L’appello a Ignazio La Russa lanciato da quattro colleghi, impegnati da anni nella ricerca della verità sulla Strage di Bologna, ovviamente, resterà senza risposta. L’ipocrisia e la vigliaccheria morale della così detta “destra di governo” è tale da non consentire “scatti d’orgoglio” e nemmeno – come chiedono Valerio Cutonilli, Gabriele Paradisi e Paolo Pelizzaro, ai quali si è unito l’avvocato Valter Biscotti – “coerenza nell’infamia”.
Come si legge in queste ore, alcuni esponenti minori di Fratelli d’Italia polemizzano col presidente dell’associazione familiari delle vittime del 2 agosto, Paolo Bolognesi, accusandolo di “strumentalizzare politicamente” i più recenti verdetti, quelli emessi al termine dei processi a carico di Gilberto Cavallini e Paolo Bellini. Mai come in questa occasione, però, l’accusa contro il noto esponente dei Ds di Bologna è infondata: egli, infatti, si limita – per quanto coi toni sgradevolissimi che gli sono abituali – a trarre le logiche conseguenze di quei due enunciati della magistratura che, grosso modo, attestano esattamente ciò che egli ripete in ogni dove.
Bolognesi non strumentalizza alcunché: sono stati i giudici di Bologna e della Cassazione a scrivere una delle pagine – anzi, per la verità, 6000 e passa – più vergognose della storia giudiziaria italiana. E il rispetto che è dovuto, in uno stato di diritto, per gli esiti definitivi di un processo, non impone certo né di condividerne il risultato e men che meno le motivazioni, con cui è stata comminata una condanna o accordata un’assoluzione. I giudici sono uomini e possono sbagliare, anche se il loro errore non sempre è sanzionabile.
Di contro, Fratelli d’Italia ha deciso di condividerne l’impianto fondamentale del teorema che è stato elaborato – lungo l’arco di 40 anni e passa -, nelle aule di giustizia nostrane e che pretende di certificare la “matrice fascista” della Strage di Bologna. Anzi, di più: la collaborazione del Movimento sociale – il cui simbolo accampa in quello del partito di Giorgia Meloni – all’ideazione dell’attentato e alla protezione degli esecutori. Dunque, dove sarebbe la strumentalizzazione da parte di Bolognesi? Semmai, come sostiene l’esponente del Pd, è per lo meno grottesco che la premier, se è convinta come il presidente del Senato, di questa tremenda verità, agghindi la confezione del suo prodotto elettorale con quello che non potrebbe che essere, allora, un “marchio d’infamia”.
Per altro, a questo punto, anche chi non crede ai magistrati, anche chi ha mille ragioni per non credere – anzi, per sapere – come il Msi e nemmeno l’eversione “nera” abbia avuto niente a spartire col terrorismo stragista, preferirebbe che la Meloni, La Russa e Galeazzo Bignami – cioè, i vertici di Fd’I – rinunciassero a quel simbolo, il cui onore non hanno né voluto né saputo difendere, accontentandosi di spolparne le risorse ideali, politiche ed elettorali, quando, nel loro orizzonte, c’era solo il ritorno alla vita privata.
Per fortuna, almeno buona parte dell’opinione pubblica, in verità, non è così convinta di quanto i giudici hanno voluto – per usare l’espressione cara a Bolognesi – “scolpire” con le sentenze. Proprio coloro che ancora s’impegnano nella battaglia per la verità su quell’eccidio e su tutto ciò che è accaduto negli “Anni di piombo” – eroicamente, questo punto bisogna dire così – lo sanno meglio di chiunque altro. Tantissime, infatti, sono le testimonianze di stima e di solidarietà per questo gravoso impegno che si manifestano al loro indirizzo, anche da persone lontanissime da loro, sul piano politico e intellettuale. Solo gli ex “camerati” – e bisogna definirli così, con questa etichetta, con cui pretendevano di essere appellati proprio quei politici che oggi si prostrano alla narrazione dei loro avversari, quando avevano bisogno delle preferenze e dei voti per assicurarsi un qualsiasi seggio – hanno voltato le spalle ai ricercatori, ai giornalisti investigativi, ai saggisti che hanno ricostruito esattamente l’humus e la dinamica terroristica, da cui originò la Strage di Bologna. E sarebbe stato sufficiente assicurare anche solo a uno di questi una “comparsata” televisiva, in uno dei tenti programmi di “prime time”, per illustrare, per esempio, la storia di “ignota 86”, per demolire fin dalle fondamenta le menzogne contenute nelle ultime due sentenze. Invece…
Non si è trovato nemmeno un parlamentare, tra i tanti di questa destra di governo, che almeno ironizzasse sui due primi firmatari, di quei documenti che pretenderebbero di costituire non solo il supporto di una decisione processuale, ma, addirittura, una fondamentale pagina della storia italiana. Nel primo caso, quello che ha travolto Cavallini, si tratta di un magistrato, il quale, poco dopo aver emesso quel verdetto, si è dovuto addirittura dimettere dall’ordine giudiziario, prima di essere, a sua volta, travolto dalle polemiche insorte contro di lui, nella gestione del Tribunale di Ravenna. Nel secondo caso, si tratta delle convinzioni del giudice, il quale, prima di condannare Bellini, aveva dimostrato il massimo del suo acume professionale nella vicenda Scarantino, il “pentito” che ha deviato per anni le inchieste per la morte di Paolo Borsellino.
Non ostante tutta questa inevitabile amarezza, per come si sono messe le cose, la battaglia per la verità continua. Non solo sul piano giudiziario, dove è ancora possibile appellarsi alla Cedu. Ma, specialmente, sul piano intellettuale, giornalistico e storico. E non tanto e non solo per dimostrare la fallacia dei verdetti che oggi vengono sbandierati come dogmi di un’indecente fede politica e partitica della Sinistra; non solo per far emergere i veri responsabili di quegli odiosi e inumani atti di terrore; ma anche per far risaltare le responsabilità di quanti, in tutti questi decenni, hanno tramato per raggiungere un esito processuale che coprisse il proprio ruolo in tutte queste vicende di morte e di menzogna.
Sarà una battaglia del tutto esterna al Parlamento? Per forza di cose, sembra così. Sarà, quindi, una lotta ancor più improba, dura e difficile? Inevitabilmente? Sarà solo l’estremo sforzo romantico di chi è convinto che solo una “causa persa” sia degna d’esser combattuta? No! Sarà l’impegno di quanti hanno la consapevolezza che la Verità, quella con la maiuscola, “ha la testa dura”: si può percuotere quanto si vuole, ma, alla fine, prevarrà.
Mai ricordo perfettamente che all’epoca abitavo in Via Majorana a 500 metri dalla stazione e che non si era ancora posata la polvere e già si gridava alla strage fascista, senza alcuna prova. E così si è creata una narrazione quando nostri governanti cattocomunisti avevano firmato un patto con l’OLP per lasciare libero transito ad armi. munizioni ed esplosivi sul nostro territorio pur che non venissero effettuati attentati sul territorio Italiano! Ci,+ao Massimiliano ti saluto caramente.