PERCHE’ NOI CONTRORIVOLUZIONARI USIAMO SPESSO IL CUORE DELLA VANDEA?
di Matteo Castagna
Molti gruppi controrivoluzionari d’ambiente tradizionalista e conservatore utilizzano come simbolo del loro movimento o nelle pubbliche manifestazioni il Cuore della Vandea, ossia un cuore con una croce sovrastante di colore rosso sangue su sfondo bianco.
Il Circolo Christus Rex-Traditio, che ho fondato e di cui sono responsabile, lo scelse fin da subito come emblema dello spirito militante che affonda le radici storiche e ideali nella resistenza del marzo 1793 che in quell’area della Francia coinvolse il popolo contro la Rivoluzione francese, in nome della religione cattolica, della difesa degli Stati tradizionali e dell’identità socioeconomica corporativa, distrutti dai liberali giacobini.
A distanza di 302 anni, la lotta per la Verità e per la Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo è ancora attuale, sempre a causa dei liberali, dell’ideologia massonica, dell’ideologia social-comunista, del progressismo, declinato in ogni ambito della vita privata e pubblica, che in questi tre secoli si sono rafforzati, occupando anche i Sacri Palazzi, ridisegnando la religione cattolica, distruggendo il senso della Tradizione, la morale e la comune mentalità.
Il genocidio vandeano
Lo storico francese Reynald Secher è l’autore dei virgolettati che seguono, pubblicati meritoriamente dalla casa editrice Effedieffe nel 1991 nel testo: «Il genocidio vandeano» e in «La guerra della Vandea e il sistema di spopolamento», scritto dal rivoluzionario ma storico obiettivo Graccus Babeuf.
La Vandea è un territorio che si trova nel Nord-Ovest della Francia. I suoi abitanti, per lo più contadini, nel 1793 si ribellarono al Direttorio parigino e all’esercito repubblicano francese. Fu una guerra che durò ben tre anni.
«La Vandea militare […] diviene simbolo della resistenza ostinata alle istanze rivoluzionarie […] Per i repubblicani, infatti, i vandeani sono selvaggi manipolati dal clero e dai loro antichi signori feudali. Per gli avversari della repubblica sono invece i crociati dei tempi moderni». (M. Sanfilippo, La Vandea: alle origini di un mito antiliberale, in Storia e Dossier, n. 92, marzo 1995).
Le misure del governo parigino
Quando il governo rivoluzionario parigino cominciò ad imporre misure amministrative molto rigide, aumento delle tasse, introduzione della leva obbligatoria, nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, soppressione degli ordini religiosi, sostituzione della religione cattolica con il culto dell’Essere Supremo e della dea Ragione, concretizzando l’ odio anticristiano, presero le armi, in nome di principi supremi e considerati, giustamente, intoccabili, sia sul piano della Fede che sul piano temporale della concezione tradizionale del potere.
Ai contadini si aggregarono artigiani, nobili di campagna e coraggiosi preti refrattari, costretti dalla repressione a celebrare Messe “clandestine” nei boschi, nelle grotte e in rifugi improvvisati. Come i nostri sacerdoti, che per la persecuzione modernista, non possono celebrare l’unica forma dell’unico rito cattolico romano, di fronte ad altari maestosi nelle Basiliche e chiese della grande civiltà cristiana. Ma, come diceva S. Atanasio: “loro hanno le chiese, noi abbiamo la Fede”.
La regione della Vandea aveva ricevuto la grande grazia della predicazione tradizionale e di altissimo livello tomista, mariano e mistico di San Luigi Grignon de Montfort.
La costituzione civile del clero
La reazione popolare è nata dalla “Costituzione civile” del clero, con cui il governo rivoluzionario voleva controllare gli ecclesiastici, tentando di far nascere una Chiesa nazionale francese, sottomessa, evidentemente, alla contro-tradizione dei principi liberal massonici dei nuovi governanti. Il giuramento di fedeltà al governo, un po’ come nella Cina comunista, serviva a differenziare i “buoni”, ossia gli allineati alla Rivoluzione, da chi si opponeva al regime.
I protagonisti di questa costituzione furono i vescovi Charles de Loménie e Henri Gregoire, amico dei sanculotti, che riceveva finanziamenti per comprare le note picche, da usare per massacrare tanti sacerdoti confratelli. In periodi più recenti, furono altri alti ed altissimi prelati a consegnare ai sovietici i nomi dei preti da andare a catturare, torturare ed uccidere, nell’Europa dell’est, come hanno testimoniato alcuni scritti di don Luigi Villa e non solo.
«Il rifiuto della gran parte dei sacerdoti di prestare giuramento e di rompere, quindi, la comunione con la Santa Sede, fece, di fatto, fallire il progetto della Chiesa nazionale, che costituì comunque un elemento importante del tentativo di operare la completa s-cristianizzazione della nazione. I sacerdoti che si rifiutarono di giurare fedeltà al governo rivoluzionario, i cosiddetti preti “refractaires”, vennero sistematicamente perseguitati, imprigionati o deportati e assieme a loro subiva vessazioni il popolo che ampiamente li sosteneva». (Vandea e Messico. La fede è il dono più prezioso, Edizioni Centro Grafico Stampa, Bergamo).
Il divieto del culto
Successivamente il culto venne vietato, Gesù Cristo venne messo fuorilegge. Le croci, le immagini, le feste e tutti gli oggetti devozionali vennero rimossi. Il cattolicesimo romano venne effettivamente, completamente messo fuori legge. La storia dovrebbe essere “magistra vitae” e quanto avvenne tre secoli fa dovrebbe tornare alla mente, nella situazione contemporanea, quando il laicismo di stato consente misure restrittive, in nome, magari, del rispetto per tutti, ma non per il Messia, Seconda Persona della Santissima Trinità.
Nella rivoluzionaria dichiarazione “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II (1962-1965, durato sempre tre anni, come la guerra di Vandea, ma per codificare la rivoluzione religiosa!) che, come fu detto dal Card. Suenens, fu il “1789 della Chiesa” Cattolica, si insegna ad avere la stessa tolleranza dell’errore che proveniva dalle logge, cui i cattolici vandeani si ribellarono, dando la vita.
Il regicidio
La decapitazione, il 21 gennaio 1793, di Luigi XVI, re di Francia, fu concepita come il definitivo taglio con la Tradizione. Quando, proprio in questi giorni, fra il 12 e il 15 marzo del 1793, la Convenzione di Parigi impose il reclutamento obbligatorio per la guerra contro il re di Boemia ed Ungheria, la popolazione non accettò le ricadute sui ceti medio-bassi, per conflitti ingiusti, in nome dei principi della Rivoluzione.
Pertanto, «i vandeani fedeli alla Chiesa cattolica, devoti al re e riottosi a combattere una guerra di aggressione, dovendo per questo pure abbandonare le famiglie e i campi, non fecero attendere la propria reazione contro quella rivoluzione, che il filosofo conservatore irlandese Edmund Burke descrisse come prodigio del sacrilegio».
Il 10 e 11 Marzo 1793
Tra il 10 e l’11 marzo, l’intera Vandea insorse, al suono a martello delle campane delle chiese, che richiamavano gli uomini alla guerra. Inizialmente, insorsero le persone umili e i contadini, ma non i nobili e il clero, nonostante fossero stati spogliati dei loro beni e della loro autorità. «I contadini, infatti, dovettero a lungo pregare i nobili affinché si ponessero alla loro testa per guidarli in battaglia, forti della loro perizia e dell’istruzione militare appresa nelle scuole per ufficiali dell’Antico Regime». Non furono solo i nobili a guidare i vandeani.
Molti erano appartenenti ai ceti più bassi, come Jaques Cathelineau, un venditore ambulante. Ben presto il simbolo dei contadini vandeani cucito sulle vesti divenne un pezzo di stoffa bianca sulla quale fu cucito un cuore rosso sormontato da una croce: il Sacro Cuore di Gesù. Nacque l’Armata cattolica e reale, schierata contro i soldati della repubblica francese.
Seppur non in armi, i cattolici contro-rivoluzionari e i sacerdoti tradizionalisti di oggi sono gli eredi storici, spirituali, politici, ideali di quell’ Armata cattolica, che difese la Verità e la Religione, disposta anche al martirio. Le forze della Luce combattono le forze delle tenebre, poiché, essendo agli antipodi, sono inconciliabili, ieri come oggi. Cathelineau aveva ordinato di iniziare la marcia e la battaglia intonando con i suoi uomini, il “Vexilla Regis”, canto della tradizione liturgica cattolica, e alla fine delle battaglie, si ringraziava il Signore con il canto del “Te Deum”.
Pour Dieu et le Roi!
Cathelineau, per la sua pietà religiosa, era soprannominato “le saint de l’Anjou”.La guerra condotta dai vandeani, al grido di battaglia “Pour Dieu et le Roi!” si compose di vittorie e di sconfitte. Tra i valorosi capi vandeani ricordiamo Lescure, Bonchamps, Charette, D’Elbee, Stofflet, Cadoudal, il giovane Henri de la Rochejaquelein. Tutti si sono distinti in battaglia contro le truppe rivoluzionarie, chiamate “Colonnes Infernales” coordinate dal comandante in capo Louis-Marie Turreau, che voleva trasformare la Vandea in un «cimitero nazionale».
Turreau, verso la fine della guerra, scrisse al Comitato di Salute Pubblica: « […] entro quindici giorni non esisteranno più in Vandea né case, né viveri, né armi, né abitanti all’infuori di quelli che, nascosti nella profondità delle foreste, saranno riusciti a sfuggire alle più scrupolose perquisizioni».
Gli orrori giacobini
Il generale Grignon si vantò, in rapporti militari ufficiali, dei risultati ottenuti dalla Colonne da lui capitanata, che uccideva quotidianamente «circa duemila fra vecchi, uomini, donne e bambini». Ad Angers, le vittime dei “liberali” furono scuoiate per farne delle culottes, dei pantaloni, per ufficiali. A Clisson, il 5 aprile del 1794, i soldati del generale Crouzat bruciarono circa 150 donne per estrarre del grasso con il quale ungere le ruote dei carri. Furono varate due leggi che prevedevano la distruzione totale della regione insorta e lo sterminio completo della popolazione.
Ne faranno le spese soprattutto le donne, definite brutalmente “solchi riproduttori”, e i bambini, chiamati con disprezzo “futuri briganti”. Ogni mezzo venne impiegato per decimare gli insorti anche mediante il fracassamento delle teste con i calci dei fucili, con le sciabole e le ghigliottine. Questi furono i metodi degli avi dei Rivoluzionari giacobini e liberali della modernità e della post-modernità, che in molti casi, non si distinguono da loro, neppure per ferocia e barbarie disumana, ammantandosi di belle parole, come libertà, uguaglianza e fratellanza universale o sproloquiando di presunti “diritti umani”, ma solo a senso unico.
Il genocidio
Con questi studi, Secher ha potuto «definire il massacro vandeano nei termini di un vero e proprio “genocidio”, in quanto azione premeditata e scientificamente realizzata: ne ha recuperato le prove documentarie, gli ordini di sterminio inviati a Parigi (e conservati negli scrupolosi archivi storici militari francesi) nonché gli elenchi delle vittime nei registri parrocchiali» e la pagò con una democratica espulsione da scuola e divieto d’insegnamento.
I mandanti furono la Convenzione e Maximilien Robespierre. L’altro capo vandeano tra i più conosciuti è il marchese Henri de la Rochejaquelein, probabilmente il simbolo della rivolta vandeana. È un ragazzo ha vent’anni, lo troviamo a capo di oltre duemila persone, tutti giovani, dai 18 ai 25 anni. In Henri hanno scoperto questo giovane capo dall’anima di fuoco, alto ed abbondanti capelli biondo cenere.
L’Esempio
Ancora oggi, dopo tre secoli, entusiasma i giovani di tanti Paesi. Henri coinvolse molti giovani nella lotta e fu sempre in prima fila, esponendosi da vero ardito, con una audacia eroica. Profondamente religioso, alla fine di ogni vittoria, ringraziava Dio del successo. Ai suoi giovani combattenti diceva: «Io non vi chiedo che una cosa, di seguirmi. Là dove vi è del pericolo, voi mi troverete sempre». Sia esempio, aggiornato, per i giovani militanti controrivoluzionari del nostro tempo.
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