Dal patriarcato al caos tra i sessi

Dal patriarcato al caos tra i sessi

 

Dal patriarcato al caos tra i sessi – La morte tragica di Giulia Cecchettin ha rinfocolato la polemica sul patriarcato.

Eppure, non si ravvisa alcuna correlazione tra le due cose. In Italia il patriarcato è evaporato da diversi decenni sotto i colpi del liberalismo: gran livellatore di tutte le differenze.

Tanto è vero che nelle cause di divorzio sono sempre le mogli a spuntarla, lasciando più volte i mariti in brache di tela.

L’operazione mediatica della famiglia Cecchettin

Ma la mistificazione mediatica capovolge la realtà dei fatti addossando ogni genere di colpa all’uomo.

A rincarare la dose la sorella di Giulia con un j’accuse perentorio rivolto proprio al patriarcato o a una presunta ondata di maschilismo nella società che a suo dire ostacolerebbe il pieno processo emancipatorio delle donne.

A metterci il carico da undici il padre della sfortunata ragazza il quale, ospite da Fazio, accenna di cultura del possesso in allusione al concetto di “mia donna” “mia ragazza” etc.

Senonché tale concetto è diffuso anche presso la parte femminile dove, sovente, si parla di “mio uomo”.

Il possesso non è legato alla forza fisica, ma al sentimento della gelosia, che è prerogativa di tutti gli esseri umani senza distinzione di sesso.

Di mogli e fidanzate gelose c’è una vasta letteratura a offrirne testimonianza

Appartenenza non possesso

Mia nella sua accezione etimologica (dal latino meus) non implica necessariamente il possesso, ma sottolinea un legame di appartenenza (di me) in un quadro di affinità.

Avrebbe eguale logica affermativa dire mia città, mia terra etc. che riveste appieno tale significato.

Tutti pretesti, questi, che col tempo sono valsi a delegittimare il patriarcato.

Travaglio ogni tanto la dice giusta

Marco Travaglio, ad esempio, contraddice la vulgata di questi giorni affermando che il patriarcato aveva in realtà i suoi codici, le proprie regole comportamentali che davano quella garanzia di protezione alle donne che oggi non hanno più.

Con l’avvento della modernità fu proprio la cancellazione di detta cultura a determinare il cortocircuito attuale nelle relazioni tra i due sessi. I mutamenti di certi equilibri hanno prodotto un disorientamento nella sfera attitudinale degli uomini.

La morbosa macchina mediatica a senso unico

E i cosiddetti femminicidi sono solo un esasperato riverbero di tale condizione.

La capziosità mediatica poi produce il resto, additando il patriarcato come causa efficiente di tutto, laddove in verità di esso non v’è minima traccia.

E quando questi realmente affiora, come nei casi di delitti consumati in seno a contesti familiari islamici, si evita di darne risalto. Altrimenti per loro il rischio è quello di minare l’altro falso mito dell’integrazione multiculturale.  Ricordiamo il destino della povera Saman che non ha visto intellettuale radical chic inalberarsi: né la Boldrini, né il solito stuolo di femministe, troppo preoccupate a non offendere l’islam.

Se sono gli immigrati si guarda da un’altra parte

E Pamela Mastropiero fatta letteralmente a pezzi dal suo carnefice. Nel fronte di sinistra, nei Fazio e nei Saviano, neanche un barlume di denuncia.

Se l’ha cercata è stato il mantra ricorrente da quegli ambienti. Tutto ciò per evitare di aizzare l’odio verso gli Africani.

Presso tali etnie i cosiddetti femminicidi sappiamo essere più diffusi che non nelle altre, appurata la loro incapacità di controllarsi ogni volta che saltano i nervi.

E perciò arrivano a tutto: anche ad infierire sui corpi delle stesse vittime.

I culti celesti e quelli tellurici

Il patriarcato, culturalmente inteso, è retaggio dei popoli indoeuropei che in Europa giunsero sovrapponendosi alle culture matriarcali paleo europee e mediterranee.

Nel pantheon ario si staglia la figura del Dyaus Pitar (Dio Padre), ed è evidente che da un tale fondamento spirituale derivi una società patriarcale. Questo senza negare l’altrettanto grandezza femminile che riveste un ruolo cruciale nell’articolazione della stessa.

Subordinazione, inoltre, non è affatto sinonimo di sottomissione.

Ironicamente si dice che in una famiglia l’uomo rappresenta il capo e la donna il collo: risulta, però, sia il collo a far girare il capo dove vuole.

L’esempio romano

Per i romani il pater familias era figura dominante dell’ordinamento sociale familiare.

Ma a lui si affiancava “matrona”, che non era semplicemente preposta al ruolo di madre, sposa ed educatrice.

In assenza del capofamiglia, suppliva nel ruolo di governo della “domus”: figli, collaboratori e servi dipendevano dalla sua autorità.  Le stesse scelte decisionali del marito erano influenzate dal parere della matrona.

L’uomo, sappiamo, ha una profonda capacità di astrazione che finisce talvolta per perdersi in cose futili. Per questo deve affidarsi all’intelligenza pratica e intuitiva delle donne per sbrogliare la matassa.

Già nell’antichità questo si era compreso, così come nella società cristiana medievale, dove in un quadro devozionale essenzialmente teocentrico, il ruolo della donna si dignificava nel modello di Maria Vergine.

Medioevoe i suoi cavalieri

Occorre inoltre considerare la letteratura cavalleresca. Dove nell’amor cortese è l’uomo a proporsi al cospetto della dama, come suo umile servitore. Sottomettersi alla sua volontà in quella che è un’autentica venerazione.

Eppure, patriarcale fu anche il medioevo.

Ma nulla lasciava intendere una condizione di inferiorità totale della donna. Mistificazioni che solo i manuali di storia progressisti potevano concepire senza il supporto di prove. Che dire dell’esempio di San Giovanna D’arco, descritta alla stregua di una femminista ante-litteram.

La sua, tutt’altro, fu un esemplare battaglia mistica, patriottica e religiosa.

Nessuna equivalenza con l’idea di un’emancipazione di genere: la quale sarebbe scaturigine, per la deformata visione delle femministe, del suo supplizio di fuoco.

Secondo la teologia di San Tommaso era conveniente che la donna nascesse dalla costola dell’uomo.

Non dovendo dominare su di esso, essa non fu formata dalla testa.  Non dovendo esserne disprezzata come schiava, nemmeno dai piedi.

Ma dal suo fianco, proprio per indicare un vincolo d’amore.

Questo pone l’accento sulla diversità complementare tra i due sessi

Su tale base, come già menzionato, l’uomo detiene qualità naturali che la donna non ha e, viceversa, la donna può avvalersi di ciò di cui l’uomo è carente.

La miseria moderna

La modernità ha delegittimato tale principio in nome di un appiattimento egualitario.

Da qui si giunge alle estreme conseguenze attuali dove la confusione tra i generi regna sovrana. E nel caos trova appiglio l’ideologia gender, ovvero, la nuova frontiera dell’assurdo in cui la tanto agognata parità segna il passo all’inversione dei sessi.

Si parla sempre più di disforia di genere per cui si nasce biologicamente maschi ma percettivamente si diventa femmine (e viceversa).

Atleti transessuali alterano il regolare svolgimento di gare sportive femminili, con buona pace di chi invocava la parità.

E mentre i piagnistei mediatici si soffermano su un patriarcato ormai effimero e inesistente, si procede speditamente verso un quadro nichilistico.

Ogni certezza sfuma nell’ indefinito con la società che va trascinandosi via via in cul de sac senza possibilità di uscita.

Mario Pucciarelli

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