La devozione popolare cristiana ha coltivato un uso natalizio speciale, quello del presepe, in cui si raffigura in vario modo la nascita del Santo Bambino. Il presepio è una piccola liturgia domestica capace di portare in ogni casa un segno del mistero che si compie.
Tornano così tra le mani, un anno dopo, le statuine di sempre pronte a recitare la loro parte, ed è straordinario notare quanti siano gli animali che popolano questa scena, l’asino e il bue naturalmente, ma anche pecore, agnelli, oche, galline cani, cavalli, cammelli, dromedari e anche i pesci nei laghetti che le rappresentazioni ed ambientazioni più rigorose e fantastiche non trascurano e che ognuno di noi realizza in casa propria o vengono esaltate nelle grandi tradizioni presepiali. Tutta una fauna più o meno abusiva a rispetto al racconto evangelico, quasi una rappresentazione in miniatura dell’universo intero, partecipe dell’evento che segna la storia dell’umanità.
Si perchè ogni presepio, anche il più semplice e domestico, vuole ricordare che nella notte del S.Natale la natura tutta, dal cielo stellato, agli animali e agli uomini, si apre al mondo soprannaturale, è chiamata ad esultare con gli angeli del cielo, mentre la luce senza tempo del paradiso rischiara le tenebre della terra, annunciando l’avvento di un’era nuova.
Il Prologo di Giovanni ci parla della nuova creazione in Gesù Cristo. (Gv 1, 1-18)
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da potere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio Unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.”
La “magia” di questa notte d’eccezione, il cui il Divino e l’umano si toccano fino a confondersi, coinvolge dunque anche tutto il mondo degli animali: un Responsorio del tempo di Natale celebrava così questa loro partecipazione alla nascita del Salvatore:
“O magnum mysterium
et admirabile sacramentum,
ut animalia viderent Dominum
natum jacentem in praesepio!”
O grande evento di Salvezza e sorprendente segno, che gli animali vedano il Signore che è nato giacere in una mangiatoia!
Le figure che sono presenti nelle scena presepiali si richiamano alle storie evangeliche variamente interpretate e attualizzate. Tra queste c’è un dettaglio sempre presente: cosa rappresentano iconograficamente l’asinello nei quadri e nel presepe? E cosa significa il bue?
Mi soffermo dunque in questa riflessione natalizia su questi due animali, protagonisti principali del presepe.
Nella teologia cattolica, i Padri della Chiesa vedono in questi animali il simbolo della presenza di tutti i popoli davanti al Re – Messia. Il bue rappresenta il Popolo Eletto in quanto animale “puro” secondo la legge; mentre l’asino rappresenta i pagani in quanto, secondo la legge, animale impuro.
La figura dell’asino, mentre da un lato si collega alla cavalcatura dei re e degli immortali, propria delle culture dell’estremo Oriente (cfr. Gdc 5,10) dall’altro è presentato come cavalcatura, modesta, del Messia in segno di umiltà.
Il profeta Zaccaria annuncia che il Messia vittorioso cavalcherà un’asina (9, 9).
“Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.10 Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra.”
I Vangeli presentano l’entrata di Gesù a Gerusalemme proprio su di un’asina. Egli stesso domanda ai discepoli di procurargliela (cfr. Mt 21, 2-7; Lc 19,30-35; Gv 12,14). Agli occhi dei discepoli e della folla, Gesù si presenta Messia non violento, portatore di pace, colui che realizza la profezia di Zaccaria.
L’asino, anche se non esplicitamente menzionato nei Vangeli, essendo il mezzo di trasporto usuale, è da ritenersi presente negli episodi evangelici della visita di Maria a Elisabetta, nel viaggio a Betlemme di Giuseppe e Maria, nella fuga in Egitto e nel loro ritorno dall’Egitto. L’asino è dunque un animale addetto a lavori umili e faticosi, ma nella Bibbia viene menzionato in eventi significativi, come l’ingresso del Messia nella città santa, Gerusalemme e assume così un rilievo particolare.
L’asino nella Bibbia è animale da carico, simbolo di lavoro, di disponibilità (Gen 42,27; 44,13; 23,4-5; Dt 22,10; Gs 15,18; Gdc 1,14; 1Sam 25,18.20.23; 2Sam 17, 23; Lc 10,34). Fa girare le macine dei mulini (cfr. Is 30,24) e in Egitto le ruote dei pozzi.
Al contrario del cavallo che era la cavalcatura del re, la cui potenza e ricchezza si misurava dal numero dei cavalli che possedeva per fare la guerra, l’asino è animale di fatica, di lavoro e si impiega in tempo di pace.
Nella Bibbia appare, per la prima volta, quando, caricato della legna per il sacrificio, accompagna Abramo che va sul monte Moria a sacrificare Isacco (Gen 22,3.5). L’asino è scelto da Mosè per farvi montare sua moglie e i suoi figli quando ritorna in Egitto, da dove era fuggito, per compiere la missione che Dio gli aveva affidato (Es 4,20).
Un passo del libro dei Numeri mostra l’asino capace di ‘vedere’ i segni di Dio e di opporsi all’uomo ottuso che non comprende la parola di Dio (cfr. Nm 22,23-35). L’asino diviene una figura sapienziale, perché riconosce la volontà di Dio prima ancora dell’uomo che si ritiene veggente.
Così lo vediamo nelle più antiche raffigurazioni e anche in luoghi sperduti come nella stupenda immagine conservata nella Chiesa di San Peyre di Stroppo, Valle Maira (Cn) isolata a 1233 metri sopra un roccione, dove accanto a Gesù, appaiono in una tenerezza quasi umana il bue e l’asino.
Questi animali restano una costante presenza sin dall’origine catacombale del Presepe dei sarcofagi del IV secolo. In queste opere Il bue e l’asino, sempre collocati accanto al Bambino, bastano a farci comprende il compiersi dell’evento anche in assenza della figura di Maria e soprattutto di quella di Giuseppe che fa la sua comparsa solo nel V secolo nelle storie dell’infanzia in S.Maria Maggiore a Roma.
Luca al cap. 2, 1-7 dice:
“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.
2 Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.
3 Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
4 Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di
Davide, chiamata Betlemme,
5 per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.
6 Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
7 Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia,
perché non c’era posto per loro nell’albergo.
Il Vangelo canonico dell’evangelista Luca narra che Gesù fu posto in una mangiatoia, ma non nomina l’asino e il bue che vengono invece citati nel testo dello Pseudo Matteo XIV,1-3 un Vangelo apocrifo, cioè non ritenuto dalla Chiesa un testo ispirato da Dio e perciò non inserito nel canone delle scritture, i 73 libri che compongono la Bibbia.
Parla della mangiatoia (praesepe in latino) in cui è adagiato il neonato ma non fa cenno agli animali. Da dove dunque provengono queste figure?
Si può supporre sia la logica conseguenza dell’importanza attribuita da Luca alla mangiatoia che implicava la presenza di animali. Ma perchè un asino e un bue?
Se ne parla solo negli apocrifi che riportano fatti fantastici o realistici della vita di Gesù e della sua famiglia, non narrati nel Vangelo. Il vangelo dello Pseudo Matteo del V sec. al cap. 18, parla della presenza del bue e dell’asino che “adoravano” incessantemente il Bambino Gesù in mezzo a loro. Essi vengono raffigurati spesso inginocchiati ai lati della mangiatoia del Bambino e lo fissano adoranti.
Quindi la presenza del bue e dell’asino è una presenza di adorazione: essi furono i primi ad adorare Gesù.
Lo scopo dell’evangelista nel fare la citazione della mangiatoia, non è tanto un motivo logistico, ma quello di esprimere la realtà della non accoglienza del Signore, il rifiuto di Israele nei confronti di Gesù, proprio come aveva detto il profeta Isaia.
La fede cristiana, soffermandosi sul termine mangiatoia, ha infatti collegato il racconto di Luca con il testo di Isaia che dice:
«il bue conosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, mentre Israele non conosce, il mio popolo non comprende» (Is 1,3).
È un testo amaro, in cui il Signore si lamenta con il suo popolo che ha allevato e fatto crescere, ma che si è ribellato (cfr. Is 1,2).
Questi animali che, al contrario del popolo, sanno a chi appartengono, diventano simbolo di accoglienza umile e disponibile.
Mentre un animale irrazionale sa essere grato al padrone che lo nutre, il popolo di Dio non riconosce il suo Signore e non lo accoglie.
Ma perchè tra i tanti animali la profezia ha scelto proprio il bue e l’asino? La risposta si trova nel significato dei simboli secondo l’interpretazione tradizionale il bue, animale mondo, simboleggia il popolo giudaico che osserva la legge sopportandone il giogo mentre l’asino, animale immondo, rappresenta il popolo pagano nella sua negatività.
Per il bue e l’asino il trasferimento dal mondo dei simboli a quello reale deve essere avvenuto attraverso l’iconografia cui si è ispirato nel sec.IV lo pseudo Matteo.
Non si tratta quindi dell’invenzione di due animali, ma dell’espressione di un messaggio ben più profondo: con la nascita di Gesù,
il “bue” e “l’asino” cioè giudei e pagani hanno potuto finalmente conoscere il loro Signore, hanno condiviso la fede in lui e sono venuti insieme ad adorarlo.
Anche l’ordine di citazione del versetto diventa simbolico, il bue è in primo piano rispetto all’asino: il popolo giudaico – cui appartengono gli Apostoli primi annunciatori della Parola – è chiamato per primo ad esso, i pagani pur giunti in ritardo, si sono dimostrati solleciti a condividere la fede in Cristo nel segno della “Mangiatoia.
Alla luce dell’antica esegesi cristiana si può dunque così comprendere meglio la ricchezza di significato racchiusa nell’immagine del bue e dell’asino in adorazione presso la mangiatoia:
essa sta a rappresentare l’universale chiamata alla fede, la promessa di salvezza del Dio incarnato per tutti gli uomini.
L’unione di questi due animali assume un significo allegorico profondo: la loro comune presenza nella notte di Natale viene a simboleggiare che la nascita di Cristo non porrà più distinzioni tra il popolo ebraico, rappresentato dal bue, e i pagani rappresentati dall’asino.
Il bue diventa simbolo degli Ebrei che erano sottomessi alla Legge, mentre l’asino era simbolo dei Pagani perchè, come bestia da soma, portavano l’idolatria.
In un testo natalizio di Z. Zuffetti a cui si fa ivi riferimento, l’asino venne paragonato anche ai Magi, a loro volta simbolo dei Gentili per le sue lunghe orecchie: i Magi avevano infatti saputo ascoltare e credere, mentre gli Ebrei erano stati sordi all’annuncio della venuta di Cristo e non l’avevano saputo riconoscere.
Sempre per queste ragioni gli ebrei nel Medioevo furono accostati anche al gufo: animale notturno che ama le tenebre e rifugge dalla luce; gli ebrei infatti non avevano ”visto” la luce di Cristo ed erano stati ciechi davanti a lui. Non solo, se pensiamo ai due animali come simbolo del bene e del male, la nascita di Gesù tra di loro può trovare un riscontro anche con la sua morte, quando sarà crocifisso tra i due ladroni, l’uno buono, l’altro cattivo.
Un’antica leggenda che narra che nella Notte santa agli animali fu consentito di parlare con voce umana e da qui nasce un dialogo onomatopeico che vuole ribadire come tutti abbiano partecipato alla gioia della nascita di Gesù.
Il gallo col suo chicchirichì avrebbe annunciato a gran voce “Christus natus est!” e il bue muggendo avrebbe chiesto “Ubi?” e la pecora belando “Behethleem” e il corvo “Quando?” e la cornacchia “Hac nocte!”. A quel punto l’asino avrebbe incoraggiato tutti ad andare alla grotta con un lungo ed entusiastico raglio “Eamus!”
“Eamus, andiamo, e così in tutti i presepi nati dopo il primo inventato da San Francesco a Greccio, accanto all’affollarsi dei più svariati personaggi vi è anche il confluire di tanti animali verso la capanna di Betlemme.
Il loro cammino evoca un altro e più lungo viaggio, che è quello che gli animali hanno compiuto e compiono accanto all’uomo, dal momento della creazione in poi, incrociando emblematicamente la storia della salvezza.
Tutta la storia dell’uomo pare indissolubilmente legata al mondo degli animali, dal momento stesso in cui il Creatore, innamorato della vita, decide che tutti gli elementi, le terre, le acque, si riempissero di vita e pullulassero di esseri viventi.
Da quel giorno della creazione dell’universo gli animali hanno condiviso pazientemente tutto e sono sempre stati con l’uomo: l’hanno affiancato nel lavoro, rendendo più lieve la sua fatica, l’hanno nutrito, scaldato, confortato, divertito, curato, gli hanno fatto compagnia stabilendo con lui muti, e meravigliosi colloqui fatto di lucidi sguardi, pieni di comprensione e di condivisione.
Viene il sospetto che Dio ce li abbia messi accanto perchè la nostra vita fosse più facile grazie a loro, ma forse anche per misurare la nostra umiltà e la nostra superbia e spesso la deficienza, crudeltà e ignoranza.
Essi hanno in comune con l’uomo l’ “anemos”, il soffio vitale, il respiro, che li ha portati a condividere con lui tutti i luoghi della terra. La perdita del paradiso terrestre, per colpa dell’uomo, li ha visti come l’uomo vittime dell’ira divina e tutto è cambiato da quel momento in poi.
Eppure, quando Dio ha avuto un pensiero di riguardo per Noè e il genere umano salvato dal diluvio, ha pensato anche a loro e ha voluto che si salvasse ogni specie creata, perchè l’equilibrio del mondo continuasse come era stato previsto.
Gli animali però, a differenza dell’uomo, paiono godere di una connaturata, istintiva innocenza: il dramma del libero arbitrio e la tragica scelta tra il bene e il male sembrano aver risparmiato la loro genia, e sono anche immune dalla preoccupazione del domani che tanto assilla la vita dell’uomo.
Se l’uomo è convinto di avere dei “talenti”in più rispetto a loro, sarà proprio di questi talenti che dovrà rendere conto. All’uomo è data la possibilità di scegliere se seminare gioia o dolore, giustizia o ingiustizia, odio o amore, e dovrà, nell’ultimo giorno, davanti al Padre, portare il frutto di questo suo passaggio sulla terra.
Quando Gesù dice che si terrà conto, nel bene e nel male, di ciò che verrà fatto anche alla più piccola delle sue creature, io credo che è anche a loro che pensa, a loro che non hanno possibilità di ribellarsi, di protestare e di difendersi.
In questo Natale seguiamo allora con uno spirito particolare anche i “nostri animali”, quelli che il destino ci ha messo accanto, testimoni muti, ma partecipi in qualche modo della nostra vita, capaci di aiutarci, sostenerci, a scorgere i segni del Dio-Con-noi.
Si impone allora l’amore e il rispetto per tutte queste mirabili creature.
Amare gli animali non significa “umanizzarli”, ridicolizzandoli e privandoli della loro stessa natura. E’ doveroso rispettare la loro dignità che non deve e non può esser lesa da egoismi umani, da labilità e carenze affettive che spesso vengono riversate proprio sugli animali per deliri e/o per la fragilità di molti, facendo loro perdere progressivamente quelle caratteristiche specifiche che li contraddistinguono, caratteristiche naturali e istintive, proprie del loro comportamento.
Allora insieme a tutte le creature “Eamus!”, andiamo a celebrare il mistero della Nascita del Salvatore!
Gesù viene. E con Lui viene la gioia.
Se lo vuoi ti è vicino; anche se non lo vuoi ti è vicino.
Ti parla anche se non gli parli;
Se non l’ami Egli ti parla ancora di più;
Se ti perdi Egli viene a cercarti; Se non sai camminare ti porta.
Se tu piangi Lui ti consola.
Così entra nel mondo la luce e la gioia, attraverso un Bimbo che nasce povero in un presepio!
Lo splendore della nascita di Cristo illumini i cuori, affinché ciascuno possa essere in mezzo agli uomini e a tutto il creato segno di gioia e di amore fraterno.
Buon Santo Natale!
Alessandro prof. dott. Tamborini
*Plenipotenziario per le politiche di tutela e promozione del patrimonio storico-artistico.
Docente di Scienze Religiose, Storia e Simbolismo dell’Arte Antica e Medievale.





