Hanno rotto il loro giocattolo preferito e l’hanno guastato proprio con ciò che temevano di più: un accordo.
Come si sono permessi di cercare e riuscire a trovare una tregua – per la vera pace si dovrà lavorare a lungo – lasciandoli orfani delle loro comparsate televisive, dei loro cortei (che pure continuano), delle loro finte preoccupazioni per la popolazione alla fame, mentre sulla plancia della flotilla si mangiava lautamente.
Il giorno dopo l’accordo erano tutti tristi di non poter continuare la loro farsa e di non poter fare le finte faccette di circostanza davanti alle telecamere. Certo, ora non muore nessuno, ma a tutto il reame sinistroide non interessa questo; cercavano solo visibilità mediatica e finto dolore.
Ciò che è più irritante e per certi versi raccapricciante è come solo la protesta contro le stragi di civili in Palestina abbia fintamente scosso le loro coscienze assenti in tante stragi e persecuzioni ancora peggiori. In quei casi non ho visto bandiere, cortei, proteste e deputati recatisi sul posto.
Alzi la mano chi si ricorda cortei di dissenso e rimostranza per questi eventi:
Genocidio dell’Anfal (Popolo Curdo)
Tra il 1986 e il 1989, il regime di Saddam Hussein ha distrutto 4.000 villaggi curdi e ucciso centomila persone, oltre ad aver costretto alla fuga decine di migliaia di civili. Il culmine è il massacro di Halabja, avvenuto il 16 marzo 1988, dove in poche ore un attacco con gas sarin causò 5.000 morti, tra cui moltissimi bambini. La reazione internazionale fu tiepida, nulla in Italia. Per la cronaca, il sarin paralizza i muscoli del respiro; la sopravvivenza è di circa un minuto.
Guerra Ex Jugoslavia
I serbo-bosniaci del presidente Karadžić e del comandante Mladić assediano Sarajevo nel 1995. Nel luglio di quell’anno entrano a Srebrenica e massacrano 8.000 musulmani bosniaci in una zona dichiarata protetta dall’ONU, presidiata da un contingente di Caschi Blu che, facendosi da parte, contribuì di fatto al massacro. Anche qui, reazioni in Italia praticamente assenti. La Corte Internazionale di Giustizia condannò Mladić all’ergastolo e Karadžić a 40 anni.
Ruanda
Dal 6 aprile al luglio del 1994, vennero uccise 500.000 (alcune stime parlano di un milione) persone in cento giorni. La maggioranza dei morti furono Tutsi, uccisi a colpi di arma da fuoco, machete e bastoni chiodati. Il ruolo dell’ONU fu addirittura vergognoso, ma merita un articolo a parte. Non ricordo neppure qui cortei di proteste o deputati che si spintonavano sulle scalette dell’aereo per andare a vedere cosa accadesse in Ruanda.
Iraq, 3 agosto 2014
Il nascente Stato Islamico (ISIS o Daesh) occupa il Sinjar, regione del Nord Iraq vicina alla Siria e abitata dagli Yazidi, minoranza curda. Inizia il genocidio: per gli uomini la scelta è tra la morte e la conversione; per le donne non vi è scelta: deportate, stuprate e vendute come schiave (11 anni fa). Migliaia di persone sparite o uccise. Qualcuno si ricorda qualche corteo di femministe sinistrate che reclamavano per la vita e la dignità delle donne Yazide?
Genocidio Rohingya (Birmania)
I Rohingya sono di religione musulmana e non sono riconosciuti da alcun Paese (“Free Free Rohingya” si è mai sentito?). Dopo i primi scontri avvenuti nel 2012, vi è stata una escalation di violenza. Dal 2017 l’esercito birmano ha avviato un’operazione di pulizia etnica, con una conseguente ondata migratoria: si contano 700.000 persone rifugiate in Bangladesh, che vivono in situazioni disastrose e sono considerate una delle minoranze più perseguitate al mondo. Si sconosce il numero esatto di persone uccise, ma sono stimate in migliaia. È nata anche una sorta di resistenza attiva dei Rohingya, chiamata Esercito della Salvezza di Arakan Rohingya (ARSA), che tenta qualche sortita contro i governativi birmani. Sono certo che non hanno il tempo per cantare Bella Ciao. Avete visto anche un semplice sit-in di protesta?
Per notizia, sono in corso una cinquantina di conflitti nel mondo, ma pare che gli interessi sinistri siano stati focalizzati solo sulla Palestina. I Pro Pal, nonostante la tregua, continuano ad agitare la vita sociale del Paese. Quando le cose torneranno nel loro alveo naturale (lo sperano tutti tranne la sinistra, o almeno una parte), tornerà di nuovo buono l’antifascismo, che è come il vestito nero: va sempre bene in tutte le occasioni importanti.
Maurice Garin
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