Nei giorni scorsi – e ancora oggi – sono tanti i “vaticanisti” che tentano di spiegare il perché non sia stato eletto, per la quarta volta consecutiva, un pontefice italiano. Ragionamenti per lo più inutili – bisogna premetterlo subito – e che dimostrano solo quanto questi opinionisti cattolici italiani assomiglino, ormai, sempre più a quelli che parlano di Calcio. Fanno finta di “essere addentro” ai meccanismi della Chiesa cattolica, ma, in realtà, pensano e scrivono come i “tifosi” della nostra “nazionale clericale”.
Attualmente, il Papa è la guida spirituale di quasi un miliardo e mezzo di fedeli. Tra questi, i presunti fedeli italiani – perché c’è differenza tra il dichiararsi cattolico, l’essere battezzato e il credere veramente “in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio, nato dal padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della sostanza del padre” – sono una cinquantina di milioni. Realisticamente – contando anche i “cattivi” cattolici – si può immaginare che i credenti italiani siano la metà: 25 milioni su poco meno di 1500 milioni. Neanche il 2%!
Certo, gran parte dei cardinali e dei vescovi che “contano” nella quotidianità del clero e del Vaticano sono italiani. Mai come negli ultimi decenni, però, si può parlare di generali senza eserciti; oppure, di “principi senza sudditi”.
La Chiesa cattolica non è solo un corpo mistico e spirituale, ma anche un soggetto politico. Specialmente in Italia, dove è racchiusa l’enclave statuale che ne dirige e governa l’azione che sviluppa nel mondo intero. Partendo da questo peculiare punto di vista, la Chiesa italiana è ridotta a ben poca cosa.
Quasi ovunque, gli esponenti del clero sono schierati con la Sinistra. A spingere i preti a questo innaturale matrimonio, la questione dell’immigrazione, in cui, dietro alla carità cristiana, si mal cela un malaffare economico vorticoso, da miliardi di euro, drenati principalmente dalle casse statali italiane. In cambio del reciproco appoggio su questo tema, la Chiesa italiana si accompagna sempre più di sovente a coloro che, in termini di etica, morale e costumi, rappresentano l’esatto contrario di ciò che il Cattolicesimo dovrebbe propugnare. Una tendenza che trova corrispondenze anche in altre chiese occidentali, ma che, appunto, sono altresì minoritarie, complessivamente, rispetto a quelle di altre sfere del mondo.
Se si considera la “forza spirituale” della Chiesa italiana, poi, è peggio che andar di notte… Basta leggere gli indicatori più significativi.
In Italia il matrimonio – uno dei pilastri, magari non della Fede, ma della religione certamente – è sempre meno la regola della convivenza. Tranne che nell’immediato post-Covid (anno in cui si celebrarono tanti sposalizi rimandati per ovvie ragioni), sono sempre meno le coppie che si uniscono in questo vincolo. Per altro, il 15% dei matrimoni “italiani” sono tali solo perché celebrati sul nostro territorio, ma almeno uno dei due contraenti è straniero. Di tutte queste “prime nozze”, la metà non è celebrata in Chiesa.
Di contro, se 2 matrimoni su 3 si risolvono in un divorzio ben prima dei fatidici sette anni, la maggioranza di quel 66% dei fallimenti totali si registra proprio nel 50% degli sposalizi consacrati davanti a Dio.
Entrando in una parrocchia, durante una funzione, ammesso che vi si trovi qualche fedele, la media anagrafica degli astanti balza subito all’occhio: è la stessa necessaria per accedere ai vantaggi pensionistici. Per altro, se l’età dei presenti non va oltre ai 70 anni, lo si deve al fatto che qualcuno dei partecipanti alla messa si è portato dietro il nipotino che, di norma, è figlio di genitori separati e che, casomai, non lo hanno battezzato.
All’assenza alle funzioni pubbliche non corrisponde certo la devozione “privata”. Le statistiche sulle prime esperienze sessuali – la “continenza” in questo aspetto della vita è un altro dei pilastri della dottrina – parlano ormai di approcci intorno agli 11-12 anni, per arrivare ai rapporti completi non appena usciti dalla pubertà: 15, 16 o 17 anni. Come dire: parole al vento…
Crescete e moltiplicativi, poi, è un comandamento del tutto rigettato dalla società. Non solo perché la denatalità è la cifra dell’Occidente e dell’Italia in particolare. Ma anche nella prima parte dell’ammonimento divino, dato che si fa di tutto, da parte di tutti, per non diventare adulti, per restare grottescamente “forever young”. Dai precetti dell’alfa e omega, a quelli degli Alphaville.
Per non parlare, poi, del curioso, nuovo rapporto coi “peccatori”, quello che ha raggiunto il culmine proprio con Papa Francesco, il più amato dai progressisti italiani.
Si potrebbe parlare della “sindrome della Maddalena”, o più correttamente “dell’adultera”, similmente a quella di Stoccolma. Un tempo, lette correttamente le Sacre scritture, il peccatore era sì meritevole della maggior attenzione di Dio, ma in quanto capace, avendo commesso l’errore, di riconoscere la superiorità delle leggi divine, assoggettandovisi. La peccatrice del Vangelo di Giovanni è perdonata dal Cristo e rimandata nel mondo senza macchia, ma con un chiaro: “Va e non peccare mai più”.
Oggi, invece, il peccatore – sia esso un gay, un trasgender, uno spacciatore piuttosto che un trafficante di esseri umani e via elencando – non è più l’oggetto di un’attenzione redentrice. E’ diventato l'”ultimo” – non si capisce mai di quale classifica, per altro – da ricomprendere in ogni modo nel “gregge”. Un gregge che non ha più regole a cui uniformarsi, ma che adatta le norme affinché tutti vi possano rientrare. La Misericordia non è più l’aver “cuore per le sofferenze altrui”, quel sentimento grazie al quale, come ricordava Alessandro Manzoni, “a ogni fallo c’è rimedio”. E’ la semplice abolizione di qualsiasi “fallo”.
La Chiesa in Italia – forse anche altrove, ma qui maggiormente – non svolge più alcuna funzione di freno alle follie del mondo. Bensì rincorre il mondo, nella speranza di non sentirsi isolata. Gran parte dei vescovi italiani “non abbandona nessuno”, ma solo perché ha paura, restando fedele a se stessa e agli insegnamenti che ha giurato di profondere nelle rispettive comunità, di restare sola a sua volta.
La confusione dottrinale e dogmatica è tale che è tutt’altro che raro trovare, in Italia, tra gli esponenti più in vista della società a qualsiasi livello, uomini e donne iscritti alla Massoneria. Come si fosse normale, allo stesso tempo, frequentare la parrocchia e il “tempio” in cui si propugna – da secoli – la distruzione della Chiesa di Roma.
Si potrebbero fare mille altri esempi, ma già questi bastano a far comprendere l’impossibilità, per un vescovo e cardinale italiano, di tornare alla guida della Chiesa cattolica, data la situazione disastrosa della comunità religiosa italiana, dove per altro si registra il quasi azzeramento anche delle vocazioni.
Chi conosce non solo di nome, ma anche personalmente, gli “opinionisti” di fama che hanno “tifato” smodatamente per Matteo Zuppi o per Pietro Parolin, sa bene come la quasi totalità di loro, se è andato in chiesa qualche volta, negli ultimi vent’anni, è giusto per il funerale di qualche amico o parente. E anche questo spiega il perché non capiscono molto, dei meccanismi di un conclave, ma, specialmente, perché sia un bene, almeno per la Chiesa universale, che abbia vinto un cardinale non del nostro Paese.
Massimiliano Mazzanti
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