Presstv.ir ci offre un’analisi controcorrente dello statunitense Prof. John Mearsheimer, studioso di relazioni internazionali e professore di scienze politiche all’Università di Chicago, che ha dichiarato, in un’intervista con il giornalista americano Tucker Carlson, che “ciò che si sta verificando a Gaza è uno sforzo sistematico da parte di Israele per smantellare l’identità nazionale palestinese”.
Mearsheimer ha affermato che “l’entità occupante sta prendendo di mira specificamente i palestinesi come gruppo, con l’obiettivo non solo di ucciderne un gran numero, ma anche di cancellare la loro identità come popolo”.
“Gli israeliani stanno perpetrando un genocidio a Gaza” – ha affermato, senza esitazione o giri di parole.
Mearsheimer ha sottolineato che gli israeliani mirano da tempo a espellere la popolazione palestinese da quella che considerano la “Grande Israele”, che “include lo Stato di Israele creato nel 1948 e i territori occupati”.
Lo Stato di Palestina
Per questo fa un po’ sorridere chi, oggi, si spertica in proclami sul riconoscimento di uno Stato di Palestina, cui Israele non riconosce neppure i confini!
Il politologo americano ha affermato che l’occupazione israeliana ha colto al volo gli attacchi di rappresaglia palestinesi del 7 ottobre 2023, definendoli un’“eccellente opportunità per la pulizia etnica” nel territorio assediato.
“In altre parole, è un’ottima opportunità per andare in guerra a Gaza e cacciare i palestinesi da Gaza e risolvere il problema demografico che si trovano ad affrontare” – ha aggiunto.
Sottolineando che Israele ha condotto una “pulizia etnica su larga scala” nella regione, anche nel 1948 e nel 1967, Mearsheimer ha descritto l’ultima campagna di Gaza come “il terzo tentativo di una massiccia pulizia etnica”.
Ha affermato che la pulizia etnica è un argomento “di cui i sionisti hanno parlato fin dall’inizio, e ne hanno parlato ampiamente perché non c’è modo che possano creare un Grande Israele, senza attuare una massiccia pulizia etnica”.
“David Ben Gurion, Vladimir Jabotinsky e altri leader sionisti israeliani erano pienamente consapevoli che per raggiungere i loro obiettivi sarebbe stato necessario fare “cose orribili” ai palestinesi” – ha aggiunto l’illustre Prof. Mearsheimer.
Ha, poi, sottolineato che, quando una grande potenza come gli Stati Uniti ha interessi contrastanti con un altro Paese, dà priorità ai propri, seguendo un approccio “America first”. Tuttavia, per quanto riguarda Israele, è il contrario: “Israel first” – ha affermato.
La Lobby negli USA
Riferendosi alla lobby israeliana negli Stati Uniti, Mearsheimer ha affermato: “Penso che la lobby sia un gruppo di interesse incredibilmente potente, e scelgo le parole con cura. Ha un potere incredibile, e fondamentalmente è in una posizione tale da poter influenzare profondamente la politica estera statunitense in Medio Oriente… quando si tratta del Medio Oriente, e ancora una volta, della questione palestinese in particolare, ha un potere incredibile. E non c’è presidente disposto ad opporsi alla lobby”.
Il regime israeliano sta distruggendo la Striscia di Gaza, assediata dopo l’Operazione Al-Aqsa Flood del 7 ottobre 2023.
Ha ucciso almeno 60.249 palestinesi, ferendone oltre 147.000. La maggior parte delle vittime sono donne e bambini, poiché gli attacchi indiscriminati israeliani prendono di mira scuole, moschee e persino tende che ospitano i palestinesi sfollati.
Ricordiamo che anche i siti e le chiese della minoranza cristiana, con i suoi religiosi e fedeli, non sono stati risparmiati dalla devastazione, dalla morte, dalla carestia, dalla fame.
In particolare, il Reportage di RAInews.it del 31 luglio, curato dall’inviata Lucia Goracci titola: “Cisgiordania, i cristiani sotto l’attacco dei coloni: “Andarsene? Mai!” “. Raid, incendi, aggressioni. Come in tutti i territori occupati, gli abitanti cristiani di Taybeh subiscono le violenze impunite dei coloni ebraici. C’è paura, ma nessuna voglia di lasciare le loro terre.
Taybeh è l’unico insediamento totalmente cristiano della Cisgiordania, colpito più volte da aggressioni, incendi dolosi e intimidazioni violente, che i soldati israeliani non ostacolano. Nonostante la paura, i cristiani resistono, con eroica pazienza.
La religione
Le radici di tanto odio esistono e consistono nell’ancestrale concezione religiosa giudaica.
Il rapporto con l’ebraismo resta centrale per l’identità cristiana. Nella visione cattolica, gli Ebrei, popolo teologico, sono stati “scelti” per portare il mistero di Dio nella storia. La speciale “chiamata” ricevuta da Abramo e sancita nell’Alleanza mosaica trova compimento con la venuta del Messia, l’incarnazione di Dio in Gesù Cristo, che fonda nell’Eucaristia e attraverso la Croce, la “nuova ed eterna Alleanza” con l’umanità.
Con Cristo nasce il problema ebraico-cristiano, perché il “popolo eletto” non riconosce in Gesù il Messia prefigurato nelle Sacre Scritture. Ma la questione, ancor oggi all’origine del rapporto conflittuale tra gli Ebrei e gli altri popoli della terra, anche non cristiani, sta nella natura della “grandezza” di Israele: la sua “elezione” si fonda soltanto sulla discendenza “carnale” da Abramo o sulla fede di costui nella Promessa di Dio?
Nel testo “Per padre il Diavolo” (ed. Effedieffe, 2016, pag. 588, € 32,00) l’autore don Curzio Nitoglia scrive con indiscutibile scrupolo dottrinario, grazie al confronto tra teologia patristico-cattolica e autorità rabbinica, ricercando i motivi di un conflitto impossibile da sciogliere.
La fatica letteraria assume valore soprattutto nel collegarli al presente, rappresentando le ragioni di un problema che ha attraversato l’intera storia moderna e che, sul piano politico, segna l’età contemporanea, dalla fondazione del moderno Israele fino ai nostri giorni.
La teologia cattolica
Non manca, inoltre, di rilevare le contraddizioni della teologia cattolica post-conciliare in merito al rapporto con i “fratelli maggiori”, ma lascia il lettore con un auspicio che, per un cattolico, suona come speranza, anche nei confronti del popolo già accusato di deicidio: “Se accetta Cristo sarà l’elemento migliore della Chiesa.
Sarà – come spiega San Paolo – “radice dell’ulivo fruttifero: la Chiesa”. Non deve diminuire o mutare, perciò, la carità stabilita dalla tradizione cristiana come strumento di comunicazione con gli Ebrei: una carità da non intendersi come “sentimentalismo che non corregge e che lascia diritto all’errore, ma che consiste nel procurare il vero bene”.
I Cristiani dovranno seguire quel cammino, illuminato dalla Chiesa, che nel corso dei secoli ha tentato di correggere la Sinagoga che perpetrava l’errore fatto dai suoi padri. Si tratta di una carità finalizzata alla conversione del “vecchio Israele” a Cristo, che vede nel proselitismo e nella preghiera le due uniche armi spirituali donateci dalla Grazia di Dio.
Nei confronti di tutte le religioni o sette la fiducia nell’azione della Grazia santificante, che segue all’azione caritativa, ha sempre avuto un’enorme potenza nel corso della storia, con mirabili conversioni, avvenute proprio grazie all’assenza di giustificazionismo e con l’intransigenza della Verità in Cristo, che dimostrarono, ad esempio, Papa Pio IX con Edgardo Mortara, oppure San Pio X col negare a Theodor Herzl, per motivi teologici, l’accettazione del sionismo.
di Matteo Castagna
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