Sul pontificato di Benedetto XVI

Sul pontificato di Benedetto XVISul pontificato di Benedetto XVI – Scompare il papa emerito Benedetto XVI, primo papa dimissionario dai tempi dello scisma d’Occidente.

Come ricordare il pontificato di Joseph Ratzinger?

Il suo è stato il pontificato di un uomo dotto e pio, venuto dal mondo accademico. Giovane teologo al Concilio Vaticano II, fu sicuramente favorevole al campo dei riformatori e lontano, se non addirittura ostile, al mondo della “teologia romana” di formazione tomista, a cui non apparterrà mai. Tuttavia, va riconosciuta in Ratzinger una precoce capacità di individuare gli eccessi e le derive che avrebbero preso molti suoi colleghi nel post-concilio. “Sono cambiati loro, non sono cambiato io”, amava dire.

Ermeneutica della continuità

Da sempre, fu d’altra parte uno strenuo sostenitore della tesi dell’ermeneutica della continuità, ovvero la necessità di leggere il Concilio non in opposizione alla precedente storia della Chiesa, ma in unione con essa: leggere il Concilio “alla luce della Tradizione”, era il suo messaggio.

Chiamato da Giovanni Paolo II alla Congregazione della Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio), si distinse indubbiamente per la produzione di documenti e pronunciamenti sempre puntuali; si va dalla condanna degli anni ‘80 della teologia della liberazione e l’inapplicabilità per i cattolici dei metodi e dell’analisi marxista, alla difesa puntuale dei valori “non negoziabili” relativi alla legge naturale, alla dichiarazione “Dominus Iesus” sull’unicità dell’opera salvifica di Cristo (che forse implicitamente “correggeva” i dubbi risvolti delle adunate ecumeniche di Assisi e, in generale, lo spirito imperante di indifferentismo e relativismo religioso).

La battaglia contro il relativismo

Dalla Missa Pro Eligendo Romano Pontefice, che tenne da cardinale a seguito dei funerali di Giovanni Paolo II, fu forte il suo richiamo contro la “dittatura del relativismo” che si andava a profilare per i nostri tempi, come ammoniva la Chiesa a farsi sbandare da qualunque “vento di dottrina”.

Contro il relativismo tipico del nostro spirito moderno, che con la demolizione della Verità di Dio e la negazione della Fede, arriva alla negazione anche della verità sull’uomo e al rigetto della stessa razionalità umana, si espresse più volte in maniera chiara, come nel celebre discorso di Ratisbona, dove definì provvidenziale l’incontro tra la Rivelazione e la razionalità ellenica.

La messa in latino

Non è un caso che dal mondo e dai suoi maestri, da chi coltiva solamente “la sapienza di questo mondo” non sia mai stato amato. Come detto, non concependo il Concilio come un elemento che dovesse essere di rottura con la tradizione della Chiesa, approvò il “Motu Proprio Summorum Pontificum”, con il quale liberalizzava e favoriva la messa tridentina (la “messa in latino”, per parlare impropriamente), similmente favoriva le comunità ecclesiastiche che avevano già ottenuto dalla Santa Sede il riconoscimento per l’uso esclusivo della liturgia antica e rimuoveva la scomunica per la Fraternità San Pio X fondata da Monsignor Lefevbre.

Dove mancò?

Sicuramente, se come detto fu un uomo pio e dotto, per quanto non propriamente formato alla sicura scuola di San Tommaso, mancò della forza per imporsi laddove sarebbe servito, restio ad esercitare l’autorità, troppo prono alle soluzioni consensuali, alla transigenza costante nel governo della Chiesa.

Se gli mancò una virtù, questa fu indubbiamente la virtù di fortezza, che pure è una delle virtù cardinali e, infatti, si sono visti i danni dati dall’assenza di una sola di queste virtù. A che serve scrivere documenti di buona dottrina, se non si rimuovono i vescovi, i teologi, i sacerdoti che li contestano?

A che serve parlare della necessità della Chiesa di non farsi trascinare da “ogni vento di dottrina”, se poi non si mettono saldamente le mani sul timone della nave che rischia di affondare?

Il papa non è solo un buon prete o un buon teologo, ma innanzitutto un uomo di governo e a governare Benedetto XVI fu incapace, in parte per inettitudine propria, in parte, come detto, per eccessiva riluttanza ad esercitare le prerogative dell’autorità che rivestiva.