Urne: non solo rose per Giorgia Meloni ma tante spine

L’eleganza pretenderebbe solo complimenti per Giorgia Meloni, anche da questo sito che ha scelto di non votarla e di sostenere un’avventura risultata poco fortunata (o poco “oculata”, ma se ne parlerà in altro momento). Il risultato di Fratelli d’Italia – su questo non c’è dubbio – è storico e da più punti di vista, a partire dal fatto che spalancherà le porte alla prima premier donna e a una ragazza che ha un passato nella Destra post-missina.

Sono già tanti, però, nel campo politico e intellettuale, coloro che s’affannano a balzare sul carro del vincitore e, per tanto, è meglio proseguire lungo la strada tracciata di una critica aspra, ma costruttiva, della situazione politica generale.
Nei prossimi giorni, la Meloni si godrà meritatamente il successo tattico ottenuto, ma, finita la “luna di miele”, che potrebbe pure essere più breve del solito, date le nubi all’orizzonte, quali saranno gli scogli che il futuro governo e il partito di maggioranza dovranno aggirare?
In primo luogo, non farsi prendere la mano dal successo e qualche segnale di questo eventuale pericolo si vedrà già alla prima seduta delle nuove Camere, con l’elezione dei presidenti.Giorgia Meloni

L’abissale distacco tra le coalizioni, infatti, potrebbe suggerire di non concedere alle minoranze uno dei due rami del Parlamento e, in ogni caso, si dovrà decidere a quale dei tre partiti far esprimere il presidente del Senato che, nel nostro ordinamento, è anche il vicepresidente della Repubblica. Un’ipotesi realistica, qualora Matteo Salvini torni a sedere tra i banchi di Palazzo Madama, potrebbe essere proprio quella di “parcheggiare” il leader della Lega in quell’incarico, liberando il Ministero dell’Interno per Fratelli d’Italia e la Lega da un “capitano” che, in un modo o nell’altro, sarà chiamato a rispondere del disastro del suo partito.

Il governo Meloni

In secondo luogo, la squadra di governo: la Meloni qui dovrà affrontare due difficoltà: non far pesare più di tanto l’aver preso 8 punti in più dei tre alleati messi insieme (c’è anche il quasi uno di Noi moderati), concedendo loro dicasteri importanti; non permettere a Sergio Mattarella, il quale ha già fatto sapere di non voler transigere su eventuali proposte poco “atlantiste” ed “europeiste”, a non scoprirsi fin da subito quale vero capo dell’opposizione. Certamente, la futura premier sarà accorta, mettendo nella lista, per conto di FdI, un pacchetto di nomi prescelti dal mazzo degli “outsider”, da Carlo Nordio a Giulio Tremonti, passando per Marcello Pera o chissà chi altri. Insomma, un “parterre de la Reine” capace di ammutolire i critici più intransigenti e relegando i “fedelissimi” nel grande parco del sottosegretariato. Gli equilibri con Salvini e Silvio Berlusconi, invece, nel medio periodo potrebbero risentire delle scelte che si compiranno nei prossimi giorni e potrebbero innescare mine pericolose, dato che il sistema elettorale ha dato ai due una rappresentazione sovradimensionata rispetto ai voti ottenuti.

L’opposizione

In terzo luogo, l’opposizione che, come ha annunciato Enrico Letta sul letto di morte, sarà “dura e intransigente”. La narrazione del risultato su cui il Pd fonderà la sua azione l’ha data ieri sera Debora Serracchiani: il Centrodestra ha vinto le elezioni largamente, ma non è maggioranza nel Paese. Ed è una lettura non priva di elementi veritieri. Non solo perché 36 italiani su 100 hanno disertato le urne, ma perché, unito ai 5Stelle o almeno a Carlo Calenda, oggi il Pd ragionerebbe su ben altri numeri, in termini di parlamentari e maggioranze. Coi venti gelidi che stanno per arrivare dal Nord e dall’Est Europa – rigore economico e rigore climatico propriamente detto e aggravato dalla politica delle sanzioni alla Russia -, la Sinistra avrà lo stesso atteggiamento “leale” che ha tenuto FdI, oppure scatenerà a tempo debito le piazze?

Cosa avverrà?

Infine, ma non per ultimi, ovviamente, i temi dell’agenda politica. Da subito, la Meloni dovrà chiarire con Mario Draghi i termini della legge di bilancio da presentare a Bruxelles prima ancora del suo insediamento, a metà ottobre: il premier uscente l’ascolterà, tratterà, oppure avvelenerà ulteriormente il pozzo economico da cui il nuovo esecutivo dovrà trarre la linfa per le sue politiche? E, nel caso che Super Mario se ne fregasse dei risultati del voto, il governo di Centrodestra avrebbe la volontà e la forza per mettere in discussione gli eventuali impegni assunti dal predecessore? Poi, il tema nodale della guerra in Ucraina – quello che ha portato parte della Destra italiana a non condividere la fortunata campagna elettorale della stessa Meloni – e del conseguente atteggiamento ostile verso la Russia che già tanto costa alle tasche degli italiani meno abbienti, cioè, praticamente tutti. Se il nuovo governo, per rassicurare le cancellerie straniere, persistesse nella politica fin qui seguita, il conflitto sociale potrebbe esplodere pesantemente per le strade e nessuno, nelle istituzioni italiane e straniere, verrebbe di certo in soccorso alla Meloni. Così come, non pretendendo oggi di salire sul carro vittorioso, non potrà sperare in aiuti da parte di quella Destra che questo pericolo paventa da mesi e ha ritenuto che fosse meno grave farsi sconfiggere nelle urne, piuttosto che tacere sulla reale portata della tempesta che potrebbe abbattersi sull’Italia. E qui, in questo elenco iniziale di “doglianze”, va sottolineata la particolare situazione del Sud Italia che Giuseppe Conte e la sua banda hanno fatto arretrare di almeno mezzo secolo, consegnandolo al peggior assistenzialismo di stampo camorristico. Se la Meloni, come preannunciato in campagna elettorale, dovesse mettere fine senza esitazione al “reddito di cittadinanza”, il malcontento delle genti meridionali potrebbe esplodere come una bomba, anche perché non è facile per nessuno sostituire una “regalia” garantita con una “opportunità” occupazionale; i soldi certi direttamente nella carta di credito con un eventuale contratto di lavoro.
Insomma, le rose della vittoria di Giorgia sono piene di spine, anche se – questo bisogna concederlo alla vincitrice – oggi sono rose bellissime e tutt’altro che rosse.