Referendum, un disastro annunciato.
A poche ore dalla chiusura dei seggi, emerge ciò che era stato pronosticato: la sinistra non fa più presa.
Lo dimostra la percentuale di votanti, che non arriva nemmeno al 30%; di questo, solo il 65% ha scelto il SI sul quinto quesito, sicuramente il più controverso e quello che maggiormente ha avuto la funzione di discriminante tra la cabina elettorale e la cabina da spiaggia.
Questo primo dato, che vorrebbe solo circa il 19% degli italiani favorevoli alla cittadinanza più semplice, rappresenta sicuramente un dato positivo, anche se molto lavoro è ancora da fare.
Tuttavia emergono altri aspetti più preoccupanti.
Il primo, l’astensione sempre maggiore, che vuole gli italiani ormai rassegnati e pronti ad accettare cosa viene offerto, consapevoli che poco cambia a seconda del simbolo barrato. Il secondo è che il nostro popolo, che a fatica ha ritrovato la sua identità, si è ritrovato nuovamente diviso a causa dell’eccessiva ideologizzazione e della polarizzazione che dal dopoguerra ad oggi si sono fatte più accentuate.
Pochi hanno votato o scelto di non votare ragionando autonomamente, ma si sono lasciati condizionare da questa o quella parrocchia. E questo condizionamento ha impedito ai seguaci dei vari partiti di vedere le incoerenze dei due schieramenti. Il centrodestra, che ha sempre contestato quelle norme che i primi 4 quesiti avrebbero abolito, non ha colto l’opportunità di fare proprie le sue stesse battaglie, riconsegnandole alla sinistra che ha voluto riscoprire le origini proletarie.
E la sinistra, che con la sua solita propaganda imbarazzante, ha usato le manifestazioni per la Palestina e i vari gay pride per progagandare il SI, andando contro quelle leggi da essa stessa approvate solo pochi anni fa; se fosse stato il centrodestra a proporne l’abolizione, sarebbe scattata l’accusa di populismo e l’invito a boicottare il tutto per il bene dell’Europa.
Non sono mancate poi le ancor più grottesche storie strappalacrime per invitare a votare sostenendo che il non voto era contro la democrazia, eppure i feticisti della costituzione più bella del mondo dovrebbero sapere che il meccanismo del quorum è previsto dalla loro Carta, quindi anche l’astensione è un diritto.
Finito il bel sogno, quindi, i promotori di rimettono i loro abiti da classisti incalliti, andando ad accusare i lavoratori che non si sono recati alle urne e augurando loro precarietà e licenziamenti, sostenendo ancora una volta l’abolizione del suffragio universale; eppure non vedevamo questo atteggiamento quando la sinistra e addirittura un presidente della repubblica invitavano all’astensione su referendum non a loro graditi.
Anche se i primi 4 quesiti referendari potevano essere interessanti, con uno sponsor del genere gli italiani hanno preferito stare a casa.
Senza contare che, mentre i promotori accusavano “Telemeloni” di tacere e censurare, gli stessi facevano propaganda per il SI attraverso slogan e frasi fatte, senza mettere gli elettori al corrente di come sarebbe stato il dopo in caso di vittoria: anche questa incertezza ha giocato un ruolo importante.
Pertanto di questa figuraccia non può essere accusato il governo, ma la pessima comunicazione, l’ideologizzazione, l’incoerenza e l’aver messo un quesito impopolare accanto ad altri che sicuramente avrebbero meritato un dibattito migliore.
Ed ecco che, ancora una volta, vediamo i danni causati dalla mentalità antifascista
Lorenzo Gentile
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