La caduta di Bakhmut e l’attesa offensiva ucraina

La caduta di Bakhmut e l’attesa offensiva ucrainaLa caduta di Bakhmut e l’attesa offensiva ucraina – A un anno esatto dalla caduta di Mariupol è caduta anche Bakhmut in mano ai russi.

La battaglia per la città, iniziata formalmente l’8/10/2022 ma preceduta da almeno due mesi di combattimenti nella campagna circostante, è conclusa.

Che bilancio trarne?

Come riportato nel nostro precedente articolo del 6/02/2023 “La nuova Verdun – La Battaglia di Bakhmut” il senso, da parte russa, della battaglia di Bakhmut non poteva la città in sé stessa.

Prighozin, il proprietario della Wagner (e probabile prestanome di Putin) è stato esplicito al riguardo, dichiarando più volte che il senso della battaglia stava nel concentrare su di un fronte limitato (neanche 100khm, su quasi 1.000 khm totali), su di un terreno sfavorevole, quante più truppe ucraine possibile, in modo da logorare la capacità operativa delle forze armate ucraine e, al tempo stesso, permettere all’esercito russo le reclute arruolate a seguito della mobilitazione parziale di inizio autunno 2022.

L’operazione sarebbe stata congeniata e attuata dalla Wagner in collaborazione con il generale Surovikin.

Vedendo i numeri della battaglia sembra che l’operazione sia stato un successo.

Nel “tritacarne” di Bakhmut, inclusivo di Bakhmut città, Soledar e gli altri villaggi (come Klischivka o Bogdanivka) posti sui fianchi della città dove si è continuata a sviluppare la battaglia, sarebbero state coinvolte, negli oltre 200 giorni di combattimento circa 25 brigate ucraine (su un totale di poco più di un centinaio a disposizione delle forze armate di Kiev), 12 reggimenti e battaglioni nazionalisti (inclusi elementi di élite) inquadrati nella Guardia Nazionale o sotto altre denominazioni, diversi reparti di volontari e mercenari stranieri (tra cui un nutrito contingenti di ceceni islamisti, alcuni anche ex combattenti ISIS), occidentali inclusi.

Le perdite sul campo

Si stimano perdite per le forze di Kiev tra i 300 e i 600 uomini al giorno. Per la difesa della città sarebbero andati perduti almeno 100.000 uomini tra morti e feriti, oltre, ovviamente, enormi quantità di materiali.

Da parte russa, invece, è la Wagner ad essersi sobbarcata quasi esclusivamente il peso dell’offensiva, lasciando in un certo senso “a riposo” le unità dell’esercito regolare, in fase di accrescimento o di ricostituzione.

Il gruppo di ricerca legato all’opposizione antiputiniana russa Mediazone, in collaborazione con la BBC, tiene un dettagliato archivio dove analizza i necrologi che compaiono in Russia.

Secondo tale archivio la Wagner avrebbe perso oltre 1.000 professionisti e oltre 3.700 galeotti inquadrati nei propri ranghi.

Stimando 3 feriti per ogni caduto, si avrebbero circa 5.000 caduti e 15.000 feriti, un rapporto di perdite nettamente inferiore a quelle inflitte al nemico e, per lo più, sopportato da una unità composta o da galeotti a cui viene promessa l’amnistia in caso di arruolamento, o da volontari mercenari, considerata “spendibile” a Mosca; probabilmente, al Ministero della Difesa, anche troppo, non sono mancate infatti le violente critiche di Prighozin al ministro Shoigu e al generale capo di stato maggiore Gerasimov a causa di una presunta scarsa collaborazione offerta dalle unità regolari alla Wagner.

In ogni caso, dal 25/05 la Wagner dovrebbe (il condizionale è d’obbligo, visto che è sempre possibile che si tratti di tentativi di disinformazione) ritirarsi dal fronte per ricostituirsi e “leccarsi le ferite” e cedere le posizioni conquistate e Bakhmut alle forze dell’esercito regolare.

Che succederà adesso?

Prighozin riferiva che, immediatamente dopo la caduta di Bakhmut, gli ucraini, per cercare di bilanciare il colpo, avrebbero cercato di lanciare una nuova grande offensiva.

Effettivamente, per quanto sia stato massiccio l’impiego di risorse nel tritacarne, Kiev non ha impiegato le 19 brigate che terrebbe di riserva, inquadrate nel nono e nel decimo corpo d’armata, addestrate in paesi europei, armate ed equipaggiate con i materiali occidentali forniti dalla NATO a seguito della conferenza di Ramstein del 20/01/2023.

Queste unità, circa 70.000 uomini, indubbiamente costituiscono una grave minaccia per la Russia, per la più parte devono essere ancora impiegate e infatti non sono state ingaggiate nei tentativi controffensivi che si sono avuti nelle prime due settimane di maggio che, al netto di qualche chilometro quadrato di campagna preso, si sono rivelati inefficaci per ribaltare la situazione strategica complessiva.

Il sacrificio della Wagner

Tuttavia, è anche altrettanto indubbio che in questi mesi, grazie al sacrificio della Wagner, l’esercito russo ha potuto predisporre ampie e stratificate linee difensive, soprattutto nella regione di Zaphoryza, dove i più si attendono l’attacco ucraino (con obiettivo il Mare d’Azov, in modo da tagliare la Crimea e la regione di Kherson dal resto della Russia).

Un tale attacco, che verosimilmente sarà accompagnato da un tentativo di attraversamento del Dnieper, potrebbe essere troppo scontato (i russi a Zaphoryza avrebbero linee fortificate con una profondità di 20khm) e di conseguenza Kiev potrebbe puntare a qualcosa di più sofisticato. Ad esempio, attaccare da Kharkov, puntando direttamente in territorio russo, cercando di prendere una grande città come Belgorod (già dalla mattina del 22/05 si hanno per la verità notizie di gruppi di ricognitori e sabotatori in azione nell’oblast di Belgorod).

Qualunque sia l’obiettivo prefissato è certo che il tempo giochi contro l’Ucraina. Più tempo passa più ad esempio si fanno sentire i bombardamenti russi in profondità. Da inizio aprile Mosca è in piena offensiva missilistica contro obiettivi logistici dell’esercito ucraino.

L’importanza dell’arma aerea

A seguito di un bombardamento a Khmelnytsky si sarebbero diffuse nubi di bassa radioattività nell’aria, probabile segno che sia stato colpito un deposito con munizioni all’uranio impoverito di fornitura britannica, destinate ai carri armati Challenger2. Se questi carri stavano aspettando di essere impiegati per la controffensiva, adesso potranno essere impiegati senza munizionamento efficace per contrastare i carri russi.

Come anticipato nel nostro articolo del 20/01/2023 sulla guerra aerea, il progressivo deterioramento degli stock di dotazione missilistica ucraina avrebbe presto raggiunto un punto critico, lasciando il paese scoperto ai missili e ai droni russi.

Così sembra esser stato e le poche (relativamente ai bisogni) batterie di fornitura occidentale sembrano essere state concentrate per lo più a difesa della capitale (per altro, 2 delle 3 batterie di missili Patriot siano state a loro volta danneggiate da dei missili ipersonici Khinzal russi).

Gli F16 per la supremazia aerea

Da parte occidentale si risponde con l’invio dei missili a lungo raggio, SCALP (di fornitura francese) Storm Shadow (di fornitura britannica), usati in combinato disposto con i missili bersaglio anti-difese aeree AD160 (di fornitura americana). Con gli Storm Shadow sarebbero stati colpiti palazzi dell’amministrazione civile di Lughansk oltre che gli aeroporti militari di Mariupol e Berdyansk. Per altro, si è ormai arrivati alla decisione di cedere F16 per l’Ucraina, con un blocco di paesi a favore costituito da USA, UK, Francia, Olanda, Belgio, Danimarca, Norvegia e Portogallo, sempre come previsto nel nostro articolo del 20/01.

Restano in ogni caso le obiezioni già fatte allora: non sarà una settantina di vecchi F16 a togliere la supremazia aerea alla Russia che dispone di più aerei, più moderni, con piloti più esperti, e di una ridondante difesa antiaerea.

Insomma, con l’epilogo della battaglia di Bakhmut probabilmente si apre un capitolo per decidere delle sorti della guerra, un capitolo dove Kiev si trova stretta tra il dilemma se gettarsi in operazioni offensive estremamente rischiose, oppure se restare sulla difensiva, accettando però così di dover pagare l’altissimo (e alla lunga, insostenibile) pegno dell’attrito russo.

Filippo Deidda