27 giugno, anniversario della strage di Ustica. Come sempre, due distinti “partiti” che si contrappongono. Da una parte, l’Avdau di Giuliana Cavazza e di un nutrito e qualificatissimo gruppo di studiosi d’indubbia caratura, i quali cercano ancora la verità su quella tragedia, scevri d’ogni condizionamento ideologico e forti – anzi, fortissimi – di un metodo multidisciplinare di ricerca, improntato al massimo rigore. Dall’altra, il “cretinismo fantasioso” della Sinistra e anche di una parte della Destra che – in nome di un antiamericanismo e di un’opposizione preconcetta alla Nato degni di miglior causa – insistono senza posa sulle suggestioni di una battaglia aerea, di cui non è esistita e non è mai emersa alcuna traccia convincente o anche solo minimante fondata.
Bisogna sgomberare il campo dall’inevitabile equivoco: avere ben presente la sostanziale sudditanza – e, pur troppo, crescente – dell’Italia verso gli Stati uniti; avere la piena consapevolezza che detta sudditanza si manifesta pienamente nel modo in cui il Paese sta all’interno della Nato; tutto ciò non può condizionare la ricerca – e il conseguente giudizio – sulla vicenda di Ustica. Sostenere – come si sostiene – che coloro che propendono per l’ipotesi della bomba a bordo, quale causa della distruzione del velivolo dell’Itavia nel 1980, di fatto, sosterrebbero questa tesi per compiacere in qualche modo gli Usa, dimostra solo i limiti – e le vergogne – che ancora contraddistinguono il dibattito pubblico sui grandi, drammatici episodi della storia repubblicana.
Tanto più che questa accusa non regge il confronto con la realtà degli “schieramenti” presenti su questo campo. A parlare o fare illazioni sulla battaglia aerea, come causa del disastro, infatti, si ritrovano i più: istituzioni e partiti; come detto, Sinistra e parte della Destra; amici degli americani – come Francesco Cossiga, Giuliano Amato e, da ultima, anche Giorgia Meloni – e nemici storici degli Usa, come i movimenti radicali d’ogni colore. L’Avdau, in questo senso, è praticamente isolata, come dimostra il quasi silenzio che grava sulle sue meritorie attività di studio e divulgazione di quella storia criminale, giudiziaria e politica.
All’altra parte, guidati da Daria Bonfietti e dal Partito democratico, si accodano tutti gli altri, nell’ossequio del principio che la memoria pubblica dell’Italia possa essere elaborata e veicolata solo dagli ex-appartenenti al Partito comunista, a cui decenni or sono, ormai, la Democrazia cristiana affidò il compito di costruire le narrazioni, dietro cui mascherare gli “arcana” della repubblica.
Poco conta, da questo punto di vista, il fatto che, da una parte, quella dell’Avdau, ci sia l’indubbia analisi dell’oltre un milione e 800 mila fogli che compongono il fascicolo giudiziario e la restante, innumerevole sequela di libri, saggi, articoli e quant’altro è stata scritto e pubblicato sull’argomento. la verità non potrà mai suggestionare – e avere successo – quanto la fantasia.
Quel che sconcerta, è che non sia sostanzialmente cambiato nulla, col Centrodestra al governo. O meglio, quasi nulla. C’è stata la desecretazione di alcuni documenti dei Servizi segreti dell’epoca – che rafforzano l’idea dell’attentato e ne indicano anche la possibile matrice palestinese -, ma non un’adeguata e conseguente campagna di informazione che potesse chiarire l’eventuale perché, nell’estate del 1980, qualche terrorista di quel martoriato popolo avrebbe dovuto far cadere quell’aereo.
D’altro canto, come potrebbe mai, il governo in carica e i partiti che lo sostengono, “sposare” incondizionatamente una tesi che, di fatto, metterebbe in discussione, in primo luogo, la narrazione sulla successiva Strage di Bologna?
Fratelli d’Italia ha fatto una scelta di campo – accettare gli esiti delle sentenze emesse dalla magistratura di Bologna – e, in virtù di questo, pare stia trattando riservatamente con l’associazione familiari e vittime del 2 agosto l’eventualità che la stessa premier, quest’anno, partecipi alla manifestazione che si tiene nel piazzale delle Medaglie d’oro. Forse, Giorgia Meloni non parlerà dal palco, ma potrebbe essere in prima fila, a rappresentare il governo e a dare il senso plastico della resa a discrezione della Destra su questi temi. Un modo, spiega qualcuno a Roma, per essere sempre più Giorgia e sempre meno ex-An ed ex-Msi, scavando un solco incolmabile tra il suo futuro e il proprio passato.
Potrà mai, un’intenzione del genere, essere sacrificata, appoggiando con convinzione e coerenza la battaglia per la verità su Ustica, rischiando di rinfocolare, anche nel suo stesso partito, la tentazione di mettere in discussione l’esito giudiziario per Bologna?
Da questo punto di vista – e solo da questo punto di vista -, si devono leggere e interpretare anche le recenti (e indecenti) dichiarazioni di Chiara Colosimo sullo Stragismo; il silenzio sull’ultimo obbrobrio che, in Corte d’assise, si sta consumando a spese di Gilberto Cavallini; il nulla cosmico, in ci si è concretizzata l’idea di una “commissione parlamentare sulla violenza politica”, tanto propagandata e annunciata in campagna elettorale.
Tutto sommato, l’Italia è la stessa di sempre: non ha bisogno di verità, ma di suggestioni funzionali, ora a perseguire questo scopo, ieri un altro, domani un terzo o un quarto ancora. Perché? Perché la verità vincola, ostacola, impedisce o, nella migliore delle ipotesi, è inutile. Nel “bel paese dove il sì suona” necessita – e si vuole – solo lo instrumentum regni che, com’è noto, è un’espressione, il cui significato ha a che fare indistintamente col potere temporale e il senso religioso.
Ustica, Bologna, Enrico Mattei, Portella della Ginestra o qual si voglia altro accadimento più o meno recente, non sono episodi della storia, in Italia, ma paradigmi – cioè, chiavi d’interpretazione – della contingenza politica. E solo in questa cornice possono essere esposti, ammirati o, al limite, contestati. L’importante è che non vengano chiariti – mai! -, al fine di non svalutarne la valenza strumentale.
Complimenti Sig.Mazzanti per la logica stringente della sua analisi e per aver collegato con un “fil rouge” ( mai colore fu appropriato come in questo caso! ) i grandi enigmi irrisolti del nostro paese, o risolti violentando la verita’.Faccio parte dell’ Associazione AVDAU e quindi il caso che meglio conosco e piu’ mi apassiona e’ quello di Ustica, ma conosco abbastanza degli altri casi per ritenere molto vetosimile cio’ che lei pensa in merito.Il concetto piu’ amaramente vero che lei ha espresso e’ che il nostro paese non ha bisogno di verita’ ma di “suggestioni funzionali”.Complimenti, buon lavoro !