Da alcuni anni si sta analizzando il rischio della nostra capacità di comunicazione, ovvero di mettere i nostri pensieri in parole, e di usare quelle parole per creare legami, e per fornire informazioni vitali, per noi e per gli altri; la lingua, ovvero, quello che ha permesso fin dagli albori della storia umana di progredire e di gettare le basi delle civiltà che si son succedute sul globo terraqueo.
Nell’ultimo secolo la lingua inglese ha dominato sugli altri idiomi, in modo prepotente e preponderante facendo scivolare nell’oblio le altre lingue, adesso anch’esso soffre e sta declinando pian piano.
Questo grazie anche al sviluppo dell’imperialismo britannico sia a livello politico, economico e militare del secolo XVII e XIX secolo, ma soprattutto anche per il soft power imposto dall’imperialismo per via linguistica proposto da Winston Churchill presentato durante il cosiddetto “discorso-manifesto di Harvard” del settembre del 1943, secondo cui il dono di una lingua comune costituisce un’eredità inestimabile, tanto da potersi tradurre nel fondamento di una cittadinanza comune; con la proposta di attuazione un comitato che studi e riferisca negli anni a venire sull’Inglese Basic (che sta per Britannico americano scientifico internazionale commerciale) con il fine di colonizzare ed imbastardire le altre lingue, infatti.
Il potere di controllo sulla lingua offre ai conquistatori vantaggi ben maggiori che aggiudicarsi nuovi territori o nuovi paesi. “Questi piani offrono guadagni ben migliori che portando via le terre o le provincie agli altri popoli, o schiacciandoli con lo sfruttamento. Gli imperi del futuro sono gli imperi della mente” conclude il primo ministro britannico di quel tempo.
Questo ha portato nei decenni successivi ad una sistematica penetrazione della lingua inglese attraverso il cinema, la televisione, la musica e più di recente tramite i mezzi di comunicazione sociale, web e social-media soggiogando le menti degli individui di tutto il mondo rendendoli, così, succubi della cultura consumistica imposta dal modello anglosassone.
Anche l’inglese soffre il web
Anche se ci vorranno decenni, anche l’idioma britannico sta soffrendo, se ne è accorto più di un erudito britannico, e sempre più sta sviluppando la tendenza, tra le nuove generazioni di un uso sempre più preponderante di forme gergali ignorando la grammatica con la conseguenza di un abbassamento e un deterioramento del linguaggio comune. Tendenza “scimmiottata” anche dagli adulti, grazie, o per colpa dei social media, che sempre più hanno un peso rilevante nella nostra vita.
Dopo aver inventato il WWW ed infettato il mondo intero con le piattaforme social, il mondo anglo sassone trema e sta studiando il fenomeno del declino del proprio linguaggio che ha dominato il pianeta; anche la Queen’s English Society, un’organizzazione britannica, analizza si batte da tempo per impedire questo declino.
Anche se ci tiene a precisare che non crede che la lingua possa essere conservata immutata, si preoccupa che la comunicazione rischi di diventare molto meno efficace. “Alcuni cambiamenti sarebbero del tutto inaccettabili, perché causerebbero confusione e la lingua perderebbe sfumature di significato”, dice la società sul suo sito web.
La paura dei puristi de l’English Language è che senza la grammatica, si perdano i modelli stabiliti su cosa significa cosa.; ovvero perdiamo la capacità di comunicare senza la grammatica, perdiamo la precisione necessaria per essere efficaci e propositivi nella scrittura.”
Per concludere
Chissà se il timore degli accademici d’oltremanica sia per la conservazione del loro idioma come patrimonio di un popolo o per la perdita di potere economico e sociale, con tutto quello che comporta, dell’impero, di molto ridimensionato negli ultimi 50 anni. L’idea imperiale, anche se in declino, alberga in ogni individuo anglosassone, abituato da più di 200 anni a dominare il mondo, con la boria che li contraddistingue, non riconoscendo che orami come per altre civiltà ed altri imperi il loro tempo è arrivato alla fine, L’inglese non riesce proprio ad accettare che, ormai, la propria nazione e il proprio popolo, sia destinato ad un ruolo per così dire paritetico e “normale” come è quello di tutte le altre popolazioni.
Anche l’impero Britannico è finito e di lui, in futuro, rimarranno solo i libri di storia a testimoniare la sua “ingombrante” presenza