei propri scopi. I russi, infatti, non solo non hanno perso Bakhmut ma non hanno dovuto trasferire a Zaphoryza forze significative, dal momento che il fronte sud per circa 3 mesi è stato tenuto sempre dalle stesse unità della 58°armata (per il settore Ovest) e dalla 5° armata (per il settore Est fin dentro all’oblast di Donetsk).

L’attacco frontale del primo scaglione ucraino, lanciato il 4 Giugno, si è infranto immediatamente contro il massiccio fuoco russo, supportato da una chiara supremazia aerea ed un uso estensivo di elicotteri d’attacco. L’attacco dei mezzi ucraini che avanzavano in campo aperto, ha poi trovato un ostacolo insormontabile nei campi minati russi, la cui estensione e profondità, ha lasciato sorpresi molti osservatori.

Un cambio di strategie non basta

L’offensiva muoveva secondo due direttrici principali: la prima che puntava da sud di Orikiv verso Tokmak, passando per i villaggi di Rabotine, Verbove e Novoprokopivka e la seconda, nell’oblast di Donetsk vicino al confine con quello di Zaphoryza, da Velika Novosilivka verso, probabilmente Volnovaka, passando per i villaggi di Makarivka, Staramariorske e Urozhayne. 

Essendo chiaramente insostenibile l’attacco frontale e fallito il tentativo di raggiungere una superiorità locale sui russi tramite una maggiore capacità di manovra (come accaduto durante l’offensiva di Kharkov del Settembre 2022, successo che probabilmente si sperava di replicare), i comandi ucraini hanno, dalla seconda metà di giugno, rivisto le tattiche d’attacco, pare abbandonando gli avvisi dei consulenti occidentali. Si è preferito puntare non più su massicce colonne di mezzi corazzati in movimento volte ad ottenere veloci e profonde penetrazioni, ma su attacchi con piccoli gruppi di fanteria, per cercare di avanzare metro per metro.

Qualche minimo successo è stato ottenuto con tali accorgimenti, dal momento che alcuni chilometri di terreno sono stati presi, ma tutto ciò ha fatto abbandonare la speranza di poter operare per la manovra, riportando la guerra al suo brutale aspetto di guerra d’attrito.

Artiglieria ancora protagonista

Vista la chiara superiorità russa nell’attrito, gli ucraini hanno cercato di ridurre lo svantaggio, impiegando le artiglierie di fornitura occidentale (come Caesar francesi, Pzh2000 tedeschi, Archer svedesi, M777 americani, Krab polacchi o anche Himars per il tiro tattico), generalmente più precise e con raggio maggiore di quelle russe, per sviluppare un efficace fuoco di soppressione e di controbatteria a danno delle artiglierie russe, che hanno pagato un conto salato nello scontro.

A ciò i russi hanno cercato di rispondere con un aumento dell’impiego di attacchi con munizioni circuitanti (o “droni kamikaze”) lancet, di cui si sono registrati almeno 250 attacchi nei soli mesi di Luglio e Agosto. D’altra parte, oltre ai danni arrecati direttamente dai russi, il parco artiglierie ucraino, ristretto nei numeri e sottoposto ad un sovrautilizzo continuo, probabilmente subirà un deciso degradamento anche a causa della mera usura delle bocche da fuoco (già da autunno 2022 si hanno notizie di Pzh2000 inservibili per tali problematiche che, al passare del tempo, non potranno che aumentare).

Inoltre, l’artiglieria russa è stata supportata abbondantemente nella sua capacità di erogazione di fuoco dal supporto aereo – solo nel mese di Settembre si sono contati circa 1.000 bombardamenti tattici con lancio di bombe plananti – senza contare le centinaia incursioni di elicotteri o di lanci di razzi e bombe a caduta libera.

Le munizioni cluster

La transizione, o meglio, il mantenimento, delle condizioni di una guerra d’attrito, ha anche spinto gli Stati Uniti alla fornitura di munizioni d’artiglieria a grappolo, vietate da diverse convenzioni internazionali per quanto, bisogna osservare, né Stati Uniti, né Ucraina, né Russia, siano tra i signatari, la decisione è stata giustificata da Biden con un chiaro “we run out of ammunition”.

Ovviamente, tale decisione e l’uso estensivo che immediatamente gli ucraini hanno fatto di tale munizionamento, ha portato i russi ad impiegare simmetricamente le proprie scorte di munizioni a grappolo (già impiegate in passato da entrambe le parti, a dire il vero, ma quantomeno in maniera sporadica), rendendo così dubbio il vantaggio ottenuto dalle forze armate di Kiev per il tramite di questa decisione.

La difesa Surovikin regge

In ogni caso, dalla fine di luglio gli ucraini hanno cercato così di riprendere i propri sforzi offensivi, ingaggiando una ferocissima battaglia per il possesso del minuscolo villaggio di Rabotine, sulla prima linea di difesa russa, ottenendo un saliente di penetrazione di un paio di chilometri.

A fine agosto, vista la scarsità di successi – con le formazioni ucraine che faticavano ancora a superare le prime linee delle difese russe, tenute spesso da ex galeotti, il cui arruolamento fin da primavera è stato trasferito dalla Wagner a favore di compagnie integrate nelle unità regolari dell’esercito russo, capace così di assorbire con truppe di minor valore strategico i primi urti dell’offensiva nemica – è stata introdotta sul campo l’ultima riserva strategica, quella rappresentata dal gruppo di combattimento costituito attorno all’82° brigata.

Anche quest’ultimo sforzo non sembra aver ottenuto risvolti significativi visto che gli ucraini sono riusciti appena ad approcciare la seconda linea difensiva russa, che resta presidiata da quest’ultimi sui villaggi di Verbove e Novoprokopivka.

In ogni caso, l’immissione delle ultime riserve strategiche ha indotto i russi a trasferire da Bakhmut alcuni reggimenti della 76° divisione di paracadutisti, unità d’élite impegnata fin dal 24/02/2022 nei più aspri combattimenti.

D’altra parte, anche a Bakhmut, nonostante i ripetuti sforzi, sul fianco nord della città, nessuna progressione è stata ottenuta. Sul fianco sud, dove si sono concentrati gli attacchi ucraini, in quasi 6 mesi di combattimenti offensivi, il massimo risultato raggiunto è stato un avanzamento di poco più di un chilometro scarso, dopo accanitissimi combattimenti per il possesso del villaggio di Klhischivka, con i russi che hanno lasciato la precedente linea di difesa che si appoggiava ad un canale di irrigazione, per prenderne un’altra che corre lungo una massicciata ferroviaria.

I missili a lungo raggio non sono armi miracolose

In questo contesto, non sembrano esser state capaci di giocare un ruolo determinante neanche le forniture di missili a lungo raggio StormShadow (di fornitura britannica) e SCALP (di fornitura francese), i cui attacchi in profondità contro basi arretrare russe – si sono avuti attacchi a Lughansk, a Berdyansk sulle coste del Mare d’Azov, in Crimea, a Sebastopoli – per quanto in ogni caso dolorosi per i russi, mancano della continuità e dell’estensione necessarie per avere un significativo effetto di degradamento delle capacità operative russe nel loro complesso. Recentemente gli Stati Uniti hanno sbloccato l’invio di missili a lungo raggio ATACMS, lanciabili da terra via HIMARS, probabile che gli effetti saranno comparabili ai precedenti invii anglo-francesi.

Viceversa, i russi, per quanto al momento, fino a metà ottobre, non abbiano ancora rinnovato la loro campagna di bombardamenti strategici sulla rete elettrica ucraina, hanno proseguito a colpire senza sosta aeroporti, basi militari e depositi di munizioni, nelle retrovie ucraine, principalmente con droni Geran2.

Agli obiettivi strettamente militari, i russi hanno unito una vasta campagna di bombardamenti delle infrastrutture della regione di Odessa, a seguito del mancato rinnovo dell’ “accordo del grano” che garantiva la libera circolazione nel Mar Nero di navi intente ad esportare prodotti cerealicoli ucraini.

I droni marittimi sono un successo

Al mancato rinnovo dell’accordo, gli ucraini hanno d’altra parte lanciato una efficace guerra navale, facendo leva sull’uso estensivo di droni marittimi (essenzialmente dei barchini esplosivi teleguidati) a cui si è associato il tiro di missili antinave Neptune, riadattati per colpire anche bersagli a terra (principalmente stazioni radar e batterie antiaeree) e di missili StormShadow contro le unità della flotta russa a Sebastopoli, con la distruzione di un sottomarino classe Kilo in fase di riparazione, obbligando così la flotta russa a dover riparare nei propri porti più a Est, sulle sponde del Caucaso occidentale.

Tuttavia, al di là di questi aspetti che, per quanto importanti, si potrebbero definire “di contorno”, l’offensiva ucraina sul terreno non è riuscita mai a smuoversi e a prendere slancio lasciando, anzi, progressivamente i russi riprendere l’iniziativa.

I russi faticano a prendere l’iniziativa

Questo è avvenuto già a partire da fine luglio con un significativo incremento della densità delle truppe russe presenti a Lughansk, nel settore nord del fronte, passate lentamente all’offensiva, puntando, verosimilmente, sulla città di Kupyansk e il fiume Oskol (i cui ponti sono stati opportunamente bombardati dall’aviazione russa).

Da segnalare in ogni caso che, dopo un iniziale successo, con la costituzione di una testa di ponte oltre il fiume Zherbezty, i russi non sono riusciti ad avanzare oltre, subendo notevoli perdite in termini di mezzi corazzati e blinadati persi.

Prepararsi ad una guerra lunga e cruenta

Un simile andamento si è visto ad inizio ottobre con un tentativo di offensiva russa volto all’accerchiamento della città-fortezza di Adviika, posta alle porte di Donetsk e da cui, quasi con cadenza giornaliera, gli ucraini bombardano indiscriminatamente la città, rea dal 2014 di separatismo, vera e propria spina nel fianco nel Donbass russo.

In ultimo, si ha il fronte di Kherson, delimitato dal terreno paludoso del delta del Dnieper, dove gli ucraini, impiegando due brigate di fanteria di marina, dopo mesi di piccole operazioni anfibie, in ottobre sono passati all’offensiva cercando di costituire due teste di ponte sulla sponda sinistra del fiume.

Anche qui però, la difficoltà logistica di trasportare mezzi pesanti sulla sponda opposta, nel mentre che i russi dominano il cielo e bombardano senza sosta le truppe ucraine in avanzamento, hanno per ora permesso ai russi di reagire prontamente con l’impiego di truppe corazzate (a quanto pare, se di una cosa la Russia non è assolutamente in stato di scarsità, quelli sono i carri armati, che paiono abbondare su tutto il fronte).

Insomma, entrambe le parti accusano grandi difficoltà ad attaccare le posizioni fortificate dell’avversario, aspetto dal quale si può dedurre che la guerra continuerà ancora a lungo, non essendo possibile uno sblocco del fronte. Una continuazione perciò della guerra d’attrito, dove è fondamentale l’abbondanza di risorse, di uomini e di mezzi. Risorse di cui Kiev sembra scarseggiare sempre di più.

Filippo Deidda