All’Italia serve una classe politica nuova

All’Italia serve una classe politica nuovaAll’Italia serve una classe politica nuova – Le panchine colorate, ovvero come gli amministratori (degli Enti) locali eludono i bisogni delle comunità

Le panchine nei luoghi pubblici rappresentano il luogo della pausa per eccellenza e, con ritmi di vita sempre più veloci e frenetici, hanno assunto maggiore importanza.

Il programma dell’OMS

Nel 2006 è intervenuta l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha lanciato il “programma delle città a misura di anziano”, a seguito di una prima analisi delle strutture e servizi – favorevoli e adatte ad una popolazione che invecchia – di varie città del mondo.

Il programma in questione ha previsto l’insediamento di una commissione con i rappresentanti di 33 città di 22 diversi Paesi. Uno degli aspetti ritenuti carenti riguardava appunto l’installazione di panchine su cui sedersi negli spazi aperti.

La panchina ideologica

Anni dopo, in vari comuni italiani le panchine sono state investite di una funzione simbolica e memoriale. Non è infrequente imbattersi o leggere di inaugurazioni di panchine di colore giallo, rosso, fucsia, arcobaleno, azzurro: ad ogni tonalità cromatica corrispondono problematiche di attualità e patologie.

Le cerimonie, realizzate dagli amministratori locali per sé stessi, si susseguono ad un ritmo incessante. Loro, i rappresentanti del popolo, sono lì, pronti a farsi immortalare dai media, per inaugurare quella che è diventata la vuota “politica delle panchine”.

Si inaugurano panchine, mentre troppo spesso amministrazioni distratte lasciano nel degrado e incuria monumenti che rappresentano la memoria storica dell’Italia.

Le panchine colorate moltiplicano la loro presenza, mentre i problemi restano irrisolti.

La disaffezione italiana

Intanto, cresce l’astensionismo alle tornate elettorali. Nessuno si interroga sulle reali cause per le quali più di 22 milioni di cittadini italiani (pari al 44,90%) mancavano all’appello il 25 settembre 2022, alle ultime Politiche. Il 15 maggio 2023, nella tornata delle Amministrative, l’affluenza si è attestata intorno al 59%.

Il non voto dilaga. Dando retta ad analisti e sondaggisti, il fenomeno tenderà a rafforzarsi se non arriveranno novità vere capaci di ristabilire la fiducia.

Di rado esiste una visione prospettica, più spesso sostituita da una politica onnisciente, da obiettivi elettorali a breve termine e dal bisogno di soddisfare gruppi di potere.

Non si punta a dotare il Paese di infrastrutture, quali trasporti, telecomunicazioni e ospedali; alla realizzazione e qualificazione di scuole, università, istituti di formazione e ricerca; alla fornitura di servizi pubblici di qualità; a mettere in equilibrio il mercato del lavoro, disorientato dalla globalizzazione; a favorire politiche di attrazione d’impresa attraverso agevolazioni che rendano elevata la convenienza ad investire sul territorio.

Manca la politica del fare

Il Report statistico sulla povertà in Italia, secondo i dati della rete Caritas, presentato nei giorni scorsi, riporta un conto impietoso delle povertà che affliggono l’Italia.

Nel 2022 si sono rivolte alla Caritas ben 255.957 persone, che hanno fatto segnare un aumento del 12,5% rispetto all’anno precedente. Ecco perché bisogna uscire dalla politica di facciata e di slogan.

Che si torni ad una politica vera, contraddistinta da una profonda attenzione alle realtà dei territori e da una buona e concreta amministrazione degli stessi, dalle città ai paesi, dalle regioni alle comunità montane.

Matteo Pio Impagnatiello