Non è solo una questione di costi, ma di scelte politiche precise fatte nel silenzio generale
A due anni dall’alluvione che ha devastato l’Emilia-Romagna, continuiamo a parlare di bombe d’acqua e di cambiamento climatico, ma mai di manutenzione dei fiumi.
Eppure per decenni quegli alvei venivano puliti, liberati e sorvegliati, anche da soggetti oggi demonizzati: i cacciatori.Sì, proprio quelli
Le stesse figure su cui si spara mediaticamente ogni giorno, salvo poi dimenticare che
presidiavano i territori, spesso gratuitamente, mentre lo Stato chiudeva un occhio.
Il punto non è fare l’elogio della doppietta, ma raccontare un vuoto di competenze.
Da circa 25 anni, con l’arrivo alla presidenza regionale di Vasco Errani, la Regione ha iniziato a vincolare a bosco molti corsi d’acqua, secondo un’impostazione ecologista estrema.
Questa linea è stata confermata da Bonaccini, Priolo e oggi De Pascale, con un unico obiettivo: garantirsi l’appoggio dei Verdi e dei loro voti.
In cambio: zone SIC, ZPS e alvei resi impraticabili, pieni di tronchi, rovi e sabbie che ne hanno ridotto la capacità.
Il risultato? Fiumi senza manutenzione, argini non ispezionabili, alberi cresciuti dentro i letti, e una burocrazia che ha tolto ogni margine d’intervento anche ai Consorzi di Bonifica.
Ma tanto, la colpa è del clima, no?
Eppure nessuno parla degli animali morti nell’alluvione. E non si tratta di un vuoto tecnico.
Le aziende zootecniche, tutte censite per tipologia e numero di capi, sono schedulate nei registri pubblici. Sappiamo quante vacche, quanti suini, quante galline vivono in ogni capannone agricolo. Eppure nessuno ha fornito un dato ufficiale su quanti siano morti annegati, intrappolati o mai soccorsi. Vi sfido a trovare questo dato, mentre gli altri — edifici, strade, imprese — sono tutti rintracciabili con un semplice click.
Una rimozione totale, che la dice lunga su cosa conti davvero quando si decide cosa comunicare.
Troppo difficile da digerire per una narrazione ecologista perfetta?
La verità è questa: la gestione ideologica dei fiumi è una scelta politica, non un errore tecnico. È figlia di compromessi elettorali, non di studi idraulici. Ed è ora che qualcuno abbia il coraggio di dirlo chiaramente, anche se fa saltare qualche poltrona.