Giovanni Mengoli, prete a Bologna e presidente del “Consorzio Gruppo Ceis”, non ha dubbi: la decisione del governo di creare nel carcere della “Dozza” una sezione di “giovani adulti” altro non sarebbe che “un dispetto politico” compiuto ai danni della città. “Noi abbiamo in città – spiega ancora questo bizzarro prelato – dei ragazzi che prima o poi usciranno, saranno stra-incazzati e non avranno nulla da perdere: quindi diventa potenzialmente una bomba esplosiva gigantesca”.
Di cosa si sta parlando? Ovviamente, di quei ragazzi condannati per vari reati, quando erano minorenni, e che, nel frattempo, sono diventati maggiorenni. Detenuti che, vista la precaria situazione dell’apposita struttura di via del Pratello, sono stati fatti trasferire nella casa circondariale ordinaria, all’interno di una sezione allestita appositamente per loro.
La questione ha sollevato un vespaio, agitato dalla Sinistra, che paventa il rischio che, mescolati agli adulti, questi giovani, praticamente tutti stranieri, possano ancor più radicarsi nelle pratiche criminali.
Mengoli lamenta, come sempre, in questi casi, la mancanza di risorse per creare percorsi alternativi alla prigionia, per questa categoria di carcerati, per favorirne “l’integrazione dopo la detenzione”. Risorse importanti, visto che si tratterebbe – sono sempre ragionamenti del prete – di trovare a queste persone una casa, un lavoro, assistendoli nel periodo necessario a un loro pieno recupero. Non solo: servirebbe anche una struttura – gestita da “volontari” come quelli di cui già si avvalgono organizzazioni come la sua – per la formazione, magari in regime di “affidamento” e fuori dalle celle. C’è un problema, però, e lo spiega sempre questo sacerdote “impegnato nel sociale”: “Noi abbiamo delle comunità che lavorano sulle misure alternative al carcere, ma se fai una comunità dove sono tutti tunisini ed egiziani non riesci a lavorare perché si coalizzano tra loro. Certi legami e certe relazioni sono davvero difficili da rompere. Se presi singolarmente, questi ragazzi hanno tutti storie che a me fanno pena, ma quando sono in gruppo si spalleggiano l’un l’altro e questo lo si vede in città”.
Non è problema di poco momento, perché gli ex-minorenni di cui si parla sono quasi tutti tunisini ed egiziani.
Proprio questo aspetto, però, dovrebbe illuminare la soluzione: se si tratta di ex-minorenni non accompagnati, i quali hanno commesso reati non certo lievi, se puniti con la detenzione inframuraria, dato che sono diventati adulti, dovrebbero essere semplicemente rispediti in Egitto e in Tunisia.
Non è grottesco che a Bologna, dove mancano le case anche per chi un lavoro ce l’avrebbe – proprio in questi giorni si parla diffusamente del problema dei medici e dei paramedici che non vogliono venire a lavorare sotto le Due Torri, causa il costo degli appartamenti -, un prete pretenda che ci si preoccupi di trovare alloggio a chi, in tutta coscienza, dovrebbe essere senza esitazioni rispedito nel proprio paese a calci nel sedere?
Quale mal interpretato spirito di misericordia e di carità fanno insorgere questi ragionamenti stupidi e immorali, secondo cui una nazione che già versa in condizioni economiche e sociali non rosee, dovrebbe prendersi cura non solo di chi è immigrato illegalmente entro i suoi confini, ma, una volta accolto, curato e nutrito, ha usato questa generosa opportunità per delinquere?
Il sacerdote – con espressione certamente tratta dal Vangelo – amnmonisce circa il fatto che, comportandosi nei loro confronti diversamente da come lui suggerisce, questi tunisini e questi egiziani saranno “stra-incazzati”; ebbene, Mengoli è bene che sappia che sono molti, ma molti di più i cittadini “super-incazzati” nel sapere quanti soldi sono stati spesi per permettere a questi immigrati di venire a delinquere in Italia, come se di delinquenti non ne avessimo già abbastanza; nell’apprendere che si dovrebbero spendere altri soldi per “integrarli” anche da adulti; nel constatare che da questo Paese non si viene espulsi nemmeno quando si commettono crimini!
Come ha detto lo stesso sindaco, strumentalmente, non c’è dubbio, ma l’ha detto, ormai esiste un solo problema, per fronteggiare una certa e ampia aliquota di delinquenti che infestano le nostre città: rimuovere tutti gli ostacoli normativi che permettono a certi magistrati – perché alla fine della catena ci sono loro, i “togati” – di rimpatriare subito coloro che hanno confuso l’Italia col paradiso dell’impunità.