Chapeau!

Chapeau!Chapeau! L’imparzialità di giudizio è ricchezza del giornalismo e, se erano meritate le critiche dell’altro giorno, è corretto sottolineare come Giorgia Meloni – e ancor più Ignazio La Russa – abbiano risposto bene e per le rime a quanti hanno tentato d’insistere sulla (inesistente) impresentabilità della storia missina.

Il Secolo d’Italia

Anche al Secolo d’Italia, per fortuna, qualcuno ha corretto la direzione presa nel primo giorno di polemica, rivendicando la piena legittimità del Msi nella Repubblica italiana. Repubblica – è bene aggiungerlo – che inviò i suoi soldati più rappresentativi delle istituzioni, i corazzieri del Quirinale, a rendere omaggio ai feretri del fondatore del partito, Pino Romualdi, già vicesegretario nazionale del Partito fascista repubblicano, e del suo leader più amato, Giorgio Almirante.

Diretta televisiva

Per altro, a voler essere puntigliosi, in quei tristi giorni del maggio 1988 non morirono solo Romualdi e Almirante, ma, sempre nelle stesse ore, si spense la vita terrena di Dino Grandi, in quel di Bologna. E fu emblematico – e non poco – che la stampa italiana, pur rilevando la strana coincidenza di questi eventi luttuosi, dette ampio risalto e immenso spazio – si pensi solo alla diretta televisiva del rito funebre dei “padri missini” a piazza Navona – alla scomparsa di chi aveva traghettato i fascisti nella Repubblica, facendo evolvere una comunità umana e politica nella nuova dimensione istituzionale, con un’azione scevra da revanchismi, ma massimamente rispettosa delle sue radici e con una grande capacità anche di analisi critica della propria storia; rispetto a quello che fu dedicato al vero e per certi versi unico affossatore del regime fascista.

Gli antifascisti

E già, pochi ricordano: se fosse stato per gli antifascisti nostrani, quelli che diedero vita non tanto alla Repubblica, bensì alla Partitocrazia, Benito Mussolini sarebbe rimasto al suo posto tranquillamente; forse, comunque sconfitto dagli alleati; ma le preponderanti armate anglo-americane ne avrebbero colto la sconfitta a Roma, piuttosto che dalle parti del lago di Garda. E quando morì Grandi, preferirgli le figure di Romualdi e Almirante, nella commemorazione delle figure storiche che passavano contestualmente a miglior vita, fu anche un modo di nascondere l’insipienza proprio di quell’Arco costituzionale, inventato da Ciriaco De Mita per ragioni di bassa cucina parlamentare alla fine degli anni ‘50, mica da chissà quale genio della filosofia politica, che, nel 1988, stava già agonizzando.

Forattini

Di più: il 13 gennaio di quell’anno, quattro mesi circa che il Destino facesse il suo corso, fece scalpore la vignetta in prima pagina de “La Repubblica”, firmata dal grande Giorgio Forattini, in cui – per racchiudere la pochezza del dibattito politica, dell’agonia del Pentapartito guidato da Giovanni Goria e della cronica polemiche culturale sul Fascismo – raffigurò i principali attori del Parlamento di allora nudi ed esclamanti: >Se ci togliete l’Antifascismo, cosa ci resta?!?>.

Un Governo e un Opposizione

E sì, sono esattamente 34 anni almeno, infatti, che questo genere di scandalizzate reazioni politiche sono stantie, strumentali, fuori luogo e fuori gioco, per usare una metafora calcistica. Dunque, non bene, ma ottimo che, seppur con un attimo di esitazione, la Destra parlamentare abbia reagito adeguatamente e risposto a tono. E non tanto per coloro che, alla storia del Msi-Dn, sono legati intimamente per militanza e coerenza ideale; ma per tutti gli italiani, i quali, oggi, meritano non solo un governo che si occupi veramente dei loro problemi, ma anche un’opposizione che non si perda in idiozie e contribuisca, anche con la critica feroce, al perseguimento di quelle soluzioni di cui necessita il nostro Paese.