Il fallimento di una comunicazione faziosa diventa grottesco quando i fatti smentiscono clamorosamente la narrazione dei mesi di campagna elettorale. I giornaloni italiani, ma non solo, erano tutti schierati per Kamala Harris.
Ricordo i titoli e molti articoli per cui, soprattutto su Repubblica, Donald Trump risultava sempre indietro, staccato dai Dem, in difficoltà, furioso, perdente, oltre ai soliti “fascista”, “omofobo”, “razzista”, “pericolo per la democrazia”, e chi ne ha più ne metta. Sono stati pubblicati sondaggi e analisi di una sconfitta annunciata per il tycoon. Infatti, ha stravinto non solo tra i grandi elettori ma anche nel voto popolare.
Per forza, poi, cade il silenzio rancoroso e vile di chi ha manipolato l’informazione per scadere nella menzogna partigiana. Non è soltanto colpa del digitale se questi quotidiani vengono acquistati sempre meno e solo da chi si interessa, per un motivo o per l’altro, di politica.
Notizie corrette?
C’è un problema di contenuti, e di correttezza nell’informare con notizie vere e verificate, non con tagli e opinioni spacciate per notizie, altrimenti la gente si incazza, quando, poi, si accorge che, come ha detto persino Marco Travaglio ieri sera su Il Nove, sono stati presi per i fondelli.
Quindi il fallimento del progressismo politico non è solo dei partiti e dei movimenti che ne riempiono la galassia, ma è, almeno qui in Italia, il fallimento dell’approccio comunicativo dei principali giornali e riviste e, comunque, di tutto il mainstream di sinistra.
Purtroppo, di fronte ad una sconfitta cocente ed epocale per la sua portata, non si vedono delle resipiscenze o dei cambi di rotta. Mai una radicale autocritica. È sempre colpa degli altri, come, giustamente osservava Travaglio.
La realtà
Di fronte all’ennesima riprova che non riescono a imbroccarne una da tanti anni e insistono sulla stressa strada, con un sorriso, guardiamo e passiamo, perché chi è causa del suo mal, pianga se stesso e se, sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Forse è questo il punto. Comunicazione viziata dalla parte del diavolo, boria punita dall’acqua santa, che in questo caso è la realtà, non Trump.
La stampa americana lo ripete da giorni: “Il ritorno di Donald Trump sarà uno stress test per la democrazia degli Stati Uniti”. Anche oltreoceano si battono bene, quanto a pregiudizi. Noi, invece, attendiamo i fatti e siamo stanchi di inutili chiacchiere, costantemente smentite da ciò che accade veramente.
Trump e l’Europa
ISPI online si chiede: “e per quella europea? Quattro anni fa, quando Joe Biden sancì “il ritorno dell’America” sul palcoscenico globale, molti, nel Vecchio continente scelsero di archiviare sommariamente il primo mandato del tycoon come un’aberrazione. Oggi, la clamorosa vittoria di Trump dimostra quanto quel giudizio fu affrettato. “Lo show di Trump è appena ripartito – scrive Politico – e l’Europa non può distogliere lo sguardo”.
I decisori politici europei, al di là della comunicazione/propaganda, hanno passato mesi a prepararsi per un potenziale ritorno di Trump, ma la verità è che nessuno sa cosa aspettarsi e, quindi, come rispondere. La vittoria di Trump avrà inevitabilmente ripercussioni su ogni ambito della politica dell’UE, dai dazi che ha promesso di imporre su ogni singolo bene che entra negli Stati Uniti, ai prezzi dei farmaci, alla transizione green e la regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Per non parlare delle questioni più urgenti, come la difesa del continente dalle minacce esterne e quella dell’Ucraina dall’invasione russa.
Ma a preoccupare sono soprattutto le ricadute che altri quattro anni di Trump alla Casa Bianca potranno avere sulla tenuta dell’architettura europea, già sottoposta a notevoli pressioni interne.
Draghi
Nel 2016, quando per la prima volta Trump arrivò alla Casa Bianca, alcuni analisti suggerirono che lo scettro delle liberal democrazie fosse passato nelle mani della cancelliera tedesca Angela Merkel, allora la leader più rispettata dell’Occidente. Otto anni dopo, mentre lo stesso Trump prepara il suo ritorno, più cupo e vendicativo di prima, non solo la Merkel ha abbandonato la scena, ma la sua eredità – come dimostrano le ultime da Berlino – è ridotta a brandelli.
Da Budapest anche l’ex presidente della Bce Mario Draghi, autore del rapporto sulla competitività avverte: l’Ue deve negoziare con Trump con “spirito unitario”, avvertendo che quello che i 27 non possono più fare è “posticipare le decisioni”. Vale per il commercio e per le relazioni politiche, come per la difesa.
La vittoria di Trump, infatti, implica che l’Europa non può più fare affidamento sugli Stati Uniti per la sua difesa e sicurezza. Il primo ministro polacco, Donald Tusk, lo ha detto chiaramente: l’Europa ha bisogno di crescere e credere nella propria forza. “L’era dell’outsourcing geopolitico, ha dichiarato, è finita”. E non è il solo a desiderare che i leader europei facciano di più per la loro difesa.
Macron
“Il mondo è fatto di carnivori ed erbivori, se decidiamo di restare erbivori i carnivori ci mangeranno” ha sentenziato Emmanuel Macron: “Siamo in un momento storico decisivo per gli europei. Vogliamo leggere una storia scritta da altri, da Putin, dalle elezioni americane, dalle scelte cinesi, o vogliamo scriverla noi la storia?”. Non è propriamente chiaro a tutti se il pulpito dal quale provengono queste parole sia credibile, ma tant’è.
La coesione europea è a rischio implosione e Trump potrebbe essere l’elemento che riuscirà a dare il colpo di grazia a questa UE dei burocrati, dell’alta finanza usurocratica, e delle follie distopiche.
Orban e i Patrioti
II premier ungherese Orban abbia avuto parole entusiaste per il nuovo presidente eletto: “La più importante rivincita della Storia americana! Congratulazioni al presidente Trump per la sua enorme vittoria”. Una vittoria tanto necessaria per il mondo”. Anche secondo Maximilian Krah, politico dell’Alternative fur Deutschland e membro del Parlamento europeo: “Donald Trump ci sta liberando per i prossimi anni dalla guerra in Ucraina, dal Green Deal, dal Digital Services Act”.
Mercoledì, il quotidiano francese Le Monde ha intitolato il suo editoriale: “La fine di un mondo Americano”. Non sono pochi coloro i quali sperano che il nuovo mondo americano sbarchi in Europa.
di Matteo Castagna
Il 2diPicche lo puoi raggiungere
Attraverso la Community WhatsApp per commentare le notizie del giorno:
Unendoti al canale WhatsApp per non perdere neanche un articolo:
Preferisci Telegram? Nessun problema: