Gaby Hinsliff è un’editorialista di The Guardian, che oggi ha scritto il suo pensiero sulla nota e prestigiosa rivista britannica, di area Dem.
C’è sia gioia che sgomento dopo la sentenza della Corte Suprema. Ora c’è davvero bisogno di compassione e leadership.
La sentenza della Corte Suprema di mercoledì scorso, secondo cui ai fini della legge sull’uguaglianza, “donna” significa “donna biologica” – in pratica i cromosomi con cui si è nati, a prescindere dagli ostacoli legali che si sono superati nel frattempo – è comunque un momento spartiacque.
“Stiamo tornando a un’epoca precedente al “le donne trans sono donne”, punto e basta, senza dubbio: e se gestita bene, accettare che a volte la vita sia davvero più complicata di così potrebbe essere in definitiva salutare. Ma se gestita male, potremmo tornare a un’epoca molto più oscura, in cui l’esistenza trans era avvolta nella paura e nella vergogna e i bigotti avevano carta bianca” – incalza Hinsliff.
L’accordo Tory Lib Dem
I giudici della Suprema Corte, apparentemente, vogliono che la macchina del tempo si fermi al 2010, l’anno in cui una coalizione “Tory-Lib Dem” ha fatto approvare un “Equality Act” redatto dalla ministra laburista uscente Harriet Harman, che la loro sentenza ha cercato di interpretare. Come ha affermato Harman, quella legge rifletteva un consenso duramente conquistato e negoziato con sensibilità tra Stonewall e i gruppi per i diritti delle donne, che è francamente difficile da immaginare oggi.
L’accordo raggiunto riconosceva che nessuno avrebbe dovuto subire pregiudizi o molestie perché trans, così come perché nero o gay, ma che in pratica erano necessarie alcune limitate eccezioni.
Prevedeva che le persone trans fossero escluse dagli spazi femminili laddove ciò fosse un mezzo proporzionato per raggiungere un obiettivo legittimo: garantire che le donne vulnerabili non fossero spaventate dall’utilizzare un servizio come la consulenza per le vittime di stupro, ad esempio, o proteggere la sicurezza e la dignità.
Quel consenso alla fine si è infranto dopo che Stonewall ha proposto di abolire le esenzioni, prima di ripensarci, ma nel 2010 c’era ancora la sensazione condivisa che avere diritti propri non esenti magicamente dal dover considerare i diritti e i sentimenti altrui; che nessuna persona è un’isola, che c’è più di un modo per essere vulnerabili e che è necessario un compromesso. Quando i giudici hanno messo in guardia dal considerare la sentenza di mercoledì una vittoria per entrambe le parti, quello spirito è sicuramente quello che intendevano invocare.
La lezione degli ultimi 15 anni
“Un po’ di speranza. Da un lato, gli attivisti che si oppongono al fatto che le persone trans non vengano ascoltate, in un caso “che riguarda solo le persone trans” non stanno ancora comprendendo la lezione degli ultimi 15 anni: i diritti di una persona influenzano quelli di un’altra, proprio come previsto dall’Equality Act, e insistere che non lo facciano significa semplicemente distruggere la credibilità” – ammette la giornalista progressista.
Dall’altro lato, alcune femministe critiche nei confronti del genere, che hanno sopportato anni di minacce di morte, ostracismo e tentativi di licenziamento per opinioni ora giustificate in tribunale, non hanno certamente voglia di essere magnanime.
Alcune sostengono pubblicamente che la sentenza rende obbligatorio escludere le donne trans da tutti gli spazi femminili, come se ogni tutela fosse ormai scomparsa e fosse un crimine accettare qualcuno nel proprio gruppo di nuoto.
Gaby Hinsliff prosegue con un’arringa dal chiaro intento strappalacrime verso i trans: “per le persone trans e per chi le ama, questo è un momento spaventoso e incerto. Cosa succede se sei a metà del trattamento in ospedale? La palestra che ti è sempre sembrata così amichevole e accogliente diventerà ostile? E dove va a finire tutto questo per gli uomini trans?”
Persino organizzazioni di grandi dimensioni come il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) “si trovano ad affrontare i giudizi di Salomone mentre si sforzano di trattare con compassione sia i pazienti trans che quelli non trans”.
Leadership assente
Poi attacca: “Questo momento richiede leadership, ma questo governo laburista sembra timoroso di fornirla, forse perché i dati suggeriscono che l’opinione pubblica si sta, semmai, indurendo: YouGov rileva una crescente ostilità verso tutto, dalla partecipazione delle donne trans allo sport femminile ai trattamenti ormonali previsti dal NHS per gli adulti.
Stranamente, i sondaggi registrano un’opposizione leggermente maggiore all’uso di bagni e spogliatoi pubblici femminili da parte delle donne trans (55% e 58%) rispetto ai centri di accoglienza per vittime di violenza domestica (52%).
Le persone pensano davvero che una donna traumatizzata dalla violenza maschile, che soffre di flashback innescati da qualsiasi cosa le ricordi il suo aggressore e che si è rifugiata in un rifugio per sfuggire a tutto ciò, sia meno vulnerabile di una donna che si cambia in un cubicolo chiuso a chiave in un lido locale? O sono semplicemente più preoccupate per gli spazi che possono facilmente immaginarsi di usare, il che suggerisce che la discussione non sia più motivata solo da preoccupazioni di sicurezza?
La Commissione per l’Uguaglianza e i Diritti Umani
Rimane quindi la Commissione per l’Uguaglianza e i Diritti Umani, che sta elaborando linee guida statutarie su come interpretare la legge nella pratica.
Eppure, la sua presidente, Kishwer Falkner – che ha combattuto personalmente e con fatica all’interno dell’organizzazione su questo tema – sta segnalando la sua intenzione di adottare una linea dura.
“Il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe smettere di accogliere i pazienti transgender in base al loro genere preferito – ha dichiarato al programma Today di BBC Radio -, aggiungendo che le donne transgender non dovrebbero usare nemmeno i bagni e gli spogliatoi femminili: quando le è stato chiesto dove avrebbero dovuto andare, ha replicato che avrebbero dovuto “usare il loro potere di advocacy per chiedere quei terzi spazi”.
Ma se questa è la sua conclusione, allora la sua organizzazione dovrebbe guidare la carica per garantire che vengano effettivamente forniti spazi neutrali, se non vogliamo semplicemente tornare ai giorni in cui le persone transgender avevano paura di uscire in pubblico.
I cromosomi XX
Il significato ultimo di questa sentenza è che, indipendentemente da quanti interventi chirurgici si sottoponga, da quanto bene “superi” o da chi si senta di essere, agli occhi della legge una donna trans non può essere una donna allo stesso modo di una persona nata con cromosomi XX.
Non si può nascondere che, per alcuni, questo sembrerà scandalosamente crudele, e per altri più di buon senso.
Ma sebbene inevitabilmente crei una certa separazione tra donne trans e biologiche. Spetterà al parlamento decidere in linea di principio e alle persone decidere in pratica come esattamente dobbiamo vivere tutti insieme, quali norme sociali stabiliamo e quanto indietro nel tempo si spinge l’orologio.
“Non è troppo tardi per cercare di farlo con cura e compassione, piuttosto che abbandonarsi a regolamenti di conti. La Corte Suprema intendeva chiaramente darci un’altra possibilità, come società, per fare le cose per bene. Il crimine sarebbe sprecarla”.
Il rapporto ONS
Abbiamo dei dati sul numero di queste persone, che tanto stanno a cuore alla stampa mainstream, alla politica ed alle Istituzioni?
C’è un rapporto dell’ONS che ha effettuato un censimento attraverso domande sull’orientamento sessuale nel marzo 2021.
48.000 (0,10%) si sono identificati come uomini trans; 48.000 (0,10%) si sono identificati come donne trans; 30.000 (0,06%) si sono identificati come non-binari;
Il totale della popolazione del Regno Unito è di circa 70 milioni di abitanti.
Stabilito, addirittura con sentenza, ciò che è ovvio, come G.K. Chesterton prevedeva il secolo scorso, dicendo che verrà un giorno in cui si dovrà dire che le foglie sono verdi d’estate, crediamo che, riportando nei binari dell’equilibrio certe proporzioni minimali, saranno altri i problemi ed altre le priorità per gli inglesi.
di Matteo Castagna
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