Sin límites. Senza limiti

Sin límites. Senza limitiSin límites. Senza limiti – Sono tra i molti che non hanno guardato il festival di Sanremo. Non lo dichiaro per menarne vanto – il rifiuto di un’annunciata schifezza non lo legittima di certo- ma solo perché è occasione per scrivere ciò che è stato trasmesso e ho visto, al posto dello spettacolo offerto dai ferragnez e compagnia cantante, in un canale privato.

Le sei puntate di una miniserie tv di produzione spagnola “Sin límites” (senza confini, senza limiti) dedicata all’avventurosa ed epica circumnavigazione del mondo compiuta da Ferdinando Magellano (portoghese ma al servizio di Carlo V), iniziata nel 1519 a Siviglia dal fiume Guadalquivir e conclusasi nel 1522 con lo sbarco a Sanlucar de Barrameda dei pochi superstiti a bordo dell’unica nave rimasta della flottiglia, la Victoria.

Sei puntate di poco più di un’ora ciascuna non potevano certo bastare a descrivere un viaggio – testimoniato nei dettagli dal vicentino Antonio Pigafetta, imbarcato nella spedizione – durato tre anni ma le esigenze televisive evidentemente ciò richiedevano.

La “leyenda negra”

Diverse critiche sono piovute addosso all’opera, tra le quali merita segnalare – da “destra” – quella di aver dato corda alla c.d. “leyenda negra” ossia un’interpretazione in chiave negativa della Spagna imperiale,  descritta come bigotta e arretrata – peraltro promossa e sostenuta da storici inglesi e olandesi in funzione anticattolica e antispagnola – riverberatasi anche nel periodo della conquista, coi soprusi e le angherie di avidi adelantados e conquistadores – cose che certamente accaddero – utilizzati per oscurare un’epopea che fu però, nel suo profondo, civilizzatrice.

La lettura obbiettiva di quegli accadimenti fa giustizia di quei preconcetti ma occorre dire che la pellicola non pare proprio coonestare quella “leyenda”. Non certo gli istinti di violenza o la libido deviata di alcuni marinai, né le ambizioni di ricchezza che accompagnarono la spedizione, né la perfidia di alcuni protagonisti possono legittimare una simile rappresentazione.

La forza di un’impresa

Perché, al netto delle infedeltà che ogni riproduzione comporta e di qualche concessione al “politicamente corretto” (un nostromo ucciso mentre cerca di liberare degli schiavi africani ingabbiati), a emergere è la forza delle immagini e della narrativa, forse monotona in alcune scene (ma il viaggio si svolge in mare), entrambe però all’altezza di un grande kolossal cinematografico.

Quel che ne esce è l’esaltazione di una conquista che fu scientifica e politica, la ferma determinazione di alcuni uomini (Magellano, poi, dopo la sua morte, il timoniere Juan Sebastián Elcano)  il loro coraggio, la loro fede religiosa, la dedizione alla causa imperiale.

Senza limiti

Un’opera capace di suscitare un senso di appartenenza e mostrare un’idea di destino e di grandezza; destinata, però, ai soli abbonati a quel canale tv.

Eppure, rappresenta un esempio di ciò che dovrebbe essere una seria e ampia divulgazione culturale – che ogni governo sano dovrebbe promuovere anche attraverso il piccolo schermo – in una società, quella occidentale, dove il cattivo gusto prevale sulla bellezza, lo sbracamento sull’ordine, il pensiero unico sulla volontà di potenza; incapace di immaginare nuovi orizzonti, concepire grandi imprese, generare uomini forti.

Gli unici limiti che nell’era presente la nostra società sembra in grado di voler superare sono quelli del disprezzo di se stessa e del compiacimento delle proprie debolezze e delle proprie perversioni; ciò che il festival canoro italiano, proiettato attraverso un canale pubblico, ha infatti mostrato con plastica evidenza.

Anche qui sin límites, ma verso il precipizio.