La rivista francese Rivarol n° 3664 del 4 giugno 2025 racconta del processo svoltosi mercoledì 28 maggio 2025 presso la diciassettesima Camera Correzionale di Parigi, Porte de Clichy, perché rimarrà, senza dubbio, negli annali del Tribunale. In Italia non c’è traccia della notizia, ma forse scriveranno qualcosa dopo l’11 luglio, e capirete perché, continuando la lettura.
Vincent Reynouard è perseguito per «contestazione di crimini contro l’umanità» in relazione a uno dei suoi video del 7 ottobre 2019, che presentava il suo libro “Perché Hitler era antisemita?”
Di fronte a lui, tre avvocati hanno discusso a nome di quattro associazioni costituitesi parti civili: la LICRA, l’Observatoire Juif de France (OJDF), l’Organisation Juive Européenne (OJE) e il Bureau National de Vigilance contre l’antisémitisme (BNVCA). Vincent Reynouard era già stato condannato a sei mesi di carcere per aver contestato crimini contro l’umanità per questo testo il 22 gennaio 2021 dalla 17a Camera Penale del Tribunale Giudiziario di Parigi, ma poiché era stato processato in contumacia (era allora in esilio in Gran Bretagna), ha potuto presentare ricorso contro la sentenza.
“Da qui il nuovo processo, in primo grado, il 28 maggio 2025. Il suo interrogatorio ha messo in completa confusione gli accusatori.
Reynouard ha risposto a tutte le domande con franchezza e immediatezza, con cortesia, senza provocare o apparire sprezzante, ma senza nemmeno eludere le domande, e ha reagito a tutte le accuse con un aplomb ferreo” – racconta Rivarol.
Quando, ad esempio, il presidente del tribunale ha affermato che la legge Gayssot proibisce le dichiarazioni revisioniste, l’imputato ha risposto:
«la legge non proibisce nulla, avverte che se fai queste dichiarazioni, sarai punito. Lo accetto. Mi assumo la piena responsabilità, sto violando la legge Gayssot, ne sono consapevole e non chiedo alcuna clemenza al tribunale».
«Quindi lei è recidivo?», ha replicato il presidente. Vincent Reynouard ha presentato quindi un manuale scolastico, utilizzato durante la Terza Repubblica [1]: «A quel tempo», ha detto, «agli studenti veniva insegnato questo: “Quanto più una verità ci sembra fondamentale e importante per la condotta della vita, tanto più dobbiamo cercare di diffonderla, con l’insegnamento, con la scrittura, con la dimostrazione, mai con la forza. La libera discussione è assolutamente necessaria nell’ordine delle prese di posizione, che vengono dimostrate e discusse”. Credo che sarebbe bene tornare a questo sano principio. Ecco perché chiedo un dibattito. Finché non mi verrà concesso, sarò recidivo».
Il giudice ha, quindi, risposto che il dibattito si era svolto durante i processi di Norimberga. Conoscendo l’argomento, Vincent Reynouard non ha avuto difficoltà a rispondere: «ho letto tutti i 21 volumi dei dibattiti. Per organizzare questo processo, i vincitori avevano sequestrato gli archivi dei vinti. Selezionarono i documenti ritenuti più compromettenti, senza dare alla difesa il diritto di estrarre, a sua volta, documenti per replicare. La sentenza sarebbe stata definitiva: non sarebbe stata soggetta ad appello o revisione [2]. Il 26 luglio 1946, il procuratore capo, il procuratore statunitense Jackson, rivelò la vera natura del processo. Dichiarò [3]: “gli Alleati sono ancora tecnicamente in guerra con la Germania […] Come tribunale militare, stiamo continuando lo sforzo bellico delle nazioni alleate”. No, signor Presidente, a Norimberga non ci fu alcun dibattito. Fu un linciaggio giudiziario».
Il pubblico ministero ha chiesto all’imputato: «Perché è così interessato a questo periodo?».
“L’obiettivo era chiaro – scrive Rivarol: far sì che Vincent Reynouard dichiarasse di essere interessato alla questione per accusare gli ebrei di mentire. Ma la manovra è fallita per due motivi”. Inizialmente, l’imputato ha sottolineato che il suo principale contributo all’edificio revisionista era il suo lavoro sull’affare di Oradour-sur-Glane”.
«Indago su questa tragedia da oltre vent’anni. Eppure, gli ebrei non vi hanno alcun ruolo. È una tragedia franco-tedesca. È la prova che non sono ossessionato dagli ebrei».
Poi ha aggiunto: «Perché mi interessa questo periodo? Semplicemente perché sono un attivista politico nel campo nazionalista. Tuttavia, i miei avversari si affidano alla storia scritta dai vincitori del 1945 per contrastare la destra nazionale.
Prosegue Rivarol: “Questo uso politico della storia è evidente. Apra il rapporto della Conferenza sulla lotta contro l’antisemitismo del 28 aprile 2025. Recita: “L’introduzione della Storia nel curriculum scolastico […] alla fine degli anni ’80 era dotata di una forte dimensione civica e politica: la conoscenza e la memoria del genocidio degli ebrei avevano lo scopo di contrastare […] l’ascesa elettorale dell’estrema destra”. È chiaro! I miei avversari hanno scelto il terreno della storia per la lotta politica. Non ho fatto altro che seguirli, scendendo su questo terreno»”.
Uno degli avvocati delle parti civili ha chiesto all’imputato se ha una formazione da storico: «Nessuna», ha risposto. «Come formazione, sono un ingegnere chimico, laureato presso l’Istituto superiore della materia e delle radiazioni». «Eppure», ha ribattuto il presidente, «sul suo sito web si presenta come uno storico». «Faccio ricerche storiche, ma il mio sito web sottolinea che lo faccio per riabilitare il nazionalsocialismo. È quindi chiaro che agisco come un attivista politico».
Ma dov’è l’odio e il rifiuto di ogni dibattito? Vincent Reynouard è stato parimenti interrogato sui suoi guadagni. Ha spiegato di vivere di lezioni private, che gli fruttano qualche centinaio di euro al mese, il che gli basta, visto che alloggia gratuitamente presso Jérôme Bourbon, che chi scrive ha conosciuto personalmente nel 2010, a Parigi, a partire dalla sua estradizione in Francia, il 2 febbraio 2024.
Interrogato sui libri che vende tramite il suo blog, ha sottolineato che i proventi di questa attività vanno interamente al gestore del blog, di cui non ha voluto rivelare l’identità. “Chi conosce Vincent Reynouard sa che le sue risposte su questo argomento riflettono la verità. Privo di qualsiasi appetito per il commercio, interamente dedito alla causa che difende e agli studenti che sostiene, ha come uniche distrazioni il ciclismo e gli acquerelli. L’attivista revisionista è di alimentazione moderata e vive in modo molto modesto” – continua l’articolo della rivista francese.
L’udienza è proseguita con le tre requisitorie degli avvocati.
Tutti si sono offesi nel vedere Vincent Reynouard «utilizzare il tribunale come una tribuna», in presenza del suo «fan club». Il loro attacco si articolava essenzialmente su tre fronti: incolpare l’imputato dell’ascesa dell’antisemitismo, negargli qualsiasi competenza in materia storica e accusarlo di agire per “odio”.
Sottolineando l’esplosione dell’antisemitismo negli ultimi due anni, un avvocato ha invocato la «tossicità del signor Reynouard» e lo ha accusato di rappresentare «un pericolo pubblico». L’avvocato Oudy Bloch dell’OIE ha rincarato la dose. Dopo aver presentato Vincent Reynouard come un «insegnante di matematica caduto in disgrazia» che «vomita odio contro gli ebrei tutto il giorno», ha affermato che il revisionismo è «un’intrapresa di menzogne» e che, negando un genocidio rivendicato o ammesso dai nazisti, l’imputato si è rivelato «più nazista dei nazisti».
La sua collega dell’accusa ha aggiunto che Vincent Reynouard non è uno storico, ma «si è solo laureato in fisica… a quanto dice». Pertanto, non si può assolutamente concedergli il dibattito da lui richiesto. Ella ha precisato: «Questa pagina di storia non può essere riletta o rivisitata. Questa pagina di storia è la Storia!».
A seguito di ciò, il pubblico ministero ha dichiarato che, in quanto ingegnere chimico di formazione, l’imputato non ha alcuna legittimità accademica per scrivere libri di storia. Poi ha dichiarato: «questo periodo è oggetto di studio, non di dibattito o discussione».
Nulla, quindi, è cambiato dalla dichiarazione dei 34 storici che, nel febbraio 1979, risposero al professor Robert Faurisson [4] che chi scrive intervistò ed ebbe modo di consultare buona parte del suo enorme archivio nel seminterrato della sua dimora di Vichy, nel 2010: «Non dobbiamo chiederci come, tecnicamente, un simile omicidio di massa sia stato possibile. Era tecnicamente possibile, dal momento che è avvenuto. Questo è il punto di partenza necessario per qualsiasi indagine storica su questo argomento. Stava a noi semplicemente ricordare questa verità: non c’è, non può esserci alcun dibattito sull’esistenza delle camere a gas».
La domanda che, infatti, poneva continuamente il Prof. Faurisson della Sorbona di Parigi, anche dopo aver subito 12 attentati, era: «fornitemi una sola prova di un solo morto di Zyklon B nella baracca di Auschwitz, ed io vi crederò». Tale insetticida cianogenetico fu sviluppato negli anni venti da Fritz Haber, un ebreo tedesco, vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1918, impiegato della Bayer. Lo Zyklon B si presentava in forma di granuli composti di polpa di legno o terra diatomacea.
Tali granuli, di colore bluastro, erano impregnati di acido cianidrico, di uno stabilizzatore e di gas lacrimogeno o irritante che aveva lo scopo di segnalare la presenza del gas prima della sua evaporazione. Una volta estratto dai suoi contenitori ermetici, l’acido cianidrico contenuto nei granuli evaporava a una temperatura di 26 gradi Celsius. Secondo il Prof. Robert Faurisson la potenza di tale composto gassoso sarebbe stata tale, che se utilizzato, avrebbe provocato la morte di chiunque vi entrasse a contatto, osservando, anche, la tenuta molto poco ermetica delle fessurazioni di quelle baracche di legno. In sede giudiziaria e storica, queste affermazioni sono state rigettate.
“Per giustificare la violazione della libertà di ricerca, espressione e pubblicazione – sostiene Rivarol – i censori giungono dunque all’ odio, che animerebbe la persona che vogliono condannare. L’avvocato della LICRA ha definito l’imputato un «negoziante dell’odio». Il pubblico ministero, da parte sua, ha preferito l’espressione «fomentatore d’odio professionista» e ha aggiunto: «Il signor Reynouard fa dell’odio il suo mestiere». Da qui le richieste di pena detentiva. L’avvocato Bloch ha espresso la speranza che il tribunale punisca Vincent Reynouard con la pena massima: una multa di 45.000 euro e un anno di carcere. La sua collega ha aggiunto cinicamente: «Almeno dietro le sbarre, non potrà fare opera di propaganda»”.
Il pubblico ministero ha chiesto otto mesi di carcere.
A questo si aggiungono le sanzioni pecuniarie. Per gli avvocati delle parti civili, non c’è dubbio: Vincent Reynouard vive lautamente dei profitti del revisionismo. La prova? Interrogate, le autorità fiscali francesi hanno risposto di aver perso le tracce dell’imputato nel 2015. Questo equivale a dimenticare che in quel periodo Vincent Reynouard andò in esilio in Inghilterra (il 16 giugno 2015), dove creò un’attività individuale di tutoraggio privato, per la quale pagava le tasse ogni anno.
Ma cosa importa agli avvocati?
“L’imputato è un «negoziante dell’odio» che si arricchisce con proventi clandestini. Da qui la necessità di colpire «dove fa male», ovvero nel portafoglio. Ogni associazione ha chiesto diverse migliaia di euro di danni, oltre alle spese legali. La LICRA si è distinta chiedendo di più.
La motivazione addotta era che l’aumento dell’odio aveva costretto l’associazione ad assumere più personale, che doveva essere retribuito. L’avvocato che rappresentava l’associazione ha chiesto 10.000 euro di danni e 3.000 euro di spese legali” – continua il pezzo della rivista francese.
Da parte sua, il pubblico ministero ha chiesto una multa di 5.000 euro (la pena massima era di 45.000 euro) e una «pena aggiuntiva per informare il pubblico della sua condanna durante questo processo». Questa pena consisterebbe nel finanziamento, a sue spese, della pubblicazione su tre importanti quotidiani nazionali di un inserto per informare il pubblico della sua condanna. Ciò ammonterebbe a ulteriori 15.000 euro, con un costo di circa 5.000 euro per ogni inserto.
Si pensava che l’udienza fosse terminata. Ma il giudice che presiedeva il processo ha invitato l’imputato a riassumere, sul banco degli imputati, la memoria difensiva depositata all’inizio dell’udienza. In circa venti minuti, con una presentazione chiara, precisa e concisa, Vincent Reynouard ha affrontato una per una le accuse delle parti civili.
Alle accuse di usare il tribunale come una tribuna, ha risposto: «Non ho mai chiesto di comparire qui. Sono queste associazioni che continuano a trascinarmi qui. Se vado in esilio per sfuggire alla giustizia, mi chiamano codardo; se mi presento, mi accusano di difendermi. Quale impudenza!». Alle accuse di avere dei fondi segreti, Vincent Reynouard non ha avuto nessuna difficoltà a dimostrare il suo tenore di vita semplice: «non ho né domicilio, né automobile, né beni di valore. Sono un morto-vivente sociale che non ha nemmeno la tessera sanitaria. Reynouard ricco? Altri lo sono…».
Al rimprovero di non essere uno storico di formazione, Vincent Reynouard ha portato l’esempio di Jean-Claude Pressac, elogiato fino alle stelle nel 1993 da tutta la stampa per la sua opera “Les crématoires d’Auschwitz”, che avrebbe dovuto «mettere a tacere i revisionisti» fornendo la «prova definitiva» dell’esistenza delle camere a gas omicide. «Ebbene!», ha detto, «Jean-Claude Pressac non era uno storico, ma un farmacista».
In risposta alle accuse di antisemitismo, l’imputato ha citato diversi estratti di video pubblicati a partire dal 2015, nei quali spiega la sua “giudeo-indifferenza”, di cui è l’unico responsabile.
Ha aggiunto: «D’altra parte, sono accusato di spiegare l’emergere del mito delle camere a gas con un complotto ebraico. Al contrario, ho sempre spiegato che, in questa vicenda, gli ebrei hanno avuto un ruolo secondario. La responsabilità degli Alleati è stata schiacciante. Sono stati loro che hanno sfruttato dei rumori per giustificare la loro crociata di annientamento del Terzo Reich e per nascondere i loro crimini di guerra. I sionisti hanno solo sfruttato una situazione che non hanno creato.
Ma è un fatto: dal 1944, hanno usato la propaganda alleata per giustificare la creazione e il mantenimento di Israele». Vincent Reynouard ha poi citato autori sionisti, tra cui lo stesso Chaïm Weizmann. Ha concluso: «Non credo che un complotto ebraico o di altro tipo governerebbe il mondo. Il mondo è troppo complesso per questo…».
“Infine – afferma Rivarol – in risposta alle accuse di contribuire all’aumento degli atti antisemiti, Vincent Reynouard, anche se purtroppo bisogna deplorare la sua evoluzione sul piano filosofico-religioso, con la sua adesione al buddismo, ha dato il colpo di grazia, ristabilendo due fatti ampiamente passati sotto silenzio dall’accusa:
Dopo trent’anni che egli diffonde il revisionismo, non è stato possibile attribuirgli, direttamente o no, nessun atto giudicato antisemita.
La crescita dell’antisemitismo in Francia si spiega con gli avvenimenti nel Vicino Oriente, ben più efficaci dei suoi video o dei suoi articoli per generare degli atti o delle affermazioni ostili agli ebrei”.
Ha poi citato un recente sondaggio dell’IFOP, che ha interrogato i membri della comunità ebraica sulle cause dell’aumento dell’antisemitismo: «I risultati sono eloquenti», ha detto. «Il 73% degli ebrei interpellati pensano che l’aumento dell’antisemitismo sia dovuto al rifiuto, all’odio verso Israele; il 56% alle “idee islamiste”, il 42% alle “idee di estrema sinistra” e solo il 10% a quelle dell’estrema destra. Questa è la prova che Vincent Reynouard non esercita nessun ruolo nell’aumento dell’antisemitismo. D’altronde, le parti civili mi accusano senza nessuna prova».
Vincent Reynouard ha così concluso: «Io chiedo un dibattito. Per questo dibattito, ci si recherà a Birkenau, sul tetto della “camera a gas” del crematorio 2, e si osserverà se ci sono dei fori, mediante i quali le SS avrebbero versato lo Zyklon B». Mentre l’imputato tornava tranquillamente al suo posto, il Presidente del Tribunale ha annunciato che la sentenza verrà pronunciata il venerdì 11 luglio 2025 alle ore 13 e 30. Sarà memorabile.
[1] Henri Marion, Leçons de Morale, Paris, Armand Colin, 1882, p. 240.
[2] Articolo 26 dello statuto del Tribunale militare internazionale.
[3] TMI, serie blu, vol. XIX, p. 415.
[4] Le Monde, 21 febbraio 1979, p. 23.