Quel che resta dei liberali e della loro rivoluzione

Quel che resta dei liberali e della loro rivoluzioneQuel che resta dei liberali e della loro rivoluzione – Il titolo non è del tutto onesto. Non è la “loro” rivoluzione. Non mi posso chiamare fuori e non intendo farlo. L’artificio retorico è però molto italiano, le rivoluzioni orfane, come il 28 aprile 45 ci insegna, sono sempre quelle degli altri.

Sepolto Silvio Berlusconi, di sinceri liberali in questo paese ne resteranno così pochi che li si potrà porre sotto la protezione del WWF. Qualcuno di voi si ricorda quando Fausto Bertinotti si dichiarò liberale? Era un periodo magico della storia italiana, in cui si poteva essere solo liberali, progressisti o federalisti.

Obbligo liberale

Il problema è che si doveva essere liberali in un paese di aspiranti dipendenti delle poste, progressisti in un paese che non crede ci sarà un futuro e federalisti in un paese che non è più una patria da tre quarti di secolo. Il che era ridicolo allora come oggi, ma i partiti mainstream sono quei posti dove dal ridicolo si diventa immuni in ragione del numero. Il clown fa ridere perché è l’unico vestito così sotto il tendone. Un centro congressi pieno di clown non fa più ridere. E se dobbiamo basarci sul passato, dovrebbe semmai farci molta paura.

Eredità risibile

Cosa resta, quindi, di questa ex maggioranza impossibile, dei liberali, dopo la morte del Padre? Resta un 7% di consensi, una appartenenza europea che fa molta gola ai conservatori e una classe dirigente selezionata sapientemente per alti meriti. Il primo dei quali è essere incapace di dirigere. Il secondo, non avere alcuna aspirazione di dirigere. Il terzo, avere una spiccata tendenza ad obbedire con prontezza. Tutte caratteristiche che escludono nel modo più categorico che qualcosa possa risorgere dalle ceneri. Si scioglierà quindi Forza Italia?

La Meloni già al lavoro?

Sì, ma non subito. A Giorgia Meloni serve un partito affiliato al PPE per l’anno prossimo, così da poter portare un caso di successo di “centrodestra europeo” su cui modellare quello di Strasburgo. È, inoltre, vitale impedire ad altri soggetti del Terzo Polo, come Letizia Moratti, di intestarsi lo spazio lasciato vuoto dal Grande Fondatore. Il partito deve quindi arrivare vivo al 9 giugno 2024. Dopo si potrà ragionare di come scomporlo e renderlo innocuo. Ma prima deve sopravvivere.

Assalto a Bruxelles

Anche perché, se Giorgia vuole davvero essere la madre di questa entità europea popolare e conservatrice non può e non deve apparire come una conquistatrice. Non si viene amati a tavola se ci si addentra in una dotta discussione su come cucinare i convitati. Né si diviene beniamini di qualcuno se si viene a sapere che si è mangiato il di lui cugino. Per questo Fratelli d’Italia non ha convenienza alcuna nel partecipare al banchetto funebre e tutti i vantaggi a tenere su la baracca per un altro anno.

Con un caveat: la frenesia alimentare che prende ogni partito alle europee potrebbe giocare brutti scherzi. E portare, per qualche punto in più, a gettare al vento ogni prudenza. Mangiando quel che resta del grande partito popolare, cristiano, liberale e socialista. In questo caso toccherà stare attenti a non strozzarsi col boccone, perché potrebbe essere fatale.

In definitiva, senza l’anima, che era poi Silvio Berlusconi, Forza Italia è un cadavere che cerca casa. E questa è una fine davvero ingloriosa per l’ultima rivoluzione del Novecento Italiano.

Brian Curto