Il nuovo Pontefice della Chiesa cattolica ha scelto di chiamarsi Leone. Robert Francis Prevost – il cui cognome suona come una variante di prevosto: nomen omen – è il 267° vescovo di Roma e il 14° Papa ad assumere questo nome.
Se la scelta di farsi chiamare in questo modo deve trovare un significato nei trascorsi della storia della Chiesa, alcuni dei predecessori a cui sembra ispirarsi questo agostiniano americano sono giganteschi. A partire da quel Leone Magno, il primo, a cui storia e leggenda attribuiscono il merito di aver fermato Attila alle porte della Città santa. Quel guerriero che veniva da Est, con le sue orde, e che fu fermato non con le armi, ma con la persuasione di poter tutti vivere in un mondo migliore. Insieme.
Che si possa leggere l’intenzione, da parte di Leone XIV, di promuovere un altro modo di confrontarsi con la Russia di Vladimir Putin, diverso dal conflitto armato propugnato dai burocrati di Bruxelles? Più in linea, per altro, con le mai nascoste intenzioni del suo ormai ex-presidente, Donald Trump?
Poi, un secolo e mezzo dopo, venne Leone II, a cui si deve la definitiva imposizione della centralità della cattedra di Roma sulle altre sedi vescovili, a partire da Ravenna, quindi, marcando una differenza – e una supremazia – tra i poteri spirituali e temporali.
Ancora quasi quattro secoli e, sul trono di Pietro, siede un nuovo Leone, il terzo, che incoronerà Carlo Magno nella notte di Natale dell’anno 800, edificando, di fatto, il Sacro romano impero.
Nell’847, Leone IV fu quello che rialzò Roma, anche fisicamente, dai disastri saraceni dell’anno precedente.
Gli altri Leone medievali – il V, il VI, il VII, l’VIII – furono protagonisti di vicende in chiaro-scuro, in linea coi tempi perigliosi in cui vissero e regnarono, fino al Leone IX, a cui si deve anche l’inizio delle tensioni che portarono allo Scisma con la Chiesa orientale.
Di Leone X – Giovanni de’ Medici, secondogenito di Lorenzo Magnifico – si ricordano tante cose, non tutte positive, ma certamente fu un raffinato interprete di quell’Umanesimo che è gloria e vanto della storia italiana. Dalla stessa, celeberrima famiglia fiorentina provenne Leone XI, il quale, però, mise fine proprio alle pratiche nepotiste che avevano caratterizzato i suoi predecessori, Leone X compreso.
Di Leone XII, poi, si ricorda, oltre il fatto di aver celebrato l’unico anno giubilare regolare del XIX° secolo (1825) – e il nuovo Papa è stato eletto in anno di Giubileo -, l’aver riformato le scuole e le università cattoliche, contrastando le influenze secolari della massoneria, all’epoca perniciose anche in materia teologica.
Infine, un altro Leone Magno, il XIII, quello a cui si deve la Rerum novarum, prima enciclica “sociale”, con cui papa Pecci mise in chiaro, tra le altre cose, che la Carità cristiana e la giustizia divina sono cose del tutto differenti dal Socialismo, prendendo le debite distanze, però, anche dal Capitalismo che disumanizzava i rapporti umani.
Dunque, non resta che aspettare le prime azioni pastorali e dottrinali di Leone XIV, per capire le ragione di questo nome che si è voluto imporre.