Forza Italia e l’eredità di Berlusconi

Forza Italia e l'eredità di BerlusconiForza Italia e l’eredità di Berlusconi – Silvio Berlusconi viene ora consegnato – quasi consacrato, verrebbe da dire, vista la dimensione quasi unanime del cordoglio spontaneo e sincero e quasi unanime che ne ha accompagnato la morte – alla Storia e solo la Storia potrà svelare realmente chi sia stato e cosa abbia rappresentato quest’uomo per il Paese.

Sicuramente, come in parte si sta già vedendo, la Storia costringerà molti dei suoi nemici, anche di quelli più accaniti, a rivedere profondamente il loro strumentale giudizio precedente; tra i fans, anche tra i più sfegatati, ci sarà più di qualcuno che resterà deluso nello scoprire questo o quello di cui non si era saputo prima.

La fine di Forza Italia

La Storia, infatti, non fa sconti, ma rende anche giustizia sulla propaganda e, nel caso di Berlusconi, metterà certamente all’angolo tanti di coloro i quali hanno costruito solo ed esclusivamente nell’odio per il Cavaliere fortune politiche, economiche e carrieristi che mai avrebbero realizzato per amore di qualsiasi altra cosa.

In particolare, la Storia non potrà non prendere atto di un particolare che, in queste ore, sembra sfuggire ai più, tra gli analisti politici, specialmente tra coloro che dibattono il futuro della sua creatura politica: Forza Italia.

Forza Italia – almeno per come la si è conosciuta – è senza dubbio finita ed è ridicolo anche discutere di un suo ipotetico futuro.

Perché? Perché è un partito che, alle elezioni politiche, ha toccato il suo minimo storico proprio alle ultime elezioni, quelle che hanno segnato il ritorno di Silvio Berlusconi in Parlamento e che hanno visto il Centrodestra comunque prevalere sulla Sinistra.

Elezioni svolte, insomma, con Berlusconi vivo.

Berlusconi superato

Vivo, ma già “superato” – almeno agli occhi degli italiani elettori – quale possibile leader del Paese, essendo già evidente il suo declino fisico.

Italiani “elettori” maturi, quindi, perché non hanno votato Forza Italia non ostante, come italiani “cittadini”, continuassero e continuano – come dimostra l’emozione per la sua scomparsa dalla scena di questi giorni – ad ammirarlo e ad amarlo come simbolo positivo della politica e della vita pubblica.

E non hanno votato Forza Italia perché non hanno creduto alla sua classe dirigente, non hanno visto tra i “capi” di quel partito nessuno che, anche lontanamente, potesse e possa assumere il ruolo che ha avuto lui in quel partito e nella coalizione che ha, di fatto, inventato.

Il Delfino

Si sente ripetere spesso che la colpa sia dello stesso Berlusconi, il quale sarebbe stato incapace di “costruire un delfino”.

È una stupidaggine: se tra gli uomini che hanno circondato Berlusconi in questi ultimi anni ce ne fosse stato uno all’altezza della situazione, oggi sarebbe in Duomo a Milano a pronunciarne l’orazione e a raccoglierne l’eredità politica.

Il problema è che, da una parte, anche gli “dei politici”, un po’ come il Cronos della mitologia greca, tendano a mangiare i propri figli, in attesa – e nella speranza – che tra loro emerga un vero Zeus; dall’altra, che le personalità che lo hanno affiancato nel tratto più alto della sua parabola non hanno saputo far altro, a un certo punto, che tradirlo: Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Angelino Alfano, ecc.

Tutti uomini che hanno dimostrato solo l’impazienza di sentirsi qualcuno e hanno creduto che, per essere qualcuno, dovessero pugnalare chi li aveva fatti credere tali.

Casini e Fini incapaci di superare Berlusconi

In particolare Casini e Fini, i quali, come si ricorderà, quando hanno creduto di non poter più operare sempre e solo sotto l’ombrello di Berlusconi non hanno cercato di conquistare, organizzare e portare a capitale dell’alleanza che pure avevano liberamente scelto di stringere col Cavaliere un nuovo, più dinamico e innovativo consenso sociale, economico e, quindi politico, rispondente in modo diverso ad attese della società non ancora soddisfatte compiutamente dal lavoro fin lì svolto dai governi a cui partecipavano; hanno solo tentato di “farlo fuori”, per prenderne il posto e i voti, trescando con quella parte della politica che sì, odiava Berlusconi, ma che anche pensava e pensa a una società aborrita massimamente da quanti erano e sono in parte insoddisfatti anche del Centrodestra.

Più che chiedersi, quindi, chi “prenderà” Forza Italia, è più urgente chiedersi “dove andrà”.

La prima, vera rivoluzione di Berlusconi, infatti, non fu quella di “sdoganare la Destra”, espressione che lui stesso rifiutava, come disse a Fiuggi, all’ultimo congresso del Msi-Dn nel 1995; il Cavaliere emarginò semmai l’Antifascismo, inteso come ente abilitato alla delegittimazione degli avversari, portando il mondo moderato laddove la Dc non aveva mai voluto portarlo: alla naturale alleanza con la Destra.

La formula per il futuro

Ora, invece, il rischio è che gli “eredi illegittimi” – illegittimi solo perché non espressamente designati – si facciano tentare da nuove formule, intimoriti dalla flessione elettorale e spaventati dalla prospettiva di essere in qualche modo fagocitati.

Moderati e Destra politica contro la Sinistra: questa è la formula, questo è il contenuto fondamentale del lascito di Berlusconi.

Un Berlusconi che si sarebbe anche alleato con La Destra già antifiniana di Francesco Storace nel 2013, se l’improvvisa indizione delle elezioni e i ricatti dell’ex-leader di An non lo avessero costretto a prendere decisioni diverse.

Perché Berlusconi, oltre che in politica estera, è stato autonomo e indipendente anche in quella interna: la Sinistra additava come “impresentabili” i suoi possibili alleati per minarne il terreno elettorale?

A maggior ragione stringeva patti con quelle formazioni, per assicurarsi una maggioranza più ampia e più solida.

Grande centro e “sguardo a sinistra” e “larghe intese” – se non nel momento di massima pressione ricattatoria del mainstream o deep-State che dir si voglia – non hanno mai fatto parte del bagaglio strategico di Berlusconi: se gli epigoni di Forza Italia resteranno fedeli in questo solco primario, avranno un futuro; altrimenti, come già hanno temuto gli elettori quando era ancora in vita, andranno da qualche altra parte.