- Non me la sento di dichiararmi antifascista perché sono nato 31 anni dopo la fine della II Guerra Mondiale, il crollo del regime fascista e la guerra civile fra italiani.
- Non me la sento di dichiararmi antifascista perché, fin da quando frequentavo le elementari mi veniva presentato come un qualcosa di indefinito che avremmo dovuto essere tutti, in nome della sinistra comunista, che sosteneva di aver vinto e liberato l’Italia dal nazi-fascismo, mentre sul sussidiario c’era scritto che furono le forze armate degli Alleati con l’aiuto, non determinante di alcuni partigiani.
- Non me la sento di dichiararmi antifascista perché la guerra civile ha diviso gli italiani nel sangue. Chi si è accodato ai vincitori anglo-americani si è intestato la vittoria umiliando i vinti, con atti di vigliaccheria e disumano terrorismo anche dopo la fine del conflitto.
- Non me la sento di dichiararmi antifascista perché non sono un opportunista né un uomo che, in nome del potere, è buono per tutte le stagioni, pronto a rinnegare anche sua madre per interessi e prebende.
- Non me la sono mai sentita di dichiararmi antifascista perché ho letto i libri di Gianpaolo Pansa, che combatté la guerra della Resistenza e mi ha profondamente colpito il numero di frasi in cui egli, con onestà intellettuale, la ridimensiona alla giusta portata storica e contrappone la pietas latina all’odio che imperversava e imperversa ancora oggi.
- Non posso dichiararmi antifascista perché i comunisti hanno impedito a un ex partigiano rosso, come il giornalista Gianpaolo Pansa di presentare il suo libro ove proponeva, fra le altre cose, la necessità di riscrivere la storia della Resistenza.
- Non me la sono mai sentita di dichiararmi antifascista perché ho letto l’opera omnia del partigiano liberale Renzo De Felice.
- Non me la sento di dirmi antifascista perché Giovannino Guareschi, pur di restare fedele al giuramento fatto al re, scelse di essere deportato in un campo di concentramento tedesco e disse che fu uno tra i pochi ad aver vinto quella guerra perché non ha mai odiato nessuno.
- Non posso dichiararmi antifascista dopo aver ascoltato molte testimonianze di reduci e ausiliarie della RSI o della contrapposta parte.
- Non posso dirmi antifascista se penso a ciò che è successo a Sergio Ramelli, ad Acca Larenzia, al rogo di Primavalle, ai tanti giovani perseguitati perché anticomunisti.
- Non potevo essere antifascista quando, appena quattordicenne, sfilavo per celebrare la caduta del muro di Berlino e qualcuno aveva l’ardire di esporre bandiere rosse con falce e martello dalle finestre dei piani alti o, persino, piangendo di rabbia ci insultava, fuori da un bar del centro.
- Non posso dichiararmi antifascista davanti a coloro che gioiscono per lo scempio di cadaveri a Piazzale Loreto. Non sarebbe stato onorevole, né minimamente umano e cristiano sostenerlo nel 1945, figuriamoci leggerlo rivolto al manichino di una premier appeso a testa in giù o augurare quella fine, tramite scritte sui muri, a ottant’anni di distanza.
- Marcello Veneziani ha scritto e io mi trovo d’accordo: “non me la sentirei poi di sfilare nel nome dell’antifascismo tra i terremotati d’Abruzzo, dove le case costruite dal fascismo hanno resistito intatte, e quelle che son venute dopo, in epoca antifascista, hanno massacrato i loro abitanti”.
- E poi, “non me la sentirei di dirmi antifascista perfino tra gli antifascisti che fuggirono in Russia, per sfuggire al regime fascista, e li furono trucidati, col beneplacito di Togliatti. Furono uccisi più antifascisti dall’antifascismo rosso che dal ventennio fascista…”.
- Non me la sentirei di dichiararmi antifascista dopo aver visto le foto e i nomi dei sacerdoti, del giovanissimo seminarista Rolando Rivi, dei religiosi e del Sottotenente della RSI Lorenzi, crocifisso su un portone, tutto in odio alla Fede.
Potrei avere ancora altri motivi, ma per ora, basta così.
Concludo con uno dei miei autori preferiti, peraltro il più letto e tradotto degli scrittori italiani: Giovannino Guareschi. Lui che patì il campo di concentramento tedesco, con l’onore del volontario, che si consegnò per non mancare al giuramento fatto al re, e in pieno regime democratico subì la prigione per aver criticato Alcide De Gasperi, scrisse che aveva vinto la guerra insieme a pochi altri, tra i quali, per ciò che può servire adesso, mi annovero pure io: “si trattava di coloro che non hanno mai odiato nessuno”.
Non sono mai stato monarchico, come lo era Guareschi, perché ho studiato cosa fu casa Savoia per l’Italia. Ma come Guareschi sono cattolico vecchio stampo, quello che non ha mai accettato i compromessi della Democrazia Cristiana che hanno portato alle peggiori leggi contro Dio, la vita e la famiglia.
Credo che la miglior forma di governo sia l’Aristocrazia, non in senso assoluto, ma calato nel presente. Magari potessimo contare su un Sovrano santo come Carlo d’Asburgo!
Infine, quando mi rimproverano perché, pur non odiando nessuno, mi capita di arrabbiarmi per le nefandezze della plutocrazia liberale, ricordo ai pochi che lo sanno che il cattolicesimo prevede un’ira legittima, che non è peccato.
San Tommaso d’Aquino ne parla nella Summa Teologica, dicendo:”Chi NON è arrabbiato quando c’è una giusta causa per arrabbiarsi, è immorale. Perché? Perché l’ira guarda al bene della giustizia. E se riesci a vivere in mezzo all’ingiustizia senza rabbia, TU sei immorale e ingiusto”!
Eccezionale: grazie
Chiarissimo. Siamo vissuti nella menzogne e nella violenza programmata. Molti dei giornalisti sono correi dei criminali comunisti