L’addestratore: “Sono morto con lui”. È morto come un eroe, ma non nella gloria.
Bruno, un cane dal fiuto infallibile e dal cuore grande, è stato strappato alla vita in modo atroce: un boccone avvelenato e imbottito di chiodi ha messo fine alla sua esistenza. Per molti era solo un cane, per chi lo conosceva era un compagno insostituibile, un collega, un amico.
Il suo addestratore, distrutto dal dolore, ha confessato: “Sono morto con lui”.
La storia di Bruno è quella di un cane speciale, un pastore belga Malinois che aveva dedicato la sua vita — sotto la guida amorevole del suo conduttore — a salvare vite umane. Era impiegato in operazioni di ricerca e soccorso, ed era noto in tutta Italia per il suo straordinario talento nell’individuare persone disperse in zone impervie, sotto le macerie, o vittime di calamità naturali.
Era stato impiegato anche in missioni complesse in collaborazione con la Protezione Civile e i Vigili del Fuoco.
Un’azione vigliacca
Il tragico episodio è avvenuto pochi giorni fa, durante una semplice passeggiata nei pressi della sua abitazione. Bruno, libero come sempre, ha fiutato qualcosa tra l’erba e, in pochi istanti, l’ha ingoiato.
Solo poco dopo ha iniziato a star male. La corsa disperata verso la clinica veterinaria non è servita a nulla: il boccone era imbottito di chiodi e sostanze tossiche, preparato con cura per ferire, per uccidere. L’autopsia ha confermato i sospetti. Non si è trattato di un caso.
Il boccone era stato confezionato appositamente per uccidere un cane: “Un atto crudele, premeditato, e senza giustificazione”, hanno detto gli inquirenti.
La zona in cui è stato trovato il boccone non era nuova a episodi simili, ma nessuno si sarebbe mai aspettato che la vittima sarebbe stato un cane addestrato al salvataggio, un vero e proprio operatore del soccorso.
Il legame con l’addestratore
L’addestratore di Bruno — il cui nome non è stato diffuso per rispetto della sua privacy — ha condiviso parole toccanti attraverso i social:
“Bruno non era solo il mio cane. Era il mio compagno di vita, il mio collega, il mio eroe. Ho condiviso con lui giorni sotto la pioggia, missioni durissime, e momenti di gioia assoluta. Quando è morto, una parte di me è morta con lui”.
Le immagini che lo ritraggono mentre abbraccia il corpo senza vita di Bruno hanno fatto il giro dei media, commuovendo l’Italia intera.
Non un caso isolato Purtroppo, quello di Bruno non è un caso isolato.
Negli ultimi anni, in varie parti d’Italia, si sono moltiplicati gli episodi di avvelenamenti di cani, soprattutto con bocconi contenenti veleni per topi o chiodi, nascosti nei parchi, nei giardini pubblici, perfino vicino alle scuole.
Solo lo scorso anno, un cane guida per non vedenti è stato ucciso a Milano con un’esca simile.
A Bologna, un pastore tedesco di salvataggio è stato avvelenato durante un’esercitazione. Molti di questi atti restano impuniti. Le leggi italiane prevedono pene severe per chi maltratta o uccide un animale (articolo 544-bis del Codice Penale), ma è difficile identificare i colpevoli, soprattutto in mancanza di testimoni o telecamere.
Un richiamo alla responsabilità
La morte di Bruno ha sollevato un’ondata di indignazione. Associazioni animaliste, cittadini e istituzioni si sono uniti nel chiedere giustizia. Una raccolta firme per installare telecamere di sorveglianza nei parchi e aumentare i controlli è già partita.
Intanto, sui social si moltiplicano le dediche, i messaggi di solidarietà e le testimonianze di chi ha conosciuto Bruno. “Bruno era il cane di tutti noi. Ha salvato vite umane, e meritava rispetto, non una fine così atroce”, ha scritto un volontario della Protezione Civile.
Una memoria da onorare L’addestratore ha annunciato che, insieme alla sua squadra, istituirà un premio annuale dedicato a Bruno, per onorare la memoria dei cani eroi che lavorano nel silenzio e spesso nell’anonimato.
Sarà rivolto a tutti i cani da soccorso che si sono distinti per coraggio, dedizione e spirito di servizio. In un tempo in cui la brutalità può colpire anche chi non ha voce per difendersi, storie come quella di Bruno ci ricordano quanto siano profondi i legami che possiamo costruire con gli animali, e quanto crudelmente possano essere spezzati da mani ignote e senza scrupoli.
Bruno non tornerà, ma il suo esempio vivrà ancora, in ogni cane da soccorso, in ogni missione, in ogni persona salvata grazie al fiuto e all’amore di questi straordinari compagni.
E nella voce rotta del suo addestratore, che conclude così: “Bruno ha dato la vita per gli altri. Non merita il silenzio. Merita memoria, e giustizia.”
Valerio Arenare
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