Una vecchia battuta, scritta su uno striscione in occasione del gay pride a Roma qualche decennio fa, recitava:
“Rutelli ha dato un sacco di soldi ai fr.. e ai Romani un c.., se faceva il contrario accontentava tutti e due”.
Battute a parte, che all’epoca non scandalizzavano più di tanto nemmeno la comunità omosessuale stessa, è oltremodo inaudito che un’istituzione pubblica spenda soldi dei cittadini per promuovere iniziative condivise solo da una minoranza, per quanto affollate e rumosore.
Manifestazioni spesso criticate anche da molti omosessuali, che si ritrovano a essere identificati con personaggi pittoreschi vestiti di piume e cinghie, che danno vita a spettacoli volgari e spesso blasfemia (aggirando l’articolo 21 della sbandierata costituzione, che consente le manifestazioni purché non contrarie al buon costume).
Un teatrino per accaparrarsi voti, un evento per chiedere ancora più diritti quando nessuna legge discrimina nessuno per l’orientamento sessuale.
Quali sono quindi le motivazioni di queste iniziative se non quelle di stravolgere, non integrare, ma stravolgere proprio, il tessuto sociale come lo conosciamo gettandolo nel caos? E il tutto pretendendo soldi pubblici e sponsor, perché ormai qualcuno ha fiutato l’affare, pecunia non olet.
Nel mentre, Roma arranca se paragonata ad altre città europee ma anche italiane, la viabilità e tutte quelle esigenze quotidiane dei cittadini fanno acqua, gettando discredito sulla più bella città al mondo e che al mondo ha dato tanto.
Non cambierà nulla, avremo solo più disagi e qualche decina di migliaia di euro in meno nelle casse, però avremo l’illusione di essere usciti da un medioevo volutamente frainteso.
Lorenzo Gentile
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