“Immani cazzate” – passateci il francesismo – i problemi esistenziali di questo mondo sono altri.
Ad oggi, parole d’uso comune sono oggetto di censura da parte di una minoranza che ha in odio il termine nero e le sue accezioni più svariate.
L’ultima follia Woke riguarda una delle bevande alcoliche più note e – guarda caso – italiane: il Negroni.
Ordinare la barista un Negroni è sinonimo di razzista, Fascista. Lo scontro al bar Primavera di Pordenone è un riflesso dell’ideologia malata di chi cerca e scova razzismo ovunque, nemmeno fosse un investigatore di grido come Nero Wolfe.
Ordinare un Negroni significa fomentare una rissa, poiché gli stranieri dalla pelle scura si sentono oggetto di discriminazione.
Il povero Conte Camillo Negroni – inventore della bevanda – si starà rivoltando nella tomba, sbellicandosi dalle risate. Del resto il Negroni è nato in epoca sospetta, anno 1919, lo stesso della fondazione dei Fasci di Combattimento, ad opera di Benito Mussolini…
Nomi di persone e cose, cognomi e chi più ne ha più ne metta sono nell’occhio del ciclone.
La crociata ne pretenderebbe l’abolizione, e pensare che ci fu un Ventennio in cui tutte le parole straniere venivano cambiate in parole italiane, senza tanti sconvolgimenti o rivolte d’occasione.
Bei tempi andati… In attesa di altre “immani cazzate” – ripassateci il francesismo – obbiettivo della caccia alle streghe Woke, noi lanciamo, qui ed ora, un nuovo vino, negro e virtuoso, tutto italiano, siciliano: il Nero d’Evola.
Con buona pace di chi non riesce a convivere con il colore della propria pelle.
Cristian Borghetti
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