Ora le femministe si accorgono che il Patriarcato è dentro casa loro ed è radicato nelle culture, troppo spesso da loro coccolate come la cultura islamica.
E’ di qualche giorno fa la denuncia dell’accozzaglia femminista del collettivo non una di meno che ha denunciato a Trento lo stupro di una sua militante da parte di un “Compagno che sbaglia”, un loro fidato amico che condivideva a dir loro “i loro spazi” (forse il ragazzo ha preso alla lettera la condivisione) ed era un alleato delle battaglie femministe (vatti a fidare degli alleati…). Buona notizia per il compagno che ha sbagliato: non verrà denunciato e se la caverà crediamo solo con un’attenta critica dialettica nella cellula di turno.
Casi simili non sono nuovi nel rigurgito umano dei centri sociali e a sinistra, pronta a sparare cannonate quando l’aggressore è bianco e sempre molto distratta quando invece è allogeno. Quando poi è il compagno ad avere la fregola allora scatta il soccorso rosso e si utilizzano metodi mafiosi e coercitivi per ostacolare il lavoro della magistratura.
I fatti di Parma
A Parma, nella sede della rete antifascista, nel 2010 una ragazza viene invitata ad una festa, drogata ed abusata sessualmente, il tutto viene filmato, ed il suo video viene fatto girare per anni senza alcuna remora con il colpevole silenzio di tutto l’ambiente, sino a che i colpevoli vengono individuati ed arrestati nel 2013, durante il processo poi compagni useranno metodi mafiosi cercando di intimidire e minacciando la teste per convincerla a ridimensionare la vicenda, portando altri membri ad essere incriminati con l’accusa di estorsione, favoreggiamento e falsa testimonianza).
A sinistra non esitano ad ergersi protettori della giustizia sono i primi a sproloquiare sul patriarcato reo di soggiogare la donna, ma quando la cosa tocca uno di loro o dei loro tanto adulati “amichetti extracomunitari” che stuprano ed umiliano le donne, sono i primi a tacere ed a portare l’attenzione da una altra parte.
Tali gruppi hanno come precedente storico l’umiliazione delle donne che specialmente in periodo di guerra venivano rasate a zero torturate, violentate e gettate nelle foibe.
Paolo Ornaghi
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