Bankitalia smentisce la Meloni: crollo dell’export italiano

Bankitalia smentisce la Meloni: crollo dell'export italianoBankitalia smentisce la Meloni: crollo dell’export italiano – Si ha memoria di Giorgia Meloni, quando alla Camera, rivolgendosi a coloro che paventavano grandi pericoli per la nostra economia, a causa della scelta di campo nel conflitto russo-ucraino, più̀ o meno rispose: c’è poco da temere, gli scambi con la Russia sono solo il 5% del volume del nostro import-export.

Ci fu chi provò a rilevare come, aumentando i costi energetici, si sarebbero determinate difficoltà anche nei commerci verso altri paesi, ma l’intelligenza non sembra albergare più nelle stanze del potere e del giornalismo italiano e si fece spallucce, a fronte di queste osservazioni.

Tanto, cosa conta ragionare, approfondire, verificare, se basta chiedere (o imporre) alla stampa di non segnalare ciò che realmente potrebbe far capire all’opinione pubblica la dimensione del disastro che si prospetta all’orizzonte breve dell’Italia?

Banca d’Italia

Un numero per tutti, un numero della Banca d’Italia, non contestabile da nessuno e, men che meno, dal governo:

novembre 2022, partite correnti degli scambi con l’estero -15.6 miliardi di euro.

Nel novembre precedente, quello del 2021, lo stesso, identico saldo fu +62.9 miliardi di euro. Se alla matematica, almeno, è ancora concesso avere le proprie, di opinioni, significa che la flessione nell’arco di un anno e dopo soli nove mesi di guerra è stata di 81.5 miliardi di euro.

Se fosse vero quello che sostiene la premier, solo 4 di questi miliardi sarebbero scomparsi a causa delle sanzioni verso Mosca – il 5 per cento, no? -, a dimostrazione di come, da quelle forniture energetiche dipendesse e dipenda il 95% della nostra forza economica reale nel delicato settore delle esportazioni. Anzi, delicatissimo, dato che la compressione degli stipendi e l’aumento dei costi di tutte le utenze possibili e immaginabili, stanno comprimendo vieppiù il mercato interno, rendendo il commercio estero ancor più vitale che in passato.

Alberto Ciò

L’ex-ministro di Romano Prodi, Alberto Clò, uomo lontanissimo da Vladimir Putin, l’altro giorno, in un’intervista con “il Resto del Carlino”, ha lanciato un ulteriore allarme: estendere le sanzioni contro la Russia anche ai prodotti derivati dal petrolio significherà una più marcata flessione delle nostre capacità produttive e di penetrazione dei mercati internazionali.

Come si è risposto?

Varando il quinto decreto pro-Ucraina, con cui si sprecheranno altre immani risorse a favore di Kiev in modo diretto. Già, perché tutto ciò costa agli italiani non una, ma ben due volte: non solo con le conseguenze della guerra sulla nostra economia reale, ma anche con una parte consistente del prelievo fiscale dalle tasche dei cittadini trasformato in armi e aiuti all’Ucraina.

Se tutto ciò è “patriottico”, ben vengano – absit iniuria verbis – gli internazionalisti alla Michail Bakunin!

La “tesi” Caracciolo

Oppure, meglio aderire alla tesi di Lucio Caracciolo, leader di quella strana genia d’intellettuali che si potrebbero definire Usa-comunisti, nel senso che usano l’etichetta di Sinistra per rafforzare nel proprio territorio di competenza l’adesione ai “desiderata” del Partito democratico americano, secondo il quale l’Italia dovrebbe prendere in considerazione l’idea di inviare truppe in Ucraina a combattere contro i soldati di Mosca.

Sarebbe meglio e per due motivi: in primo luogo, perché formalizzerebbe una realtà già in atto, anche se mascherata dalla definizione di “consiglieri militari” o di “contractor”; in secondo luogo, perché, forse, ricevendo a casa la “cartolina precetto”, anche le “casalinghe di Voghera”, che spesso sono pure mamme, s’accorgerebbero finalmente di cosa stia avvenendo sotto il loro naso.

Il Piano Mattei

Un ultimo appunto. Il presidente del Consiglio, ratificando un accordo certamente interessante in Algeria, i cui effetti, però, si vedranno nel tempo e nella speranza che l’Italia economica questo tempo ce l’abbia, ha dedicato l’iniziativa alla memoria di Enrico Mattei, a cui sempre più spesso si riferisce nei suoi discorsi.

Ora, tralasciando il fatto che Mattei fu un padre della Dc e non della Destra italiana, è curioso non accorgersi o far finta di non accorgersi come, da quando morì tragicamente, aleggi sulla fine del patron dell’Agip il sospetto – anzi, ben più di un sospetto – che a manomettere il suo aereo furono gli inglesi o gli americani.

Curioso nel senso che, se in materia di energia si fanno scelte che compiacciono inglesi e americani, di sicuro si fanno scelte contro la memoria di Mattei, non in scia col suo pensiero.

A dimostrazione di quanto si possa essere “gesuiti”, non solo ripudiando la propria, di memoria, ma anche nell’acquistare quelle altrui.