Sia chiaro: io non amo Bezos. Non perché sia ultraricco: condivido l’opinione di Plinio Corrêa de Oliveira che il peccato mortale dell’invidia sociale sia alla base delle criminali ideologie collettiviste che affliggono il nostro mondo. Ma perché non dimentico che Bezos è stato uno dei più sfegatati sostenitori dei Democratici USA e del loro Deep State, tuttora esistente e imperante, prima di un prudente endorsement al vincitore Trump.
Non dimentico che Amazon è stata la punta di lancia delle oscene, pervasive, aggressive teorie e pratiche woke. Non dimentico che Amazon ha messo sul lastrico migliaia di piccoli commercianti nel mondo: quante sono state le librerie indipendenti che hanno chiuso a causa del suo dumping commerciale? Non dimentico che Amazon ha boicottato la vendita libri non graditi al mondialismo: per anni, ad esempio, ha censurato Aleksandr Dugin e, anche oggi, sono pochissimi i suoi libri in vendita su questo canale.
No, non amo Bezos, la sua signora dalle toilette stravaganti, il circo di altri milionari, attori e attricette tutti liberal, ultrademocratici, radical-chic, veri esempi della gauche-caviar e favorevoli all’immigrazione (che rovina la classe media) con cui si è circondato in occasione dei suoi ricchissimi sponsali.
Per questo sono in buona parte d’accordo con il bravo Roberto Pecchioli che su questo sito (https://www.2dipicche.news/venezia-e-jeff-bezos-arte-e-storia-ridotti-a-location/) ha usato parole assai severe nei confronti di quella “profanazione” (così l’ha definita) rappresentata dalla presenza a Venezia per tre giorni di Bezos, signora e invitati ai suoi sponsali.
L’isola dei morti
Ora, prima di proseguire, una precisazione: io sono mezzo veneziano e orgogliosissimo di esserlo. Ogni anno cerco di tornare a Venezia anche per visitare i miei morti nell’isola di san Michele e salutare Ezra Pound che vi è sepolto. San Michele è il labirintico cimitero più bello del mondo che ha ispirato la struggente e inquietante veduta del quadro (in realtà sono cinque) L’isola dei morti di Arnold Böcklin. Negli anni, ho assistito al tristissimo fenomeno della deportazione dei veneziani sulla terraferma, alla progressiva diminuzione dell’uso della bellissima lingua veneta, alla trasformazione dei bacari in locali per turisti, al degrado del commercio e dell’artigianato tradizionale.
Roberto Pecchioli
Scrive Pecchioli: “La post modernità che vive solo di affari, bilanci e trimestrali di cassa, ci ha abituati a ogni profanazione. Venezia è profanata da decenni dalle navi da crociera, da torme di ignari provenienti da ogni angolo del pianeta che prima bivaccano a Santa Lucia, poi sciamano verso Rialto e San Marco, tutti insieme al richiamo di un sistema per cui tutto, monumenti, tradizioni, chiese, il tesoro immenso accumulato da Venezia nel tempo, vale solo in quanto vendibile alla massa e, in alto, ai capricci dei nuovi imperatori del mondo. Ma è profanata anche dall’abbandono dei suoi abitanti, dal trasferimento in terraferma di ogni attività, dall’indifferenza per il suo destino.”
Come non posso non essere d’accordo, con l’unica precisazione che le navi da crociera da alcuni anni non attraccano più vicino a San Marco? Però posso anche sommessamente aggiungere che la “profanazione” di Bezos, e mi si eviti l’accusa di “economicismo” che per storia personale non merito, ha generato un giro d’affari tra i 22 e 29 milioni di euri? A ciò si aggiunga la donazione dei novelli sposini di tre milioni alla città. Una presenza volgare, da nouveaux-riches, cafona, un vero trionfo dell’esibizionismo della ricchezza e quindi del cattivo gusto? Fuor di ogni dubbio.
Decadenza di Venezia? A partire da Napoleone
Ma il cattivo gusto non è ancora reato. Un blocco, un’occupazione della città, delle sue calli, dei suoi campi? Può darsi, anche se faccio notare che la maggior parte degli eventi si sono svolti in aree decentrate, come l’isola di san Giorgio Maggiore e l’Arsenale. No, questo matrimonio non è un sintomo della decadenza di Venezia che da sempre ospita sposalizi, aristocratici o borghesi.
Il tramonto di Venezia è iniziato centinaia di secoli fa, e tragico fu momento dell’occupazione da parte di quel criminale internazionale di Napoleone, che distrusse la gloriosa, neutrale Serenissima, perseguitò i pochi aristocratici non infranciosati rimasti fedeli all’idea del Dogado, saccheggiò e derubò le ricchezze e i beni artistici accumulati nei secoli per portarsele a Parigi, represse con la sua solita violenza e con massacri di massa gli insorgenti antigiacobini di Bergamo, Brescia, Verona (le Pasque Veronesi), Vicenza, Belluno, degli istriani e dalmati (“Nu con ti, ti con nu”, riferito a Venezia), che si sollevarono al grido di “Viva san Marco”,quel Napoleone che impose leggi rivoluzionarie per poi svenderla all’Austria-Ungheria che da secoli odiava la Serenissima.
Ma pure con l’imperial-regia veneta marina i marinai veneto-istro-dalmati si fecero onore contro la residua pirateria barbaresca e poi a Lissa: “Fioi, gavemo vinto”, urlò in veneto l’ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff e gli equipaggi risposero: “Viva san Marco!”. Il Regno d’Italia, così poi come la Repubblica, la umiliarono, la ridussero prima a decadente ospizio letterario per ricchi esteti invertiti e poi terra di saccheggio di un turismo di massa straccione, sciabattante, smutandato, seminudo, urlante, maleducato e ignorante.
Veneziani de souche
E i veneziani sono fuggiti anche a causa di un’inesistente politica abitativa, vera causa dell’esodo, non solo perché le case vengono date agli stranieri con gli affitti brevi (scelta proprietaria peraltro legittima), ma perché non si è mai provveduto a costruire o a restaurare case da destinare esclusivamente ai veneziani veri, quelli che i francesi definirebbero de souche. Ma, certo, una simile decisione genererebbe la sollevazione delle sinistre, dei sindacati e ovviamente della magistratura che strillerebbero alla discriminazione. Secondo costoro, le case andrebbero date prima agli immigrati.
Ben peggio di Bezos e della sua corte di riccastri sono i suoi contestatori. I primi, conoscendo la regola degli ospiti e del pesce, dopo tre giorni se ne sono andati. Gli sguaiati contestatori, con il supporto della feroce e violenta egemonia culturale di professorini, sociologi, giornalisti, commentatori e politici tutti di ultra-sinistra, dobbiamo tenerceli sul gobbo, pronti per la prossima occasione a urlare il loro odio per la ricchezza (altrui) e a invocare super-tasse per i ricchi. “Sembrano i tempi antichi in cui i militanti comunisti andavano a tirare le uova ai borghesi impellicciati alla prima della Scala” ironizza Francesco Borgonovo su LaVerità.
Il Leone sventolato dagli ecocomunisti
Così abbiamo visto gli eco-vandali (o eco-terroristi?) di Extinction Rebellion, gli stessi che per anni hanno vandalizzato e danneggiato opere d’arte nei musei e monumenti nelle piazze in nome di una indimostrata crisi climatica d’origine antropica, gli stessi che sono finanziati dalla nipote del petroliere J. Paul Getty, uniti agli sprangatori dei centri sociali, ai nipotini di Cacciari, ai residui fautori della lotta di classe, occupare piazza San Marco, resistere alle forze dell’ordine, arrampicarsi come scimmie sui pennoni per sventolare i loro striscioni, urlare il loro odio e strillare vittimisticamente perché portati via a braccio dalla polizia. Da una registrazione sul web della protesta, nessuno di loro latrava con l’accento veneto. Ma era certamente veneto l’accento di un cittadino che fuori campo insultava i manifestanti: “Ma andate tutti a fare in c…”.
La cosa che mi ha più fatto male è stato vedere la gloriosa bandiera rosso-oro di san Marco, quella di Famagosta, di Lepanto, quella su cui piansero i soldati zaratini alla notizia dell’assassinio della Serenissima Repubblica per opera delle orde napoleoniche, sventolare assieme a quelle pacifiste e frocesche tra le zampe indegne del canagliume eco-comunista, che manifestava in piazza san Marco contro Venezia e contro la Bellezza. Tra l’altro era ideologicamente la stessa maramaglia verde-rossa che, qualche anno fa, protestava contro la costruzione delle paratie del MOSE, un capolavoro italiano dell’ingegneria idraulica che oggi protegge con successo Venezia da inondazioni disastrose come quelle del 1966 e del 2008.
Venezia e l’arte… durante la RSI
Che piaccia o no (e a me non piace tanto), Venezia vive oggi soprattutto di turismo. Il Fascismo valorizzò la Biennale di Venezia e inventò la Mostra internazionale del cinema che rimane un importantissimo evento internazionale, ancorché oggi la mostra sia stata occupata manu militari dalla cinematografia di sinistra e della più bieca propaganda antifascista, femminista e immigrazionista (i premi li vincono solo “loro”).
Durante la Repubblica Sociale, con Roma occupata dai “liberatori”, Cinecittà venne spostata a Venezia e continuò a produrre opere più che dignitose. La Repubblica “democratica” avrebbe potuto attrarre a Venezia centri di ricerca, laboratori e centri scientifici internazionali, nuovi istituti universitari, convegnistica internazionale di alto livello. Ma nulla di questo è avvenuto.
Nulla di fatto nel dopoguerra
La Repubblica Italiana nulla di serio ha fatto dal 1945 ad oggi per salvaguardare Venezia, i suoi abitanti e la sua abitabilità. E’ stato il cruccio pluridecennale di un grande non veneziano, il toscanissimo Indro Montanelli, che combatté coraggiose battaglie per la salvaguardia della città. Finalmente, dopo anni di discussioni e con l’opposizione della sinistra, è stata introdotta una tassa d’ingresso, da 5 a 10 euri, contro le visite mordi e fuggi di un giorno.
Ma è in vigore solo alcuni giorni l’anno e la modestia dell’importo non scoraggia il turismo predatorio e parassitario delle orde straccione di mangia-panini sui gradini dei ponti, lasciando ovunque le relative cartacce; lo stesso turismo ignorante e di rapina che incentiva l’espandersi dei negozietti indiani di oggetti di finto vetro di Murano, delle maschere fatte in Cina, dei souvenir costruiti ovunque nel mondo, ma non in laguna. Occorrerebbe una tassa sostanziosa e per tutto l’anno, a scalare: più dormi a Venezia meno paghi.
Sinistra e turismo d’élite
D’altronde è bizzarro notare che l’ultra-sinistra internazionale, contraddicendo la sua ideologia circa “il turismo democratico” e svelando il suo vero volto elitista, ha trovato un nuovo nemico: l’“overtourism” (nell’inventarsi nuove parole falsificanti, da “maschilismo” a “femminicidio” o a “omotransfobia”, costoro sono bravissimi). Hanno iniziato a Barcellona, bellissima città purtroppo governata da una coalizione di ultra-indipendentisti ed estremisti di sinistra, dove manipoli di attivisti, corrispondenti ai nostri centri sociali, comunque non più di qualche centinaio di esagitati, sono scesi in piazza contro il turismo e i turisti chiedendo una “decrescita turistica” e al grido di “turisti no, immigrati sì”.
D’altronde non dimentichiamo che la Generalitat de Catalunya, il governo regionale, finanzia le ONG criminali che trasbordano i clandestini invasori dalle acque libiche alle nostre coste. Si è giunti agli insulti e alle minacce nei confronti dei turisti: “tornatevene a casa” e persino ad inzuppare d’acqua tranquilli villeggianti seduti nei dehors dei caffe. Analoghe manifestazioni, che comunque hanno coinvolto non più di poche decine di militanti, si sono svolte anche a Palma de Mallorca, Malaga, Ibiza, San Sebastián e Granada, tra la contrarietà evidente e rabbiosa dei commercianti e dei lavoratori nel turismo.
L’accusa è anche quella secondo cui gli affitti delle case ai turisti generino aumenti per le locazioni ai residenti e agli studenti. E infatti Barcellona si è impegnata a chiudere tutti i 10.000 appartamenti turistici della città entro il 2028 e le autorità nazionali stanno prendendo provvedimenti contro Airbnb. Un atto che denuncia l’odio tutto collettivista per la proprietà privata e la libertà d’impresa.
Il demonio “affitto breve”
L’esempio di Barcellona ha fatto scuola: anche Amsterdam dice basta al turismo di massa: il municipio vuole imporre un numero chiuso agli arrivi in città, vietare l’apertura di nuovi hotel, imporre dure restrizioni per le case vacanza come Airbnb, aumentare la tassa di soggiorno. In Italia molti comuni retti dalla sinistra, come Firenze e Roma, si sono scatenati con vari cavilli contro gli affitti brevi per i turisti, con l’opposizione, anche nei tribunali, dei proprietari, che rivendicano il diritto alla libertà d’uso delle loro proprietà.
Persino il governo di centrodestra (centrodestra?) su pressione anche della lobby degli albergatori, ha emanato disposizioni per ostacolare il fenomeno, imponendo ai proprietari obblighi come la registrazione in presenza e l’installazione di sofisticati impianti antincendio, come nei grandi hotel.
L’Arcivescovo di Genova, l’ultra-progressista Marco Tasca, nella sua omelia nel giorno della festa patronale di san Giovanni Battista ha tuonato non contro l’aborto, l’omosessualismo, i gay-pride o l’eutanasia, ma contro… gli affitti brevi per i turisti, nuovo peccato contro natura, dicendo che questi tolgono case agli studenti. Immagino la tristezza dei vecchi genovesi nel vedere seduto sulla cattedra che fu del cardinal Giuseppe Siri, grande prelato tradizionalista e papa mancato, purtroppo, per le oscure trame dei modernisti e/o dei massoni, un arcivescovo che attacca proprietà privata che, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa, è di diritto naturale.
Salviamo Venezia dagli odiatori di sinistra
Il tema del turismo di massa, che ovviamente va regolamentato e in alcuni casi, come a Venezia, contrastato vigorosamente, è troppo serio per essere lasciato nelle mani degli sciamannati odiatori di sinistra. Ma egualmente non dobbiamo cadere nell’opposto snobismo tonitruante contro la volgarità dei nuovi ricchi e dei loro yacht o nella rozza caricaturizzazione di personaggi alla Briatore.
Il modo migliore per attrarre un turismo di buon livello, rispettoso ed educato è garantire un’ottima amministrazione del territorio, che valorizzi i beni artistici ovunque esistenti nel nostro paese, che incoraggi strutture attraenti e operatori turistici preparati e non vessati da una burocrazia vorace e inefficiente, un artigianato tradizionale, manifestazioni culturali di qualità e non inquinate dalla sinistra, un ambiente preservato dalla eco-barbarie delle pale eoliche e dei campi di pannelli solari e che tenga lontano le bande criminali di cosiddetti “italiani” di prima, seconda generazione e no (ricordate i “maranza” che hanno recentemente terrorizzato Viareggio?), borseggiatori di varie razze e molestatori di ogni tipo.
Antonio de Felip
Mai lasciarsi prendere la mano dall’enfasi
Centinaia di secoli fa….