«Liberaci – liberami – da qualsiasi tentazione polemica o ideologica, perché solo te vogliamo servire e seguire, così che venga il tuo Regno e nessuno debba più sentirsene escluso, nessuno debba più temerlo come una minaccia, per tutti, tutti, tutti, il tuo Regno sia vita della vita».
Vertiginoso nella sua ambiguità, monsignor Savino, è quasi impudente; ed è impudico il suo fingere di non conoscere il catechismo della Chiesa cui appartiene e non da semplice battezzato!
Un capolavoro di retorica, il suo discorso, dove Cristo sparisce e l’abbraccio alle persone omosessuali si fa presa mortale.
Il Regno di Dio è un regno esclusivo: tutti sono chiamati, non tutti lo conquisteranno ed il suo arrivo deve essere temuto, fortemente temuto, da “tutti, tutti, tutti” gli impenitenti.
Dove abita la carità se non nella verità?
E perchè non far parola della castità alla quale sono chiamati gli omosessuali?
Perché si finge che non sia questa la nota dolente, il quid indicibile, la richiesta esigentissima di Cristo?
“Nessuno deve sentirsi escluso”, ripete il vicepresidente della Cei, ma il senso del pellegrinaggio è nella risoluzione ad abbandonare il peccato, non altro.
San Pietro non è un club: tutti sono ammessi, tutti lo sono da sempre, nessuno è mai stato rifiutato, ma altro, ben altro, è il fine ultimo della Chiesa.
Luogo di salvezza
La Chiesa è il luogo della salvezza… che nessuno sia escluso dalla salvezza eterna è l’unica vera preoccupazione di un sacerdote fedele ed amorevole.
Si entra in Chiesa, col battesimo, non per partecipare, ma per vincere il premio eterno.
Senza poter conoscere le intime determinazioni dei partecipanti, il loro profondo rapporto col Signore e dunque senza alcuna intenzione di giudicare le singole persone, ricordo che nessuno di loro ha dichiarato di voler abbandonare la via intrapresa, anzi.
L’associazione presente, la tenda di Gionata, scrive nel suo sito che “l’amore omosessuale ha la stessa dignità di ogni altro amore” contraddicendo così il bimillenario insegnamento della Chiesa e di Cristo che solo nell’amore sponsale vede il corretto “esercizio” della sessualità.
Gli omosessuali presenti dichiarano di voler servire Cristo, ma come servirlo se più forte è la tenacia nel peccare che la fede per pentirsi?
Una sfida
E’ una sfida a Dio, un abissale peccato di superbia, una assenza di modestia quasi demoniaca, il pretendere di “averLo” alle proprie condizioni e non alle Sue.
Dettano legge gli omosessuali in San Pietro che vogliono continuare nei loro rapporti omoerotici, lo fanno i divorziati che non vogliono capire che, a meno che la Chiesa non si sia espressa per la nullità della precedente unione, non possono vivere more uxorio con alcuno.
Tutti tentano di imporre le proprie deformità e non più si vuole che queste deformità vengano curate, eliminate, sanate: si teme il percorso durissimo della guarigione e, se non si è fortunati, si incontrano medici “pietosi”.
Monsignor Savino è uno di questi …la piaga purulenta, però, è la grave conseguenza di tanta falsa pietà, una conseguenza che, per le anime, rischia di avere ripercussioni tragiche ed eterne.
Irma Trombetta
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