In occasione della giornata della nostra bandiera
Il giovane di destra e quello di sinistra di allora
Per il giovane di destra, appartenere all’Europa in quanto italiano era un fatto scontato: si era italiani in quanto si era europei… Nessuna ulteriore riflessione; era sufficiente quello slogan, sostenuto dalla romantica idea della cavalleria medievale.
Sul fronte opposto, il giovane di sinistra, più di noi si sentiva europeo perché è lì, nel «core» dell’Europa che si era materializzata con l’internazionale socialista prima e comunista poi, l’ultima delle peggiori eresie: il comunismo.
Ricordi
Ricordo ancora, da giovane di destra quale ero il senso di esaltazione che suscitavano in me le strofe della canzone per l’Europa:
«la dolcezza del frutto maturo
e la stretta del vento gelato
e il pane e il sale si offre all’ospite sacro…
a nord, a est, a sud, a ovest, in Europa».
Ricordo i sentimenti che suscitavano in me le canzoni in memoria di Yan Palach e Alain Escoffier (1) e quella sorta di inno che incitava i ragazzi di Buda e quelli di Pest ad andare avanti:
Avanti ragazzi di Buda
avanti ragazzi di Pest.
Studenti, braccianti e operai
il sole non sorge più a Est.
Quell’inno continua rendendo testimonianza all’ignavia del mondo e a quell’impostura che è l’Europa, la quale manco ci ha pensato lontanamente di difendere i figli che la invocavano:
I carri ci schiaccian le ossa
Nessuno ci viene in aiuto
Sull’orlo della nostra fossa
Il mondo è rimasto seduto
… Compagni il plotone già avanza
già cadono il primo e il secondo
finita è la nostra speranza
sepolto l’onore del mondo
Ma ricordo anche una canzone di Lotta Continua che mi faceva incazzare come un picchio perché ci scippava l’Europa e che, anche se su piani diversi, ci accomunava: “senza patria senza legge e nome da Battipaglia a Dusseldorf, siamo la tendenza generale, siamo la rivoluzion”.
Ricordo l’esaltazione rabbiosa che provavo quando ascoltavo l’unica canzone dedicata alla tragedia delle foibe e che terminava con la strofa ripetuta più volte «La gioventù europea il rosso brucerà»… Quel rosso che io, obnubilato dall’ideologia, mi impedivo di vedere che era un rosso partorito proprio in Europa da idee eminentemente europee e che quella strofa in realtà era una sorta di strofa palindroma che poteva anche essere interpretata non come il trionfo della gioventù europea che arrivava a bruciare il rosso, ma il trionfo del rosso destinato a bruciare la gioventù europea… Come sta avvenendo in maniera truffaldina dopo che quel rosso acceso si è trasformato in uno slavato arcobaleno.
L’illusione e la disillusione
Ricordo come più volte ho ripetuto assieme a giovani e meno giovani di una destra coraggiosa ma troppo spesso confusa: «siamo europei per antico sangue» essendone allora fermamente convinto.
Poi, raggiunta l‘età della liberatoria disillusione, mentre mi crogiolavo sull’ineluttabilità di essere europeo, la poesia, la carta geografica e la storia pian piano hanno iniziato a scavare in me i primi salutari dubbi.
La divina provvidenza ci ha voluti così
Vogliamo ficcarcelo bene nella zucca ma soprattutto inchiodarlo nel cuore? Siamo italiani. Non siamo europei e meno ancora siamo occidentali. E, parafrasando pure uno slogan della destra che ci vuole «europei per antico sangue» io dico che: se è vero, come è vero, che discendiamo dai romani i quali discendevano dal troiano Enea, noi, per mitico e antico sangue siamo italiani e nient’altro; e, se è vero – ed è vero – che è presso l’anagrafe di Roma che il figlio di Dio nato in Palestina ha deciso di farsi registrare, noi siamo cattolici per Divina Provvidenza.
Questo è lo stringato sunto storico ridotto all’osso, il resto è solo slogan (mendace per antonomasia), infatti la geografia e la storia, nella scuola moderna ed europeista, sono state ridotte al lumicino proprio per tener celate alcune realtà storiche e geografiche scomode che potrebbero far sorgere alcuni dubbi nei cervelli e nei cuori dei nostri giovani.
La poesia e la geografia
A volte la poesia viene in aiuto della geografia. In merito il Petrarca è più preciso di un geografo nel descrivere la nostra patria: «il bel paese ch’Appennin parte, il mar circonda e l’Alpe» … un verso «geo-poetico» chesancisce una realtà: l’Italia è altro rispetto all’Europa.
La Geografia e la biologia
Senza dubbio l’Italia è geologicamente attaccata al continente Europeo, tuttavia, quasi a rimarcarne la sua unicità che la vuole totalmente mediterranea, le Alpi la isolano dall’Europa. Sembra quasi un segno geografico del destino il quale, in barba alla tettonica, voleva a tutti i costi che noi rimanessimo inequivocabilmente separati dall’Europa e uniti al Mediterraneo.
E infatti, come anche la biologia vuole (2), quella catena montuosa, ha fatto si che fin dall’antichità non fossimo assimilabili alle genti che vagavano tra la Francia e il Nord e l’Est europeo per via del quasi nullo scambio di geni.
E anche il vino
Non ultimo, a dar man forte alla mia fissazione mediterranea c’è il vino, uno dei fattori sociologici che il famoso antropologo e sociologo Leo Moulin (3) indica come fattore di differenziazione fra la civiltà mediterranea e quella europea: al di qua delle Alpi si degusta il vino; a Nord delle Alpi, dalla Manica all’Oder si beve birra e non si è capaci di degustare il vino e quando capita a portata di mano, non lo si sorseggia ma lo si trangugia per ubriacarsi fino a rotolare sotto il tavolo.
Noi e loro
Se abbiamo da spartire qualcosa con il continente europeo è solo questione di geologia ma non abbiamo quasi niente da spartire con la sua antropologia, perché l’Europa al di là delle Alpi, ab origine, era barbaramente vagabonda e solo molto dopo, e solo parzialmente, è stata civilizzata prima dalla romanità e poi dallo sforzo del cristianesimo cattolico romano, più volte da lei stessa rinnegato arrivando ad originare una serie di eresie che hanno portato a feroci guerre di religione, a due rivoluzioni spietate, a due ferali guerre mondiali; mentre ora, dopo essersi autoproclamata unione sovranazionale, ci impone un’identità che non ci appartiene.
Noi
Noi siamo ben altro rispetto all’Europa geografica e antropologica, siamo:
- Mediterranei, con quel fardello di storia che, dai tempi di Iliade e Odissea, ci accomuna ai popoli che dall’Anatolia al Maghreb stavano e stanno intorno al Mediterraneo diventato poi «Mare Nostrum»
- italiani, per la discendenza diretta di quei popoli della penisola italica che Roma aveva federato e che erano isolati rispetto all’Europa (tranne che per limitate infiltrazioni galliche) e che per molto tempo sono stati risparmiati dal vagabondare dei barbari popoli europei
- cattolici per la naturale consequenzialità storica per cui l’antica spiritualità romana si è trasformata in cattolicesimo, avversato prima dai principi tedeschi che hanno sponsorizzato la riforma protestante e poi dall’illuminismo e dall’idealismo filosofico.
L’Europa non ci è mai stata madre e noi meno ancora siamo suoi figli, né legittimi né naturali, ed è bene evitare di diventarne gli adottivi.
Cosa vogliono loro da noi
Siccome sono passate più di due decine di secoli da quando noi, in forza della presenza di Roma nella nostra penisola, siamo italiani, qualcuno sostiene che adesso le cose sono cambiate e che bisogna adeguarsi ai tempi con strutture politiche moderne. Ebbene, la struttura sovranazionale UE che si spaccia per essere la struttura voluta dalla storia fin dall’antichità, sicuramente è la meno adeguata, perché, come ha chiosato Gotti Tedeschi, è una realtà «governata egoisticamente e accentratamente da una Bruxelles qualsiasi fatta da burocrati, influenzata dagli stati dominanti, Germania e Francia in primis», in pratica un pateracchio e per di più un pateracchio manipolato dall’America, specie quando questa è a trazione Dem.
Per cui, per quanto mi riguarda, al punto in cui ci hanno ridotto non ho problemi a scadere nel triviale e parafrasando la Nuland dico: «fuck Europa e fuck pure l’Occidente», perché gli ultimi avvenimenti parlano chiaro circa la strategia dell’Europa che da protestante, dopo la IIGM, si è fatta ancor più moderna e ha deciso di vestire i panni della UE: schiacciare la Russia verso Oriente e attrarre noi verso Nord, verso le sue lande, per ridurci a inservienti da sfruttare secondo l’etica che le è connaturata, quella protestante, e riservare a noi l’atavico barbaro disprezzo.
Dovevamo capirlo prima
Noi giovani che cantavamo la «Canzone per l’Europa» dovevamo capirlo prima che quello che cantavamo era una illusione priva di addentellati storici con la realtà e che quel che cantavamo non poteva non avere le fattezze di questa Unione Europea, la quale esprime quel che l’Europa, dal tempo del vagabondaggio barbarico, e poi da quello delle Anse e infine da quello della riforma, è: il nostro contrario.
L’Europa era antropologicamente destinata a diventare quel che la UE rappresenta: protestante, profondamente anticattolica, illuminista, capitalista e il suo baricentro si situa nell’area Nordeuropea tra Francia, Benelux e Germania,
Dovevamo capirlo prima che l’Europa che cantavamo e che andava affermandosi era l’Europa sopra il 45° parallelo, la terra dei barbari appena inciviliti e che ha dato vita alle peggiori eresie, e che da sempre ha guardato a noi, prima con concupiscenza, poi con disprezzo e adesso con mala disposizione.
Il verde è la speranza, il bianco la libertà, il rosso la passione, questi sono i nostri colori. L’azzurro con le stelle gialle esprime sentimenti altrui.
di Corrado Corradi
- Jan Palach, giovane cecoslovacco che ha deciso di manifestare il proprio dissenso contro l’invasione del suo paese da parte dell’Armata Rossa con una scelta estrema: immolare la propria vita dandosi fuoco in Piazza San Venceslao (Praga 1969). Alain Escoffier, attivista di destra francese, marito di una rifugiata dalla Germania dell’Est, si è immolato dandosi fuoco, sugli Champs Elisées davanti all’agenzia della Aeroflot, al grido di «communistes assassins» (Parigi 1977)
- Un ostacolo naturale è un fattore che incrementa l’isolamento della specie
- Leo Moulin (1906-1996) sociologo belga, fondatore del Comitato di Ricerca Sociologica e Antropologica dell’Alimentazione.