Russia-Ucraina: cosa succede nel 2024?

Russia-Ucraina: cosa succede nel 2024?

 

Russia-Ucraina: cosa succede nel 2024? – Con la chiusura del 2023 è possibile definire un primo bilancio a consuntivo dell’ultimo anno di guerra in Ucraina, cercando da lì di trarre alcune ipotesi per il prosieguo della guerra nel corso del 2024.

In primo luogo, una rassicurazione per i nostri lettori circa l’affidabilità di 2diPicche.

Per quanto sia ovviamente estremamente difficile e complesso fare analisi corrette e che possano generare previsioni attendibili in tempo di guerra, vorremmo rimarcare qualche modesto risultato:

Avverata la previsione sulle forniture

Nel nostro articolo del 17 gennaio 2023 “Le Forze in Campo” esprimevamo l’aspettativa che alla fine il campo occidentale avrebbe effettivamente sbloccato per il 2023 un pacchetto significativo di aiuti, inclusivo di ca. 300-400 carri armati di produzione occidentale (principalmente Leopard) e che alla fine sarebbero stati effettivamente inviati sia aerei F16 che qualche fornitura di missili ATACMS a lungo raggio per HIMARS. Rimarcavamo il nostro scetticismo circa l’effettiva capacità ucraina di risolvere a proprio favore il conflitto grazie a tali apporti.

Pochi carri, meno aerei

A consuntivo, l’Occidente collettivo ha inviato ca. 300 carri armati, come previsto principalmente di tipo Leopard, oltre la metà dei carri totali inviati sono però del tipo più vecchio Leopard1 e non Leopard2, pur nelle sue diverse varianti (abbiamo cioè mancato per eccessivo ottimismo per Kiev), le consegne di carri americani M1A1, sui quali esprimevamo scetticismo, si sono fermate a 31 esemplari (un battaglione corazzato) per il momento tenuto di riserva dall’esercito ucraino e non ancora impiegato al fronte.

Per quanto riguarda gli invii di carri inglesi Challenger2, ipotizzavamo un massimo di 70 carri, se ne sono avuti 14 (una compagnia). Alcuni ATACMS sono stati effettivamente forniti (e lanciati su elioporti russi) ma come previsto, la scarsa disponibilità quantitativa degli stessi, non sembra aver intaccato la profondità strategica russa.

Con l’inizio del nuovo anno si attende l’ingresso in combattimento di una quarantina di vecchi F16, forniti principalmente da Olanda, Danimarca e Norvegia, ora come allora dubitiamo che tale innesto possa avere un effetto dirompente per contrastare il potere aereo russo che conta una flotta di combattimento valutabile nell’ordine non delle decine di unità ma delle centinaia.

Rimarcavamo, inoltre, il peso della maggior disponibilità e capacità industriale russa in termine di armamenti fondamentali (in primis il munizionamento d’artiglieria).

La storia ci ha dato ragione

Nel nostro articolo del 15 aprile 2023 “Dopo Oltre un Anno di Guerra”, facevamo invece alcune considerazioni tra le quali:

  • che il 2023 non avrebbe conosciuto alcuna soluzione diplomatica alla guerra e che ormai il tempo della diplomazia fosse definitivamente tramontato
  • che la Russia avrebbe puntato su una guerra lenta e di attrito per dissanguare le forze ucraine (sulla falsariga di quanto già fatto, ad esempio, nel corso della guerra civile spagnola, da parte delle forze franchiste a danno di quelle repubblicane)
  • che la Russia avesse (ed ha) in mente, ormai, una sottomissione totale dell’Ucraina, la quale, simmetricamente e contrariamente, ha invece assunto una postura di “guerra totale” per la sopravvivenza, postura che non può che condurre o ad una fantomatica “Vittoria Finale” per la nazione ucraina oppure ad una distruzione totale della stessa
  • che il grande pacchetto di aiuti deciso dagli per occidentali avrebbe sostenuto la messa in armi tra le 15-20 brigate, utili per un’offensiva nel periodo primavera-estate (come effettivamente è stato)
  • che l’obiettivo più verosimile per la controffensiva ucraina sarebbe stato sul fronte di Zaphoryza ma che al tempo stesso gli ucraini avrebbero cercato di contrattaccare  anche a Bakhmut (come è stato, laddove, quest’ultima circostanza ovvero il dispiegamento di risorse non solo sull’asse di Zaphoryza ma anche per il fronte di Bakhmut pare esser stata fonte di grandi screzi tra i pianificatori militari americani, contrari all’operazione, e quelli ucraini)
  • aggiungevamo che le possibilità di successo della grande controffensiva ucraina sarebbero state scarse e che le brigate addestrate e armate secondo gli standard NATO, trovandosi ad operare in un contesto diverso da quello tipico per la NATO (assenza di superiorità aerea, attacco contro posizioni pesantemente fortificate e tenute da un nemico con maggior capacità in termini di volume di fuoco), rischiavo di essere messe a mal partito in una simile operazione
Bakhmut l’eterna battaglia

Nel nostro articolo del 25 maggio 2023 “La Caduta di Bakhmut e l’Attesa Offensiva Ucraina”, rimarcavamo come il protrarsi della battaglia di Bakhmut avesse gravemente logorato le capacità operative dell’esercito ucraino, minando ulteriormente le possibilità di successo della controffensiva, ripetevamo che la direttrice privilegiata della stessa potesse essere il fronte di Zaphoryza

Nel nostro articolo del 26 ottobre 2023 “Quattro Mesi di Controffensiva Ucraina (e Oltre)” tiravamo le somme, somme decisamente negative, dell’offensiva ucraina, su termini nella sostanza coerenti con quanto presente in un vasto reportage del Washington Post, comparso però solo il 6 dicembre 2023. Brevemente esprimevamo scetticismo circa le ipotesi che le operazioni anfibie condotte dai fanti di marina ucraini sulla sponda sinistra del Dnieper nella regione di Kherson potessero sviluppare un qualche successo, un articolo comparso il 18 dicembre 2023 sul giornale ucraino The Kyiv Independent, intervistando soldati impegnati su quel fronte, definiva l’operazione come “suicidaria”

Cosa aspettarsi per l’anno nuovo

Sulla scorta di tali premesse, le aspettative per il proseguimento della guerra nel 2024 sono essenzialmente le stesse di quelle espresse nel 2023.

Falliti i negoziati di pace di marzo 2022, falliti come attestato ormai da più fonti (terze rispetto alle parti in conflitto o addirittura ucraine) per ingerenze anglo-americane (personificate dalla visita a Kiev di Boris Johnson), la Russia sembra essersi messa decisamente sulla direttrice di dar corso alle minacce che espresse allora in caso di nulla di fatto dalle trattative.

Debellatio

La minaccia era quella di far scomparire l’Ucraina come entità statuale e, quindi, di condurre una guerra che i romani definivano volta alla “debellatio” ovvero all’eradicazione totale del nemico e alla sua completa cancellazione come entità politico-militare.

Alcune recenti dichiarazioni di Putin, che ha ribadito il carattere russo della città di Odessa (prospettando quindi l’annessione di oblast anche situati ad occidente del fiume Dnieper che taglia in due il paese) e che ha ribadito che la guerra continuerà fino al rovesciamento del “regime di Kiev” (non prospettando quindi alcuna soluzione negoziabile trattabile con Zelensky e col suo governo), non sembrano suggerire nulla diverso.

Un’Ucraina spartita tra Polonia, Romania, Ungheria e Russia?

Similmente Putin è tornato ad ammiccare alle nazioni dell’Est Europa circa la possibilità di riannettersi i territori dell’Ucraina occidentale (dove i sentimenti antirussi della popolazione sono nettamente più forti), ristabilendo i confini precedenti al 1939. Essenzialmente si parla della Galizia e di Leopoli, polacche fino al 1939, della Transcarpazia ungherese e della Bucovina rumena.

La reintegrazione di questi territori all’interno di Polonia, Ungheria e Romania, permetterebbe ai russi di risparmiarsi la fatica di dover gestire pro-futuro territori non appartenenti al “mondo russo”, annessi erroneamente all’URSS da Stalin, come suggerito da Putin in diverse occasioni.

In ogni caso, azioni simili, per quanto possano solleticare le velleità nazionalistiche di Varsavia, Budapest e Bucarest, restano di difficile attuazione consiederando l’adesione a NATO e alla UE di tutte e tre le nazioni potenzialmente coinvolte.

La fine dell’Ucraina

Anche accantonando questi scenari per l’Ucraina occidentale, resta per il sottoscritto fermo che la guerra continuerà fino allo smantellamento totale dell’Ucraina come l’abbiamo conosciuta tra il 1991 e il 2022, non potendo più la Russia, anche dopo il fallimento ripetuto e continuo di ogni suo tentativo di risoluzione diplomatica della crisi, accettare l’esistenza di un’antirussia a Kiev, incistata su un territorio che i russi considerano parte integrante del già citato concetto di “mondo russo” o “russkiy mir”, capace di pesare come eterna minaccia sulla Crimea o sul Donbass.

Lo sviluppo lento della guerra nel 2023 è stato coerente con tale approccio e verosimilmente lo stesso accadrà lo stesso nel 2024.

In estrema sintesi, a inizio 2023 si è avuto l’apice dello sforza occidentale in termini di forniture militari all’Ucraina, coltivando l’Occidente la speranza che l’esercito di Kiev potesse replicare i successi delle offensive di Kharkov e di Kherson dell’agosto-settembre 2022 e di riconquistare una parte significativa dei territori occupati dai russi, almeno Kherson e Zaphoryza, arrivando a minacciare e isolare seriamente la Crimea, per costringere la Russia ad un tavolo delle trattive su termini ad essa sfavorevole.

Chi si ricorda della Wagner?

La Russia così, dopo aver affidato le uniche operazioni offensive condotte dall’estate del 2022 alle forze spendibili della Wagner – il cui successivo “licenziamento” ha comportato la contestuale scomposta protesta con simil-golpe,efficacemente risolta, come noto, con la scomparsa delle figure di Prigozhin e di Utkin e la sostituzione degli stessi con la persona del colonnello Troshev (già comandante operativo della Wagner a Bakhmut, verrebbe da dire “un governo tecnico per la Wagner”), oltre che con il rilascio dei galeotti a termine del servizio e la reintegrazione dei mercenari professionisti in battaglioni di minori dimensioni, con contratto con il ministero della difesa, dopo un periodo di trasferimento in Bielorussia – che hanno impegnato fino a maggio l’esercito ucraino in una dura battaglia di dissanguamento per Bakhmut, ha fortificato le proprie posizioni difensive, riorganizzato l’esercito, accresciuto la produzione bellica, equipaggiato e addestrato gli uomini richiamati alle armi con la mobilitazione parziale dell’autunno 2022.

La controffensiva fallita

Il risultato della controffensiva ucraina è stato quindi quella di infrangersi contro le difese russe (la cosiddetta “Linea Surovikin”) in oltre 4 mesi di inutili e infruttuosi attacchi che hanno comportato il dilapidamento delle disponibilità umane e materiali dell’esercito ucraino.

Nel frattempo, l’esercito russo, pur certamente subendo anch’esso l’urto di uno scontro comportato da una guerra a così alta intensità e pur subendo l’apporto di certi armamenti occidentali, indubbiamente molto efficaci (si pensi ai famigerati HIMARS o in generale ai sistemi di artiglieria a più lungo raggio come gli Archer svedesi, i Caesar francesi o i Pzh200 tedeschi), ha goduto in tutto questo periodo del beneficio della difesa, continuando a coltivare la propria profondità strategica, aumentando i reclutamenti di uomini e sostenendo il processo di accrescimento della propria produzione bellica.

La macchina bellica russa e la tigre di carta occidentale

Il tema della produzione bellica di natura industriale è d’altra parte il tema senz’altro centrale, vista la scala della guerra (paragonabile solo ai grandi conflitti industriali del Novecento come Prima e Seconda Guerre Mondiali), per la comprensione dei possibili esiti del conflitto.

La Russia, per canto suo, già dalla primavera del 2022 ha mobilitato il suo apparato industriale per l’accrescimento della produzione bellica e aumentato il budget della difesa dai ca. 70 miliardi di spesa del 2021 a ca.100 miliardi stanziando prospetticamente ca. 600 miliardi per il triennio a venire 2023-24-25.

Tali risorse, sembra che siano state allocate in maniera non omogenea sul triennio ma in maniera crescente, in modo da comportare una crescita costante e progressiva della produzione di guerra.

Questo significa che per il 2024 è da attendersi una disponibilità russa di mezzi e munizionamento accresciuta rispetto al 2023, con un particolare focus sulla produzione di armamenti moderni, come le granate di precisione Krasnapol per l’artiglieria o in termini di droni e munizioni circuitanti, con il 2025 che dovrebbe invece significare il culmine dello sforzo russo.

Già in questo finale di 2023 alcuni sviluppi delle capacità russe sono stati apprezzabili, ad esempio si veda come nel secondo semestre dell’anno sia costantemente cresciuto l’impiego di droni FPV (first personal view). Inizialmente introdotti sul campo di battaglia dagli ucraini, i russi sono stati forse lenti nel recepire l’innovazione ma, una volta fatto, stanno mostrando capacità di scala nella produzione di tali armamenti che resta ineguagliata per gli ucraini (si contavano ca. 100 casi di impiego per il mese di giugno 2023, divenuti ca. 550 per il mese di settembre e ca. 700 per il mese di dicembre, stando almeno a video pubblicati), discorso simile si può dire per le munizioni circuitanti Lancet, comparse sul campo di battaglia nella seconda metà del 2022 in maniera sporadica (ca. 20 attacchi mensili registrati, all’incirca triplicati negli ultimi mesi del 2023), che sono ormai invece divenute una costante del potenziale offensivo russo.

Non va, inoltre, dimenticato, il supporto esterno che la Russia riceve al proprio sforzo bellico.

Iran e Corea del Nord, gli alleati che non ti aspetti

Si pensi in questo caso all’apporto dell’Iran che ha fornito alla Russia vasti stock di droni d’attacco e di droni kamikaze oltre che le relative licenze di produzione (sarebbe in fase di completamento la costruzione di un grande polo produttivo nella regione russa del Tatarstan) o della Corea del Nord, che ha messo a disposizione della Russia i propri enormi stock di munizionamento d’artiglieria, materiale a basso contenuto tecnologico e molto vetusto ma utile per mantenere un volume di fuoco costante e per diverse volte superiore a quello dell’artiglieria ucraina. Si pensi, inoltre, come la ridicolizzata Corea del Nord, sia stata capace di fornire alla Russia più munizioni di artiglieria di quanto non abbia fatto l’intera Unione Europea a favore dell’Ucraina (che aveva promesso 1 milione di colpi da 155mm per il 2023, fallendo a raggiungere tale obiettivo e consegnandone a Kiev solo circa la metà).

In sintesi: se la Russia ha combattuto per il 2022 e per la prima parte del 2023 essenzialmente grazie ai propri vasti stock di armamenti, si è messa, già dal 2022, sulla direttrice di poter conseguire per il 2024 e fino al 2025 un accrescimento del proprio output industriale sia in termini quantitativi che qualitativi, impiegando anche gli apporti di paesi terzi per rimpinguare le scorte ed evitare ogni scarsità fino alla piena messa a regime della sua nuova capacità produttiva.

L’Ucraina è una scatola vuota

La situazione per l’Ucraina invece è molto diversa.

Oltre all’arretratezza e alle minori dimensioni del complesso militare-industriale ucraino rispetto a quello russo, quest’ultimo ha essenzialmente cessato di esistere già nel corso del primo semestre del 2022 a causa di una mirata campagna di bombardamenti ai siti di produzione condotta dai russi su tutto il paese.

Essenzialmente, quindi, salva una produzione su scala quasi artigianale di pochi sistemi d’arma (come gli efficaci droni FPV di più piccole dimensioni o i droni marittimi/barchini esplosivi che tanti danni hanno arrecato alla marina russa del Mar Nero), l’Ucraina è pressoché totalmente dipendente dalle forniture che riceve dall’Occidente.

Tutti a lume di candela

Va poi rimarcato come la Russia, probabilmente, potrebbe decidere di azzerare definitivamente ogni capacità produttiva ucraina riavviando la campagna di bombardamenti strategici sulla rete elettrica del paese. Già la prolungata campagna di bombardamenti condotta tra l’ottobre del 2022 e il marzo del 2023 ha messo a dura prova la rete ucraina, va però notato che quest’ultima non è mai crollata completamente dal momento che i russi hanno sempre risparmiato gli scambiatori di energia di maggior dimensioni.

Quest’ultimi, di minor numero rispetto agli scambiatori periferici già colpiti, rendono così possibile per la Russia far pendere sull’Ucraina la spada di Damocle di uno “spegnimento” totale del paese effettuabile in qualsiasi momento.

La vera minaccia russa

L’accresciuta produzione missilistica e l’accresciuta produzione di droni kamikaze fa sì che anche le forniture di sistemi antiaerei occidentali verosimilmente non possano contrastare efficacemente una seconda ondata di bombardamenti la quale, oltre al già richiamato azzeramento della già scarsa produzione bellica di Kiev, potrebbe comportare un collasso generalizzato dell’Ucraina come sistema-paese (o, quantomeno, un grave rallentamento) in qualsiasi momento.

Domani, 30 dicembre verrà pubblicata la seconda parte dell’analisi.

Filippo Deidda

 

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