Mentre la politica si nasconde dietro riforme zoppe e rinvii eterni, la macchina amministrativa si fa cultura dell’inerzia e disattiva ogni reale garanzia
Dietro ogni promessa disattesa, dietro ogni riforma azzoppata, dietro ogni cittadino che smette di credere nella politica, c’è lei: la burocrazia.
Non quella necessaria, minima, ordinata. Ma quella torbida, inceppata, reiterata, che si è fatta cultura prima che macchina.
L’Italia ha fatto della burocrazia l’alibi perfetto
per non decidere mai davvero.
E così mentre si parlava di riforme, si scrivevano testi di legge pieni di eccezioni, commi oscuri e rinvii attuativi che non arrivano mai.
Non è solo un difetto tecnico: è una scelta politica camuffata da inerzia. E che continuano a tenere tutto, generando entropia a livello di Sistema.
Chi ha provato a tagliare questa giungla?
Si potrebbe citare l’articolo 18, simbolo del lavoro tutelato, che è stato prima mutilato, poi abrogato, ora rimpianto da chi lo ha sacrificato senza costruire niente al suo posto.
E nel frattempo, migliaia di lavoratori licenziati in modo discutibile restano in un limbo, tra cause che durano mediamente 800 giorni, ricorsi che oscillano nel vuoto e dignità lavorative ridotte a meri numeri in contenzioso.
È qui che la burocrazia diventa politica travestita da tecnica: quando la complessità viene usata per diluire le responsabilità, per non dire mai un vero sì o un no.
Ma quale senso oggi un Si o un NO possono contare se non si fa una pianificazione sull intero settore?
È anche per questo che la partecipazione democratica scivola: se un diritto richiede moduli, PEC, bolli e interpretazioni contraddittorie, allora non è più un diritto, è un premio a chi resiste di più.
Altro che volontà popolare: nei referendum non si è mai chiesto nulla sul vero cancro dell’Italia, né nei programmi elettorali si mette mano al tempo perso, alla stratificazione normativa, alle
contraddizioni procedurali.
Secondo il rapporto Doing Business (dati 2020, mai sostanzialmente smentiti), per aprire un’attività in Italia servivano 6 procedure e 11 giorni.
Per far valere un contratto servivano 1.120 giorni, quasi tre anni.
È questa la libertà economica che vogliamo raccontare a chi arriva da fuori cercando un Paese che funzioni?
La burocrazia italiana non è solo inefficiente: è
asimmetrica, deviante e autoalimentata.
Non tutela, blocca. Non seleziona, intrappola. Chi ha capitale, connessioni o un buon avvocato può girarci attorno.
Gli altri restano nel fango. Eppure si continua a dire che “la legge è uguale per tutti”. Ma chi sono questi tutti oggi?
No, la legge scritta forse lo è.
Quella applicata, quella che ti arriva in tempo utile, quella che non ti stremi a inseguire: quella no.
È il momento di smascherare questa
grande frattura silenziosa.
Prima che il diritto diventi solo una retorica da comizio e il cittadino, ancora una volta, un fesso da sportello.
DAL MIO PENSIERO: L’ ELEZIONI LE HA VINTE LA DESTRA, MA CHI HA IL POTERE IN MANO È LA SINISTRA, TUTTI I POSTI CHIAVE SONO IN MANO ALLA SINISTRA, UFFICI PUBBLICI, SANITA, UFFICI INPS ECC…..ECC DITEMI VOI COME FA IL GOVERNO A GOVERNARE. DA QUANDO HA VINTO LE ELEZIONI IL CENTRO DESTRA È ANDATO TUTTO A SCATAFASCIO, CREDO DI AVER DETTO LA MIA. GRAZIE PER LA VOSTRA PAZIENZA A LEGGERMI ❤️❤️
Ciao Claudio, in base al tuo commento ho riflettuto e direi che c’è allora ampio margine di miglioramento. Bisogna solo trovare il coraggioso che dall alto voglia il miglioramento dell iter burocratico. Quanto tempo dedichiamo alle pratiche? Oggi siamo sempre in fila o in attesa di risposte. Il punto è che non dovrebbe essere così fondamentale vincere o perdere in politica. Dovrebbe essere invece motivante far meglio per i cittadini e meglio dell avversario. Invece ci portiamo dietro dal 900 solo lo show della politica