Un Fiore per gli anarchici di Torino

Un Fiore per gli anarchici di TorinoUn Fiore per gli anarchici di Torino – Si apprende dalla cronaca delle varie testate, che dei circa 150 “anarchici” che hanno devastato Torino, picchiando selvaggiamente anche un povero barista – reo solo di aver tentato di difendere le sue vetrine dall’essere vandalizzate -, ben 120 sarebbero stati identificati dalla Digos. Al centro della rabbia anarchica, la condanna inflitta ad Alfredo Cospito, condannato per aver gambizzato Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo nucleare, e per aver collocato qua e là qualche bomba. Adesso, quindi, l’opinione pubblica non può che aspettarsi di leggere la narrazione giornalistica – nelle prossime ore magari no, ma nei prossimi giorni sì. Non certo nei prossimi mesi, però – della colossale retata con cui Polizia e Carabinieri assicureranno alla Giustizia tutti o gran parte di questi sedicenti anarchici che hanno messo a ferro e a fuoco o contribuito a far sì che parte di loro riuscissero a farlo il capoluogo piemontese.

Due pesi e due misure

Più che una curiosità dei lettori, si tratta di una esigenza dei cittadini italiani, non tutti immemori di quanto accadde poco dopo il bizzarro, grottesco e in parte anche misterioso “assalto alla Cgil” attribuito a Roberto Fiore e ad altri esponenti della Destra radicale e avvenuto nel corso di proteste contro il “green pass”.

Assalto per il quale, non ostante nulla sia accaduto in paragone a quanto successo a Torino, lo stesso Fiore e altri hanno albergato nelle patrie galere per tanti, tantissimi mesi. Se non accadesse, se ci fosse un diverso atteggiamento verso gli anarchici, allora sarebbe vero quanto il professor Filippo Sgubbi – docente di Diritto all’Università di Bologna e distante anni luce, politicamente, sia da Fiore sia da chi scrive ora – denunciava, quando pubblicò il suo “Diritto penale totale”.

Storture giudiziarie

Tra le altre storture giudiziarie, infatti, Sgubbi non mancò di segnalare la nuova “moda” – che, per altro, tanto nuova non era e non è – di considerare, nella valutazione di un fatto, di un’azione, di una situazione di rilevanza penale, il profilo, la motivazione, l’ideologia di riferimento di colui che l’azione commette, con la conseguenza di giudicare differentemente persone accusate dello stesso reato, ma con differente personalità. Sei di destra, peggio ancora di destra estrema ed eccedi in una protesta? La Giustizia non può che bastonarti subito pesantissimamente. Sei anarchico e devasti una città? Vabbè, si vedrà con calma cosa è successo, poi… Si giudicherà con tutta l’indulgenza possibile.

Ci vuole un giudizio imparziale

C’è da sperare non solo che non sia così, che quello appena espresso sia un timore, un giudizio anche malizioso, ma anche che la Politica, quella delle istituzioni parlamentari e governative, vigili affinché sia stabilita l’imparzialità di giudizio sulla violenza politica. Anche perché, di là delle speranze e della malizia suddetta, esiste una cronistoria della giustizia politica – necessariamente con la g minuscola – consolidata nell’agire all’insegna del “doppiopesismo”. Una cronistoria che sarebbe bello vedere interrotta una volta per tutte.