Niente Pride Lgbtqia+ a Budapest.
La legge parla chiaro. Il 28 giugno in Ungheria sarà un lunedì come tutti gli altri. La bella capitale magiara si sveglierà in una bella mattina d’estate, attraversata dal Danubio blu, nel solito traffico di pendolari, lavoratori e turisti che vive la città.
Ci saranno i colori della bella stagione, fiori ovunque, dalla cittadella al centro della metropoli, ma nessuna sfilata di pervertiti in vena di ostentare il peggio di sé.
Omosessuali, bisessuali, fluidi e tutto il circo arcobaleno, si godano i piaceri personali entro le mura dei palazzi storici, nessuno lo vieta, ma le strade resteranno inviolate.
Il Pride è proibito a norma di legge, approvata in Parlamento e fatta rispettare dalla polizia. L’Ungheria, mosca bianca in Ue, è un esempio da seguire su questo e molti altri aspetti.
A nulla valgono i pianti e le lamentele di coloro che si sentono discriminati, il deputato italiano Zan in testa. I suoi piagnistei presso la commissione europea e la Presidente Von Der Leyen sono già caduti nel vuoto.
La risposta della Presidente al deputato è stata un “We don’t care” tradotto in “We can’t!” smussato da ricchi premi e cotillon!
La Ue non interverrà nelle faccende ungheresi, le posizioni di Orban, seppure invise a Bruxelles, sono irremovibili e indiscutibili. Qualsiasi tentativo di costringere l’Ungheria a sottostare al volere dell’Europa dei pochi è una spinta verso est, ovvero, un avvicinamento alla Russia di Putin, un passo verso la definitiva rottura dell’Unione.
Oltretutto, queste infinite lamentele hanno stancato: vietare il Pride non minaccia l’uguaglianza o la giustizia sociale, semmai la salva dagli attacchi sconsiderati di chi vuole imporre un modus vivendi che i più non accettano e nemmeno vogliono considerare…