Non di speranza si avrà bisogno nella gioiosissima dimora eterna che attende i fedeli, e nemmeno di fede: inutile la prima virtù perché tutto ciò che speravamo si è compiuto, inutile la seconda perché tutto ciò che credevamo, sarà manifesto.
Solo l’Amore, cioè la Carità, resterà.
La carità non è mero sentimento: è l’amore che si esplicita dalla fonte prima, cioè da Dio.
L’ateo non può amare il prossimo se non nell’accezione più superficiale, cioè quella biecamente sentimentaloide, in quanto non ama Dio: se la fonte è secca, l’acqua non sgorga e ciò che viene interpretato come acqua altro non è che un miraggio che, quando dovrà dissetare, si svelerà per l’imbroglio che è.
L’ateo e l’eretico tradiscono il precetto dell’Amore: il primo non è capace di vero amore avendo rinnegato la fonte, il secondo non può amare rettamente abbeverandosi ad una fonte avvelenata.
Se al primo è totalmente precluso l’amore, il secondo ama male, parzialmente, erroneamente.
Sbaglia la Chiesa di oggi che esalta la virtù della Carità a scapito delle altre due.
L’amore per il prossimo si regge sull’Amore verso Dio, ma amare Dio significa conoscerLo (anche se parzialmente), conoscerLo non si può se non dopo aver abbracciato la retta Fede senza la quale non si è nemmeno in grado di sperare.
La Carità, dunque, trova il suo fondamento nella Fede e nella Speranza: senza la prima è inesistente, senza la seconda è cieca.
L’aver esageratamente parlato di amore e di carità (minuscole!) senza un fermo, profondo ancoraggio ad una saldissima Fede ha fatto sì che troppi fedeli siano caduti nel male dell’eresia e della blasfemia accostandosi, ad esempio, alla Comunione, senza essersi confessati o rimanendo in una condizione di vita peccaminosa proprio in nome di quell’amore mal interpretato ( a causa di una pessima divulgazione!) che si vorrebbe porre addirittura al di sopra delle altre due virtù e della intera dottrina.
Come sempre nella fede cattolica “tutto si tiene”, ma appena si sposta un solo iota, tutto cade!
È per questo che non si può essere “un po’” cattolici senza mettersi nella via dell’eresia e nemmeno ci si può dire cattolici “a modo proprio” senza finire mani e piedi nel protestantesimo.
Irma Trombetta
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