Uno bianca: mistero in attesa di un giudice

Uno bianca: mistero in attesa di un giudiceUno bianca: mistero in attesa di un giudice – I misteri della Uno Bianca si riassumono – se così si può dire – nella “sparizione” della pistola che contribuì, il 20 aprile 1988, a spezzare le vite dei carabinieri Cataldo Stasi e Umberto Erriu.

Ed è per questo che, su questo specifico tema, si è ritenuto necessario, dopo l’appello dei familiari tutti delle vittime della Uno Bianca, di segnalare questo preciso elemento all’attenzione del presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, e del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Un crimine complesso e articolato

Ovviamente, la storia criminale di cui si sta parlando è molto più complessa e articolata, ma quell’elemento – presentato anche da queste colonne, anzi, nella versione cartacea, di recente – è certamente il più significativo, quello in grado di illustrare senza dubbio che i fratelli Savi ebbero delle protezioni, si avvalsero di depistaggi a loro favore, e che, ragionevolmente, ripagarono queste protezioni, compiendo alcuni dei delitti che, diversamente, sarebbero difficilmente inquadrabili nella banale logica criminale dei rapinatori.

La pistola in oggetto è quella che un carabiniere, Domenico Macauda, una volta scoperto nell’atto di depistare le indagini sulla morte dei suoi due colleghi summenzionati, indicò come quella con cui avrebbe sparato i colpi e procurarsi i bossoli necessari a orchestrare il depistaggio stesso.

Il bossolo calibro38

Come già si era spiegato, nell’auto usata dagli assassini di Stasi ed Erriu fu ritrovato il bossolo di un proiettile calibro 38, presumibilmente perso da uno degli assassini, scaricando e ricaricando l’arma che aveva in pugno. Il Macauda, qualche tempo dopo, per incastrarlo, fece trovare a casa di un pregiudicato 5 bossoli che risultarono senza possibilità d’errore sparati dalla stessa pistola.

Quando venne scoperto, confessò di aver collocato i 5 bossoli a casa del malcapitato capro espiatorio, ma disse anche di aver lui stesso messo nell’auto dei killer il sesto bossolo, quando questa venne ritrovata più o meno 24 ore dopo il duplice omicidio.

Una tesi senza senso, in realtà, ma che qualcuno fece passare per buona in tribunale, sostenendo, come alcuni ancora erroneamente scrivono, che una perizia balistica avrebbe confermato le parole del carabiniere-depistatore.

Al contrario, in quella perizia che fu portata in tribunale, è scritto solamente che, avendo manomesso il cane della pistola, è impossibile stabilire in via scientifica alcunché.

Bisogna credere alla parola di un… acclarato depistatore!

Non solo: esiste una seconda, per certi versi misteriosa perizia, ma autentica ed eseguita quando la pistola era integra, che esclude categoricamente che la pistola di Macauda abbia sparato quei bossoli. Dunque, se Macauda ebbe in mano i 5 bossoli identici al primo e non li sparò con la sua pistola, o aveva un’altra pistola che gli fu permesso di far sparire (e con la quale contribuì a uccidere i due colleghi) o era in contatto con chi aveva quella pistola e che gli diede i bossoli per incolpare un innocente.

Nell’uno e nell’altro caso, Macauda – e di conseguenza chi lo aiutò a farsi beffe della Giustizia – conosceva i Savi.

Solo un “depistaggio”

Più chiaramente, anonimi – e forse neppure tanto anonimi – inquirenti e investigatori, cioè, uomini dello Stato, in toga e in divisa, che aiutarono Macauda a farsi processare e “passare” solo per un depistatore, ebbero contezza diretta o indiretta della Banda della Uno bianca ancora prima che esistesse per come la si conobbe da quel fatto al 1994, anno in cui fu sgominata.

Se si preferisce un altro genere di calcolo, 19 morti e un centinaio di feriti prima che i poliziotti-assassini fossero fermati.

Tutto ciò è scritto nelle carte, anche in quelle depositate da due anni alla Procura della Repubblica di Bologna, dove, però, sembra ci siano ancora troppo arretrato da smaltire, prima che qualcuno si decida a dire qualcosa su queste (più che) ipotesi.

Non c’è bisogno, infatti, di aspettare desecretazioni di atti o nuove inchieste, per scoprire i misteri della Uno Bianca: basterebbe chiudere quelle già aperte.