Il mondo posticcio dei “social” e del “web” ha reso l’espressione negativa, ma se qualcuno ha meritato – in senso elogiativo – l’appellativo di “leone della tastiera” è stato certamente Teo Ciavarella. Naturalmente, si parla della tastiera del pianoforte, non del computer.
Nato a San Marco in Lamis, paesino del Gargano, Ciavarella aveva scelto bologna come patria d’adozione e come luogo dove coltivare il suo immenso talento musicale.
La biografia professionale di Teo è densa di pagine importanti, in cui si racconta un’infinita sequela di collaborazioni di prestigio. Dal Jazz alla musica leggera, non si contano gli artisti di fama nazionale e internazionale che lo hanno voluto sul loro palco, non trascurando anche l’esecuzione a livelli altissimi anche della “classica”. Qualche nome tra i tanti: Jerry Mulligan, Paolo Fresu, Hiram Bullock, Antonello Salis, Cheryl Porter, Roy Paci , Fabrizio Bosso, Dhafer Youssef, Daniele Scannapieco, Stefano Di Battista, Henghel Gualdi, la Doctor Dixie Jazz Band di Nardo Giardina, il cantante lirico Ruggero Raimondi, i flautisti Giorgio Zagnoni e Andrea Griminelli, i poeti Roberto Mussapi e Davide Rondoni, Lucio Dalla, Renzo Arbore, Pupi Avati, Claudio Baglioni, Paolo Conte, Vinicio Capossela, Paolo Rossi, Francesco Baccini, Alfio Antico, Roberto Freak Antoni.
Importante anche la sua attività di docente, a partire, ovviamente, dal celeberrimo “Conservatorio Giovanni Battisti Martini” di Bologna. Nonché le direzioni dell’Orchestra da Camera di Bologna e dell’Orchestra Sinfonica Umberto Giordano di Foggia.
Colpito da una malattia oncologica rara che, alla fine, lo ha ghermito, Ciavarella ha vissuto anche questa esperienza di sofferenza come un momento di creatività, cercando principalmente nella musica la forza per affrontare la malattia e lenire il dolore. Costretto a frequentare il Sant’Orsola per curarsi, avendovi trovato un pianoforte, si è esibito più volte per i pazienti ricoverati o, come lui, in visita, per trasformare in liete quelle ore di tristezza.
Oggi, dunque, è un giorno di lutto non solo per l’intera comunità artistica bolognese, ma per tutta la città che perde uno dei suoi rappresentanti più eclettici e raffinati.