All’indomani delle commemorazioni in ricordo di Sergio Ramelli ed Enrico Pedenovi, gli eredi beceri e volgari dei loro assassini ne continuano a infangare la memoria.
È il caso di Sesto San Giovanni, dove il monumento che ricorda i due militanti è stato imbrattato con escrementi e scritte ingiuriose.
Non serve più nemmeno arrabbiarsi con tali perdenti, perché questi gesti li qualificano per quel che sono, ossia fatti di una sostanza non molto diversa da quella depositata sul monumento. Perché tali nullità sono solo rifiuti della società, prodotti di scarto, errori della natura, chiamiamoli come vogliamo.
Ciò che però è inaccettabile è il silenzio delle istituzioni, se non qualche timida presa di distanza giusto per salvare la faccia, salvo poi deviare sempre sul discorso fascismo. Quando dicono che l’Italia si fonda sull’antifascismo, vuol dire affermare che questo Stato è basato su azioni come questa.
Se da un lato è uno scenario avvilente, dall’altro dimostra perché l’erede della romanità oggi è piazzata così, un sistema che usa come latrina chi veramente ama la Patria.
Ecco cos’è l’antifascismo, ecco cosa è nato dalla resistenza, nemmeno i vecchi partigiani (parliamo dei patrioti, non dei criminali che uccidevano a caso e auspicavano nell’adesione a Varsavia) si abbassavano a certi livelli.
Oggi il pericolo fascismo non esiste, quello antifascismo è concreto e sta disintegrando la nazione che ha esaurito la spinta data a ciò che venne prima della guerra.
Il tutto sulle note di bella ciao o di canti giamaicani.
Lorenzo Gentile
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