I bolognesi, oggi, hanno saputo perché le strade della loro città pullulano di buche. La colpa – Udite, udite!!! – è del cambiamento climatico.
Non è una battuta, ma la risposta che Francesco Garofano – impiegato dei Lavori pubblici a Palazzo d’Accursio – ha dato ai consiglieri Samuela Quercioli e Matteo Di Benedetto, durante una seduta di commissione sul tema del dissesto delle vie cittadine.
Ipse dixit: “La formazione delle buche avviene soprattutto quando ci sono fenomeni piovosi o neve: il fenomeno si moltiplica. Questo negli ultimi tre anni lo abbiamo constatato e l’impresa si è data da fare. Siamo passati da 5.000 chiusure buche prima degli eventi alluvionali all’anno a 8.000, quasi 10.000 chiusure buche. Non per cattiva organizzazione dell’impresa, ma per effetto dei cambiamenti climatici che sono sotto gli occhi di tutti”.
Un’idiozia del genere, francamente, non si può ascoltare.
In primo luogo, perché i cambiamenti climatici, almeno in Italia, si traducono in spostamenti delle precipitazioni da certi periodi dell’anno ad altri, rispetto al passato. Poi, semmai, c’è maggior intensità di alcuni piovaschi, concentrati in poche ore, ma in termini di quantità di acqua, non certo di forza con cui le gocce picchiano sul terreno. Per altro, come tutti i bolognesi sanno, quanto meno per esperienza, da diversi anni complessivamente piove di meno, rispetto agli ultimi tre decenni del secolo scorso. La neve, poi, come quest’anno, è diventata un ricordo. Le temperature, poi, a cui si devono i fenomeni di dilatazioni dei materiali, non presentano sbalzi significativi e, semmai, registrano il prolungarsi di stagioni di tipo primaverile – né troppo calde né troppo fredde – a dividere i picchi estivi e invernali di calura e rigidità.
Quel che più sorprende, però, è l’uso disinvolto di questa nuova, colossale “foglia di fico” – il cambiamento climatico – per la giustificazione di ogni malaffare, di ogni gestione inefficiente, di ogni magagna che ha come responsabile la pubblica amministrazione. Un uso che non viene nemmeno malcelato – almeno in questo caso – con lo sciorinare di qualche numero, con l’illustrazione di chissà quale tabella, con la descrizione di chissà quale fenomeno chimico o fisico peggiorato dalle bizzarrie di Giove pluvio. No, tanto si tratta di fenomeni che sarebbero “sotto gli occhi di tutti”.
Un’evidenza che, quindi, rende assolutamente superflua un’analisi delle tecniche di costruzione delle strade; di quelle adottate per ripararle quando si rompono; men che meno l’analisi dei materiali che vengono utilizzati. Certo, qualcuno potrebbe sostenere come, dietro una manodopera non capace; una tecnologia non adeguata; oppure dietro l’utilizzo di componenti scadenti per realizzare l’asfalto, si potrebbero nascondere impropri e illeciti profitti da parte delle aziende appaltatrici.
Ma perché sollevare dubbi del genere, così antipatici, quando è il clima – cioè il destino cinico e baro – a distruggere la nostra città? E il clima mica lo si può trascinare in tribunale…
Eppure, nella stessa seduta di commissione consiliare, è saltato fuori che, per il solo mese di gennaio scorso, dei 74 interventi effettuati per riparare le strade, almeno uno su tre sarebbe risultato “non conforme”, tanto da far scattare, a fronte del lavoro malfatto, la contestazione da parte del Comune stesso e la richiesta di pagamento di penali.
Oplà! Non è stato il clima, allora…
Dal Tram agli studentati, dall’asfalto alla ferrovia, Bologna è tutto un cantiere, ma quali sono i vantaggi per i cittadini? Nessuno: guadagna solo chi edifica e che mette in strada ruspe e operai, mentre per tutti gli altri ci sono solo inconveniente, disagi e danni. Non sarebbe il caso di fare analisi – o indagini – un po’ più serrate, su tutto questo stato di cose?
Tanto più che proprio questo invocare il clima, qualcosa di ineffabile e discusso, con alterne posizioni, anche ai livelli scientifici più alti, solleva il sospetto che inizino a essere un po’ troppi, coloro che intendono “marciarci”, in questa situazione.
Quel che è certo è che un’amministrazione che addita un fenomeno, quale causa di un problema specifico, senza supportare questa tesi con degli studi specifici, è un’amministrazione che si pone al di sotto d’ogni sospetto.