Una bella cagnolona di 9 anni da 8 in canile a cui la burocrazia ha negato una famiglia. E quei 200 cani che rischiano la stessa sorte.
Il grido d’allarme dell’associazioni animaliste con Alfa OdV e Save the Dogs in testa.
La dolce Ofelia avrebbe trascorso gli ultimi mesi della sua esistenza circondata dall’affetto di una famiglia, dopo una vita intera passata dietro le sbarre del box di un canile.
Lei, cagnolona nata nel 2016, 50 chili di peso e una stazza che non passava certo inosservata sotto un mantello tricolore, ha ricevuto abbondanti dosi di amore e attenzione dagli operatori e dai volontari che l’hanno accudita nel corso degli anni – è stata abbandonata nel 2017, quando ancora era cucciola -, ma non ha mai avuto modo di godere del calore di mura domestiche, di respirare l’atmosfera di una vera casa.
Quel momento era previsto che arrivasse anche per lei. Ofelia era l’adozione del cuore per antonomasia. E sarebbe diventata anche la storia a lieto fine per antonomasia, quella che avrebbe dato un senso all’attività di tante persone che lavorano o svolgono volontariato nei canili.
Ma questa storia ci tocca raccontarla tutta al condizionale passato. Perché le cose sono andate molto diversamente.
Colpa della burocrazia, di nuove norme che rendono più difficili le adozioni internazionali, che ostacolano l’attività delle associazioni e che hanno finito col mettere moltissimi altri animali nelle stesse condizioni di Ofelia. Per loro forse qualcosa si potrà sperare di fare.
Per Ofelia no, perché nel frattempo è morta, lo scorso dicembre. Aveva solo 8 anni. Avrebbe potuto spegnersi tra le braccia e le carezze dei suoi nuovi amici, una coppia che vive nella regione del Baden-Württemberg, in Germania, che si era innamorata di lei e che aveva deciso di accoglierla in famiglia.
Tutto era già pronto da ottobre: i controlli preaffido erano stati effettuati, i sopralluoghi all’abitazione di destinazione pure. Ma le carte bollate hanno rinviato ad oltranza quel momento. Poi per Ofelia il tempo è finito. Niente carezze, niente calore.
Si è spenta da sola. E l’ultima cosa che i suoi occhi hanno visto sono stati, come sempre, le sbarre del suo box. Quella di Ofelia è la storia di tanti cani che dal giugno del 2024 non possono essere affidati a famiglie che vivono al di fuori del territorio italiano.
È l’effetto dell’entrata in vigore di nuove norme che recepiscono il regolamento europeo del 2016 sulla movimentazione degli animali in ambito Ue. La cui applicazione, in Italia, è stata aggravata da passaggi burocratici che hanno tarpato le ali ai gruppi che si occupano di adozioni internazionali.
Gli adempimenti richiesti sono molti, molto tecnici e di non facile attuazione. Senza entrare troppo nello specifico – perché la questione si basa sull’interpretazione e l’applicazione dei dispositivi di norme di diversa provenienza e sui compiti che ne derivano per le autorità sanitarie a vari livelli -, viene richiesta alle strutture documentazione (tra cui un “manuale gestionale e delle procedure operative”, che già solo nella definizione promette complicazioni) che non era mai stata chiesta in precedenza ma che ora è diventata vincolante per l’assegnazione del «riconoscimento» ufficiale che consente di operare.
La comunicazione delle nuove regole dal livello centrale a quello periferico è poi partita tardi – il regolamento è in vigore dal 2022 ma fino a giugno 2024 non se ne è praticamente parlato in modo fattivo – e le stesse Asl hanno incertezze sul come operare.
La lentezza della macchina amministrativa ha lasciato poco tempo ai rifugi per mettersi in regola, con il risultato che in molte regioni italiane ad oggi non esiste alcuna struttura riconosciuta. E con la conseguenza che i cani che potrebbero essere accolti da nuove famiglie, con loro grande beneficio ma anche per le casse degli enti pubblici che li devono mantenere, non abbandonano le loro gabbie.
Per questo un gruppo di associazioni, guidato da Alfa OdV e Save the Dogs, ha avviato una mobilitazione a vari livelli per chiedere di porre rimedio a questa situazione.
Come? Con il rilascio di un «riconoscimento condizionato», già previsto dal regolamento europeo da cui tutto è partito, che consenta ai canili di procedere con le adozioni già incardinate, dando loro il tempo per adeguarsi ai nuovi adempimenti e alle Asl di effettuare i sopralluoghi previsti per il riconoscimento definitivo. Ma nessuna Asl ha fino ad ora rilasciato nemmeno riconoscimenti condizionati, proprio perché sembra non esserci chiarezza in materia e neppure molta voglia di vederci chiaro.
Di qui la richiesta di un intervento diretto del ministero della Salute affinché solleciti tutti gli enti intermedi e periferici. Ci sono stati già contatti formali con il ministero – avviati dagli avvocati di Alfa Odv che hanno coinvolto nell’istanza anche Save The Dogs, Kronos, Lida Olbia, Emergency Europe Salva un Cane, Animalia Amo International, Amore Randagio, Cuore di Cane, Maidasoli, Amico Mio – ma non hanno dato esito positivo. Nessuna proroga, nessuna deroga. Le associazioni chiedono che ci sia almeno una comunicazione chiara che impegni le Regioni e le Asl.
E che si tenga conto dell’attività pregressa, rilasciando il riconoscimento condizionato almeno a quelle strutture che già operavano sul fronte internazionale e che hanno sempre rispettato le procedure e superato i controlli delle Asl. Ma al momento l’appello è stato raccolto solo in parte dal Consiglio regionale del Lazio, che ha approvato una proposta di legge che impegna la Regione ad agire in tal senso.
C’è poi un’altra richiesta che viene avanzata: che la domanda di riconoscimento non sia a discrezione dei responsabili dei canili, ma che diventi obbligatoria per tutti i rifugi che ospitano cani «pubblici», ovvero i randagi recuperati e gli animali affidati in regime di canile sanitario, che si tratti di strutture effettivamente pubbliche o private convenzionate.
Questo per evitare il rischio che tra le seconde ce ne possa essere qualcuna interessata più a mantenere i cani a lungo presso di sé – per continuare ad attingere ai contributi dei Comuni, che pagano contributi giornalieri per gli animali accalappiati nei loro territori – che non a svuotare le gabbie, principio che anima invece associazioni e volontari. E che questa inerzia contribuisca a mantenere l’impasse amministrativa.
L’obbligo sarebbe di fatto una sollecitazione anche per le Asl per avviare il meccanismo rimasto a lungo bloccato. A questo punto ci si potrebbe chiedere perché siano così importanti le adozioni internazionali.
“È una questione di numeri – spiega Laura Clementoni, responsabile dei rapporti istituzionali per Alfa OdV -. Le nazioni del centro e nord Europa hanno praticamente risolto il problema del randagismo. Non hanno cani vaganti e quindi chi vuole adottare si rivolge ad associazioni come le nostre, che operano negli Stati del sud Europa dove purtroppo il fenomeno è ancora molto diffuso”.
In Italia sono le regioni del centro-sud ad avere i canili sempre pieni, perché gli animali di strada sono molti, sono storicamente più tollerati (e di conseguenza continuano a riprodursi) e gli stessi Comuni sono spesso latitanti nelle politiche di accalappiamento e sterilizzazione.
Per questo da tempo si registra il fenomeno delle «staffette» per portare i cani nelle regioni settentrionali, che in linea con il resto d’Europa hanno livelli bassi di randagismo e sono più propense alle adozioni.
Ma anche questo non basta e quindi ci si rivolge anche al canale estero per provare a dare una casa a questo esercito trovatelli.
“Secondo le nostre stime – dice ancora Clementoni – in questo momento sono almeno 200 i cani che potrebbero lasciare il canile diretti a nuove famiglie in Europa e che invece continuano a restare nei loro box».
Tra loro potrebbero esserci altri casi come quello di Ofelia.
«Per noi ancora oggi è un pugno nello stomaco che si rinnova ogni giorno – dicono ad Alfa OdV -, una ferita che non smette di fare male. Un dolore per noi volontari che l’abbiamo accudita in canile, per la sua nuova famiglia che non l’ha mai potuta conoscere, per tutti coloro che si sono adoperati per la sua adozione e hanno visto svanire il sogno di vederla in una casa. Libera, felice e amata”
Valerio Arenare
La burocrazia ci uccide tutti, uomini ed animali